LA PRESENTAZIONE DI NOSTRO SIGNORE

 Perché “Presentazione”? Forse non è la parola più appropriata da usare. Ma nella nostra lingua il termine greco “festa” può essere tradotto anche con il termine “presentazione”[1]. Perché presentazione? Il Cristo di Dio, ancora bambino, viene portato dalla Madre al tempio per essere ufficialmente riconosciuto. Viene accolto fra le braccia del vecchio Simeone:

Simeone ricevette fra le braccia, il Verbo incirconciso e supremo, che nacque in gloria su un trono celeste.

La festa comincia già nella Vigilia. Veniamo trasportati in una verità teologica dal duplice significato. Come un ogni vero bambino ebreo, in osservanza della Legge, la Madre presenta il figlio al tempio ma, in quello stesso istante, viene riconosciuto da Simeone come il Messia a lungo sospirato. È il compimento di tutti quegli anni di servizio e di attesa fervorosa al tempio:

Signore ora lascia che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola: perché i miei occhi hanno visto la salvezza...

Che momento di gioia! Simeone osa sfiorare il Bambino, così vero e così divino. La Madre già sa, ma decide di comportarsi come tutte le donne ebree mettendo il suo bambino nelle mani dell’Altissimo. Fin da quell’istante, Dio incontra il suo popolo. Incontrando Simeone Gesù entra in contatto con quel popolo con cui ha scelto di vivere durante il tempo dell’Incarnazione, il popolo che sarà il primo a ricevere il suo insegnamento e il primo a crocifiggerlo. Ciò che stiamo celebrando è l’incontro tra il divino e l’umano, affinché la storia della salvezza possa fare un passo ulteriore dopo quello della nascita. La nascita nella mangiatoia era un Mistero rimasto nascosto, che aveva avuto come soli testimoni gli animali, alcuni pastori e i saggi uomini venuti dall’Oriente. Potremmo dire che la mangiatoia fu segreta come il sepolcro lo sarebbe stato in seguito. Ma se l’evento pubblico del processo e della crocifissione avevano preceduto il fatto “privato” della Resurrezione, così ora la nascita divina nella grotta viene apertamente svelata in questa Presentazione, ed è per questo che nell’Ufficio possiamo esclamare: «Cristo è risorto!». L’avventura umana di Cristo sta compiendo il primo passo pubblico in questo ingresso nel popolo ebraico al tempio. I testi della celebrazione ne esaltano il significato originale:

Colui che non conobbe inizio, il Verbo del Padre, ha fatto il suo ingresso nel tempio senza manifestare pubblicamente la propria divinità, ed ora bambino di quaranta giorni viene portato dalla Vergine sua Madre come offerta al tempio del Signore.

Questo è solo uno dei tanti passaggi sullo stesso tono. Quale ricchezza teologica è contenuta in queste semplici parole! L’essenza del credo e la continuità fra l’Antico e il Nuovo Testamento. In questa festa ritroviamo l’eterno paradosso del Padre e del Figlio: due Persone ma un solo Dio. E infatti: «Cristo Creatore della Legge adempie la Legge». Non possiamo cancellare il paradosso; non possiamo nasconderci dietro finezze teologiche; siamo costretti ad affrontare i contenuti della fede: o crediamo nell’incomprensibile, o non crediamo. O accettiamo in piena umiltà ciò che va al di là della nostra comprensione, o non lo accettiamo. Non ci sono vie di mezzo: «Oggi colui che diede la Legge a Mosè sul monte Sinai sottomette se stesso ai precetti della Legge». Non è un caso che più avanti Mosè sarà presente alla Trasfigurazione. I contenuti di queste celebrazioni non possono essere diluiti e neppure sottoposti a ragionamenti umani. E per accondiscendere alle loro evidenti contraddizioni dialettiche dobbiamo «diventare come bambini». Quell’esserino tra le braccia di Simeone è l’Essere Onnipotente e potrà manifestarsi a noi solo se saremo capaci di mettere da parte il nostro ragionare da adulti. Solo in questa “infanzia spirituale”[2] potremo incontrare il Salvatore. È una richiesta impossibile! Perché impossibile? Forse perché non ci concede possibilità dì scelta, ma ci costringe a intraprendere un’unica strada. Simeone sapeva chi era il bambino; non aveva dubbi e «con gioia traboccante lo accolse nelle sue braccia spalancate». Questo incontro tanto atteso con Dio coincise per Simeone con il giungere della morte. Non c’era più motivo di restare ancora in vita dopo un tale momento, un momento che non avrebbe potuto ripetersi, un momento atteso anno dopo anno. E fu così che dal quel momento la sua insistente preghiera fu: «Signore, ora lascia che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola».

Purtroppo, non siamo tutti così pronti a “morire per il Signore” come Simeone, che invece si era preparato al lungo, con preghiere e digiuni, attraversando momenti di scoraggiamento: «Ora sono libero di andare; perché ho visto il Signore». I testi liturgici mettono in luce anche la relazione fra la Madre e il Figlio. Abbiamo amato Maria per il suo incredibile coraggio nell’aver accettato il suo destino di Vergine Madre; abbiamo amato Maria quando affrontò i rimproveri di Giuseppe e ora la amiamo nel suo compiere, in tutta umiltà, i doveri prescritti dalla Legge, con la stessa immutabile fede.

Il santo tempio di Dio custodisce le cose sante di Dio, ma la Madre di Dio, nella sua quieta obbedienza, è Tempio di Dio: ha custodito Dio nel grembo. E ora quale prova più grande della sua obbedienza, del suo umile amore? Ma essa, anche in questa occasione, non trattiene nulla della gloria del Figlio per se stessa:

Oggi la, santa Madre che è più preziosa di ogni tempio, è venuta al tempio, per svelare al mondo il Creatore della parola e il Legislatore.

I riti della Vigilia sono eventi teologici, sono paradossi della fede, ma sono anche esperienza di venerazione, di lode e di adorazione. Tutti i passaggi ci esortano a vivere la gioia di questo momento pubblico. E’ una festa. Lasciateci esultare:

Adorna la tua camera nuziale, o Sion, e dai il benvenuto a Cristo il Re; Rallegrati, Maria, porta del cielo. Per te è stato fatto il Trono dei cherubini e tu conduci il Re della gloria. Una nuvola di luce è la Vergine, che ha generato nella carne il Figlio prima della stella del mattino...

Da: MADRE THEKLA, L’Eternità nell’attimo presente. Introduzione alla spiritualità ortodossa, Milano 1999, 58-62.


 

[1] Nell’originale inglese, l’autrice usa il termine Meeting che ha un significato ancora più pregnante del termine italiano “Presentazione” (N.d.T.).

[2] Nulla a che spartire con la visione molle ed effeminata (talora divenuta anche ideologica) di “infanzia spirituale” tipica di un certo cristianesimo occidentale. Come dicono infatti le ufficiature: Dio Verbo è apparso come bambino per rialzare il primo uomo dall’infantilismo in cui la seduzione l’aveva fatto cadere. Essa, dunque, va intesa rettamente come kenosi del cristiano, ovvero lo spogliarsi delle proprie logiche per rivestirsi del Logos e vivere quindi da esseri Logici, cioè secondo il Logos di Dio e non più secondo il nostro ego.

 

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