2[1] FEBBRAIO

INCONTRO DI NOSTRO SIGNORE, DIO E SALVATORE GESÙ CRISTO

 

            Questa festa, conosciuta in occidente come la “Presentazione di Cristo al Tempio” o la “Purificazione della Beata Vergine Maria”, in oriente porta il titolo di “Incontro” (in greco Ypapanti; in slavonico Srétenie). Si celebra, infatti, l’Incontro di Cristo con il suo popolo: il Signore, portato al Tempio da sua Madre e da Giuseppe, incontra il suo popolo nelle persone di Simeone l’anziano giusto e Anna la Profetessa. Questa festa rappresenta la conclusione del periodo della Natività, iniziato quasi ottanta giorni prima con l’inizio del digiuno di Natale. Nell’Incontro, come a Natale e alla Teofania, la Chiesa riflette sulla “kenosis”, la profonda umiltà del Logos Incarnato. Lui che è il datore della Legge si fa obbediente alla Legge: “Oggi Lui che un tempo diede la Legge a Mosè sul Sinai si sottomette alle regole della Legge, diventando per la Sua condiscendenza e per la nostra salvezza così come siamo anche noi”[2]. I testi liturgici di questo giorno parlano della salvezza che il Cristo è venuto a portare, nella gloria e nella luce della rivelazione riconosciuta dalla sua Incarnazione, e fanno per lo più riferimento al Cantico di Simeone:

“Ora, o Signore, lascia pure che il tuo servo
se ne vada in pace, secondo la tua parola;
perché i miei occhi hanno veduto la tua salvezza
preparata da te al cospetto di tutti i popoli;
luce per illuminare le nazioni
e gloria del popolo d’Israele”

            Molto bene rende il senso di questa festa anche qualche strofa dell’Inno Akatistos alla Madre di Dio:

“A Simeone, che era per partire da questo mondo fallace,
fosti presentato come bambino,
mentre gli eri noto come Dio perfetto
e rimase attonito per l’ineffabile tua sapienza
esclamando: Alliluia!”
[3].

            È quello stesso stupore che provarono già gli angeli e tutta la creazione, perchè l’Increato e inaccessibile si è fatto creatura rendendosi accessibile:

“Tutta la natura angelica restò sorpresa
per la grande opera della tua Incarnazione;
perché vedeva Colui che è inaccessibile come Dio,
accessibile a ciascuno come uomo,
conversare con noi
e ascoltare da tutti: Alliluia!”
[4]

            Si pone quindi in rilievo proprio il tremendo mistero di amore che Dio ha voluto mettere in atto per riscattare la sua immagine. Dio si è realmente incarnato e per amore apparve uomo come noi, per attirare a sé come uomo l’umanità. Egli come Signore onnipotente ha voluto avere bisogno dell’uomo, presentandosi come umile servitore, e mostrandosi bambino affinché non rimanessimo sbigottiti di fronte alla sua infinita maestà e sentissimo la nostra fragilità ed impurità come avvenne ad Isaia nel Tempio[5], ma gli corressimo incontro come Simeone e tenendolo tra le nostre mani godessimo di quella confidenza di figli di Dio. Questa festa ci ricorda che ognuno di noi è Simeone, ed ognuno di noi in qualsiasi momento può incontrare il Signore, e come già Isaia ricevette il carbone ardente sulle sue labbra, anche noi possiamo accogliere il Tre volte Santo, il Signore degli eserciti attraverso la comunione ai divini misteri, poiché con l’Incarnazione il Logos che è Dio si fa uomo, e assumendo la natura umana questa viene dunque deificata, così che l’uomo che incontra Cristo accogliendolo partecipa per grazia a ciò che Egli è per natura, l’essere Dio. “Tutti voi, infatti, siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più Giudeo, né Greco, non c’è più schiavo né libero, non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete della discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa... Infatti, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione di figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abba, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se sei figlio, sei anche erede per volontà di Dio”[6].

            Quindi, l’Incontro di Cristo con il suo popolo in Simeone ed Anna, da inizio a quel compimento della legge, che inteso nel significato evangelicamente corretto, altro non è che la conclusione dell’antico patto per l’instaurazione dell’Alleanza nuova ed eterna in Lui, Cristo Signore. Quella dell’Incontro è una delle «12 grandi feste» dell’anno. Dal noto racconto della pellegrina Egeria sappiamo che già nel IV sec. veniva solennemente celebrata a Gerusalemme. È festa originariamente cristologica che ha preso nel corso dei secoli una colorazione mariana; infatti il Tropario principale ed altri inni, sono rivolti alla Madre di Dio, ma Cristo è al centro dell’attenzione di tutti. Il nome Hypapànte, si trova talvolta anche negli antichi calendari romani e può essere interpretato in vari modi: incontro dell’Antico e del Nuovo Testamento, incontro del Figlio di Dio e del suo popolo, incontro del piccolo Gesù con Simeone, Anna e il tempio. La festa è «pervasa da un profondo senso escatologico». Il tempio è simbolo della Gerusalemme celeste e Simeone è figura della Chiesa che riceve giubilante il Signore e prega; «Si aprono le porte del cielo»[7].

Preparato da un giorno di pre-festa, l’Incontro si conclude il 9 febbraio, ma se cade in Quaresima i giorni di post-festa vengono ridotti. In coincidenza con la domenica si conservano alcuni testi propri del ciclo domenicale degli 8 toni. La solenne processione e la benedizione delle candele che si faceva a Gerusalemme già nel IV secolo si è conservata fino ad oggi. Dal Liber Pontificalis sappiamo che fu il papa orientale Sergio I (687-701), nativo di Palermo, ad introdurla nella Chiesa Romana (assieme all’Annunciazione e alla Natività della Madre di Dio).

 

Bibliografia

Donadeo (suor) Maria, Preghiere nelle grandi feste bizantine, Brescia 1980, 77-78.

Passarelli Gaetano, Incontro tra Dio e l’uomo, Meditazione dell’icona della Presentazione del Signore al Tempio, Roma 1985.

Maria e Kallistos Ware (a cura di), The festal Menaion; in ITALIA ORTODOSSA anno III n. 9 – vecchia serie.


 

[1] 15 febbraio per chi segue il calendario giuliano.

[2] dal vespro.

[3] II, 12.

[4] III, 16.

[5] Isaia 6, 7.

[6] Galati 3.

[7] J. TYCIAK, Il mistero del Signore nell’anno liturgico bizantino, Milano 1963, p. 202.

 

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