OMELIA DI SAN GIOVANNI DI KROSTANDT
 

tenuta il Santo e Grande Lunedì

 

 

 

Oggi, cari fratelli, durante l’Ufficio del mattino sono stati letti tre brani. Il primo tratta dell’albero di fico infruttuoso. Nel secondo si narra del padre, che aveva due figli: uno di questi all’invito del padre: “Va oggi a lavorare nella mia vigna”, dapprima si rifiutò, ma poi, dopo averci ripensato, andò. L’altro figlio invece all’invito del padre dapprima acconsentì, ma poi non andò. Il terzo brano tratta di un ricco signore, il quale, avendo una vigna, la recinse con un muro, vi costruì un torchio, vi edificò una torre ed affidatala agli operai, se ne andò. Quando poi venne la stagione del raccolto, mandò i suoi servi per ricevere i frutti dagli operai. Ma questi, esasperati, percossero alcuni servi, altri uccisero ed alla fine uccisero anche il suo Figlio Unigenito (Matteo 21, 18-43). Tratteniamoci ora sul primo episodio.

 

Scrive Matteo:

Dopo aver trascorso la notte a Betania, al mattino il Signore ritornando a Gerusalemme, ebbe fame. Ed avendo visto lungo la strada un albero di fico, s’avvicinò ad esso e, siccome non vi trovò nulla oltre le foglie, rivolto alla pianta, disse: “Mai più in eterno nascano frutti da te”. E l’albero immediatamente diventò secco. A tal vista i discepoli rimasero pieni di stupore e domandarono: “Perché l’albero di fico si è seccato immediatamente?” Gesù rispose loro: “Vi assicuro che se avete fede e non dubitate, anche voi potrete fare ciò che è capitato a quest’albero. Anzi potrete dire a questa montagna: ‘Sollevati e gettati nel mare!’ ed avverrà così. Tutto quello che chiederete nella vostra preghiera, se avrete fede, lo riceverete”.

 

L’albero di fico senza frutto lungo la strada siamo io e voi, fratelli e sorelle. A noi spesso si accosta il Creatore della nostra vita, Gesù Cristo, affamato della nostra salvezza, si avvicina per saziare la fame dell’anima nostra, per diventare per essa pane di vita. Ma, ahimè, quasi sempre trova in noi solo preoccupazioni terrene, solo foglie; frutti della fede, dell’intensa preoccupazione per la salvezza delle nostre anime, non ci sono. Però ognuno di noi è stato piantato sulla terra per produrre frutti spirituali. Quali precisamente sono i frutti che deve produrre ogni uomo ed in particolare il Cristiano? A questa domanda così risponde l’Apostolo: “Il frutto spirituale è l’amore, la letizia, la pace, la sopportazione, la misericordia e la fede” (Galati 5, 22). Ecco, fratelli e sorelle, quali frutti dobbiamo offrire al Creatore ogni giorno. Ora si chieda ognuno: “Sei tu un albero che porta frutti o che non li porta?”. Se li porti, continua a lottare ed a perfezionarti. Offri al Signore più frutti, perché con essi ti nutra nell’eternità. Se invece non produci frutti, trema, poiché ti minaccia la maledizione di Colui che è il padrone della tua vita. E, può darsi, fra non molto dirà anche a te: “Mai più in eterno nascano frutti da te”. E tu subito ti seccherai e tutte le tue energie spirituali si perderanno. In te si rinsecchiranno completamente la fede, la speranza e la carità. “Ed ogni legno, che non produce buoni frutti, viene tagliato e gettato nel fuoco eterno” (Matteo 3, 10).

 

Queste parole sono veridiche e chiare come la luce del giorno. Esse inevitabilmente si realizzeranno, “poiché il cielo e la terra passeranno” – come passano i giorni, i mesi e gli anni – “ma le parole del Signore non passeranno” (Marco 13, 31). E così, fratelli miei, chiedete a voi stessi: “Porti tu ogni giorno al Padrone della vita i frutti delle opere buone, e, quel che più conta, hai la regina delle virtù, l’amore, l’amore ardente per il tuo Creatore ed il tuo prossimo come verso te stesso?” Vuoi sapere da quali opere si riconosce l’amore? Per me ti risponderà l’Apostolo Paolo: “L’amore è paziente, è premuroso, l’amore non è geloso, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio. Chi ama è rispettoso, non va in cerca del proprio interesse, non conosce la collera, dimentica i torti. Chi ama rifiuta l’ingiustizia, la verità è la sua gioia. Chi ama, tutto scusa, di tutti ha fiducia, tutto sopporta, non perde mai la speranza, l’amore mai tramonterà” (1 Corinti 13, 4-8). L’amore è così necessario per il Cristiano che, se egli parla tutte le lingue umane ed angeliche, ma non ha l’amore, con tutta la sua oratoria e conoscenza delle lingue, è come rame che risuona o un timpano sonoro. Se ha il dono della profezia e conosce tutti i segreti ed il senso di tutte le Scritture e, ciò che è più significativo, anche se ha tutta la fede, tanto che per effetto delle sue parole le montagne si sposteranno, ma non ha l’amore, egli non è nulla. Sono inutili tutte le sue conoscenze, tutte le fatiche senza l’amore. Perché ci è necessario l’amore? Poiché Dio è Amore (1 Giovanni 4, 8) e noi siamo creati a sua immagine e nel Cristiano Dio è presente. “Riconoscete che Gesù Cristo vive tra voi? O è vero il contrario?” (2 Corinti 13, 5). “Non sapete che siete il Tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?” (1 Corinti 3, 16). Chi nutre un ardente amore per Dio e per il suo prossimo, ha nella sua anima anche gli altri frutti che l’Apostolo ha menzionato: la gioia nel Santo Spirito, la pace, la sopportazione, la bontà, la misericordia e la fede. Giacché nell’amore, come in un seme, sono presenti tutte le virtù. Infatti dov’è l’amore, lì è Dio, l’assoluta perfezione, la fonte della bontà, l’onnipotenza che non conosce limiti. Chi nutre un ardente amore verso Dio, ha anche una fede tale da smuovere le montagne, come disse il Signore: “e tutto ciò che chiederà nella preghiera con fede, otterrà” (Matteo 21, 22). Così, se non vogliamo diventare secchi come l’albero di fico maledetto dal Signore, o come l’erba, ed essere gettati nel fuoco eterno, cerchiamo, fratelli miei, di offrire al Creatore della nostra vita i frutti delle buone opere, finché abbiamo tempo, forza, mezzi e finché le circostanze ce lo permettono. Può darsi, verrà un tempo in cui vorremmo fare del bene, ma ci sarà impossibile. “Finché abbiamo tempo, facciamo del bene a tutti, specialmente a coloro che ci sono fratelli nella fede” (Galati 6, 10). Amìn.

 

 

Da “Velikij Post”, ristampata a Taiwan, 143-146. trad. A. S.

 

 

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