Leone III
[Roma 750 circa - 816]
papa (795-816).

 

Succedette ad Adriano I. Di umili origini, eletto soltanto dal clero, incontrò subito l’opposizione della nobiltà romana e pertanto si rivolse al re dei Franchi, Carlo Magno, patrizio romano dal 774, per ottenere il giuramento di fedeltà da parte del popolo: a tale scopo inviò a Carlo Magno il documento della sua elezione, le chiavi di San Pietro e il vessillo dell’Urbe; Carlo Magno inviò Angilberto, abate di Saint-Riquier con l’intento soprattutto di far presenti i doveri del papa. Qualunque fossero le intenzioni del re con tale atteggiamento, a Roma le ostilità furono soltanto sospese. Infatti la lotta tra nobili e papa si accese al punto che nell’aprile 799 Leone venne assalito durante una processione, percosso e gettato in prigione, ma la notte stessa fuggì in Vaticano. Poi aiutato dal duca di Spoleto, Guinigiso (o Winigisio), riparò a Paderborn (Sassonia) presso Carlo Magno, che gli concedette la sua protezione e lo fece scortare a Roma. Subito dopo vi si recò anche il re franco, che mostrò l’intenzione di esaminare le colpe di cui era accusato Leone. Allora Leone, il 23 dicembre 800, pubblicamente e con giuramento, appellandosi al giudizio divino, dichiarò che tali colpe egli «non aveva perpetrate né ordinato di perpetrarle»; il giorno di Natale il papa incoronò imperatore Carlo Magno e così rafforzò indirettamente la sua posizione.

In campo dottrinale Leone III mostrò la sua indipendenza dai teologi franchi e dallo stesso Carlo nella questione del Filioque nella quale, sotto il pretesto dottrinale, i franchi celavano l’intenzione di creare un dissidio con la parte orientale della cristianità e quindi con l’imperatore romano-bizantino. Davanti alle pretese dei teologi franchi Leone III mostrò la posizione tradizionale di tutta la Chiesa in base alla quale il papa non aveva alcun permesso d’intervenire personalmente quippiam addendi, minuendi sue mutandi nel deposito di fede comune delle Chiese dell’ecumene. Leone III indicò così di considerare il diritto costituzionale e positivo, espresso dal collegiale consenso dei successivi concili ecumenici, come impegnativo canone per la vita organizzata della Chiesa, come storico riflesso giuridico dell’esigenza di visibile comunione e di effettiva unità di tutte le Chiese nella fede professata, indiscriminatamente indispensabile per la salvezza eterna. Forse realisticamente dubbioso sulla futura ottemperanza della Chiesa franca alla sua decisione di proibire l’inserzione del Filioque nel Credo niceno-costantinopolitano, il papa fece incidere il simbolo dei 150 Padri in greco e in latino su dei pannelli d’argento, che fece affiggere nelle basiliche di San Pietro e di San Paolo. Il testo autentico di tale simbolo, che si credeva scomparso, sussiste invece nel suo tenore integrale nel Sic et non di Abelardo, compresa la completa formula di autenticazione, che lo concludeva epigraficamente: Leo indignus tertius episcopus pro amore et cautela orthodoxae fidei fecit (Sic et non, IV = PL CLXXVIII, col. 1357 C.).

Leone III pronunciò, inoltre, la condanna dei feliciani o adozionisti e del loro eresiarca Felice d’Urgel, nel 798. Nell’805 si recò ad Aquisgrana da Carlo Magno e consacrò la famosa cappella palatina. Gli succedette Stefano IV. L’inserimento del suo nome nel Martirologio romano avvenne soltanto nel 1673. Da allora la Chiesa romano-cattolica lo venera come santo commemorandolo liturgicamente ogni 12 giugno.

 

Pubblicato originariamente in: http://digilander.libero.it/ortodossia/Leone_III.htm

 

 

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