Panagiotis Boumis

 

La Roccia dell’Apostolo Pietro

 

Un contributo all’interpretazione del passo di Mt 16, 18.

 

 

Sul passo di Mt 16,18 sono stati versati fiumi d’inchiostro. Per il Cattolicesimo la pietra di fondazione sulla quale si costruisce la Chiesa è Pietro e, con l’Apostolo, i suoi successori, i papi. L’Ortodossia non ha mai pensato così e ritiene che, lungo il primo millennio, non ci fosse quest’interpretazione dal momento che non esisteva una Chiesa di tipo piramidale. Gli apostoli non si sono mai legati ad un luogo o ad una regione, poiché avevano il compito di predicare a tutte le nazioni. Quando un apostolo si fermava in una città, predicava il Vangelo, fondava una comunità cristiana e poi ripartiva verso un’altra regione. In questo senso, Pietro non è il primo vescovo di Roma e, quindi, pur concedendogli un ruolo centrale nel Cristianesimo primitivo, non poteva esistere un nesso univoco ed esclusivo tra lui e il vescovo di Roma. A questa osservazione si possono aggiungere quelle esposte da Boumis: la fede è la roccia sulla quale si fonda la Chiesa, fede vissuta che trasfigura e abilita ogni vescovo a servire la sua diocesi per essere, a sua volta, pietra di fondamento. Noi aggiungiamo che, senza fede e senza vita nello Spirito, un vescovo anche se amministrativamente è a capo di una Chiesa, di fatto non riesce ad esserne lo stabile fondamento. Le promesse di Cristo non sono assicurazioni magiche poiché chiedono la collaborazione umana! È per questo che molte realtà ecclesiastiche finiscono “inspiegabilmente” ma inesorabilmente per svuotarsi e perdere il loro senso primitivo.

 

Introduzione

 

I passi delle Sacre Scritture con i quali i teologi romano-cattolici sostengono usualmente il primato del Papa come successore dell’apostolo Pietro, sono i seguenti: Mt 16, 13-19; Lc 22, 32 e Gv 21, 15-17[1]. Nel presente breve studio ci soffermeremo principalmente sul versetto 16, 18[2] della pericope evangelica di Matteo (16, 13-19), seguendo il processo sinottico della metodologia canonica[3]. È in questo versetto che, dopo tutto, è stabilita la base del sistema governativo ecclesiastico cattolico-romano e la pretesa del primato papale.

I cristiani occidentali utilizzano questo passo come base principale e fondamento della loro prospettiva riguardo la speciale posizione e l’autorità di San Pietro nella Chiesa. In questo passo il Signore si rivolge a Pietro con le seguenti parole:

 

Καγώ δέ σοι λέγω ότι συ ει Πέτρος, και επί ταύτη τη πέτρα oικοδομήσω μου την εκκλησίαν, και πύλαι άδoυ ου κατισχύσουσιν αυτής.

 

Chi si oppone alle opinioni del primato romano, comunque, sostiene che il Signore in questo versetto non qualifica Pietro come roccia (πέτρα) dell’intera struttura della Chiesa ma la roccia è la sua confessione, o piuttosto, sono i contenuti della sua confessione (legati a Gesù Cristo) che Pietro ha sinteticamente espresso in precedenza rispondendo alla domanda posta dal Signore ai suoi discepoli, «Υμείς δε τίνα με λέγετε είναι», (Mt 16, 15). La confessione di Pietro è la seguente: «Σύ ει ο Χριστός, ο υιός του Θεoύ του ζώντος» (vs. 16).
[Nelle due interpretazioni] si può riassumere la contesa tra le opposte fazioni
[4]. Cercheremo di vedere il versetto sopracitato in una nuova luce con l’aiuto di altri passi delle Sacre Scritture; esaminando, cioè, se entrambe le posizioni hanno il diritto d’incontrarsi reciprocamente o, almeno, lo possono fare su un determinato punto. Pensiamo che questo aiuterà a rivelare o, più precisamente, a spiegare la nostra questione.
 

 

I. La Pietra (πέτρα): Gesù Cristo

 

Per prima cosa, non possiamo escludere che il significato del termine “Πέτρα”, pronunciato dal Signore, sia la confessione di Cristo «ως Υιόν του Θεού του ζώντος» o, piuttosto, su Gesù Cristo stesso. Tale appropriata formulazione del passo permette di considerare giustamente la sua interpetazione. Il passo, così com’è conosciuto dice:

 

Καγώ δε σοι λέγω ότι σύ ει Πέτρος, και επί ταύτη τη πέτρα οικοδομήσω μου την εκκλησίαν
 

e non
 

σύ ει Πέτρος και επί σε οικοδομήσω μου την εκκλησίαν.

 

Così possiamo dire che il mutamento dei termini (Πέτρος Πέτρα) nelle due frasi, correlato con l’esistenza della precedente confessione «Σύ ει ο Χριστός, ο υιός του Θεού του ζώντος», non solo ci dimostra la possibilità ma fonda pure la ragione con la quale si attribuisce a questo passo l’interpretazione sopra menzionata.

Osserviamo più analiticamente l’argomento. Sosteniamo che è possibile attribuire tale significato al passo in questione perché, al di là delle ragioni suddette, qualcos’altro lo supporta ulteriormente. Sarebbe questo il motivo per cui l’agiografo divinamente ispirato quando scrive utilizza la congiunzione “και” e non la particella opposta “δέ”. Ciò significa che egli riporta accuratamente e non senza una ragione sufficiente che «Συ ει Πέτρος, και επί ταύτη τη πέτρα, οικοδομήσω μου την Εκκλησίαν» e non che «Συ ει Πέτρος, επί ταύτη δέ τη Πέτρα, οικοδομήσω μου τήν Εκκλησίαν» Quest’uso specifico di “καί”[5] non ci obbliga a considerare una sola identificazione dell’unica attuale “roccia” (Πέτρα). Solo se fosse stato scritto «επί ταύτη δε τη Πέτρα, οικοδομήσω μου την Εκκλησίαν» saremmo stati obbligati a comprendere una roccia esplicita e, conseguentemente, ad accettare una sola definizione. Da come stanno le cose, invece, nessuno e niente ci impedisce di sottolineare «ταύτη τη πέτρα» in modo da obbligarci ad essere legati ad una sola identificazione. Al contrario, siamo liberi di ripristinare il senso originario sulla base e la solidità del “και” della frase.

Ciò significa che, pure se noi adottiamo un altro punto di vista come, per esempio, quello in cui “Πέτρα” si riferisce a Pietro, l’interpretazione suddetta non è esclusa. Parimenti se il testo dicesse «και επί σε (Πέτρε) οικοδομήσω μου τήν Εκκλησίαν», non sarebbe ancora sminuita l’ interpretazione in questione; per cui ciò vorrebbe semplicemente significare che oltre gli altri «costruirò su di te, Pietro, come su una roccia». La congiunzione “και” non attribuisce esclusività alla roccia di Pietro (Πέτρα του Πέτρου) e ciò non si escluderebbe neppure se Pietro fosse la roccia sulla quale esiste ogni altra roccia.

Tale possibilità o, in altre parole, l’uso di “και”[6] è rafforzato dal passo della seguente frase: «και πύλαι άδου ου κατισχύσουσιν αυτής (= la Chiesa)». Il nostro argomento viene qui rafforzato perché nessuno, pensiamo, potrebbe sostenere questa proposizione e scorgere che solo le porte dell’Inferno non prevarrebbero contro la Chiesa. Al contrario, ciò evidentemente significa che oltre ogni altra causa, come i possibili nemici della Chiesa, pure le porte degli Inferi (cioè «i pericoli mortali»[7] o «la morte e il potere organizzato dal maligno»[8]) non prevarranno contro di essa. Di conseguenza, esiste la possibilità di accogliere l’interpretazione sopra specificata.

Ora veniamo al cuore dell’argomento che ci porta ad accettare l’interpretazione che la roccia sia la confessione di fede in Cristo, o piuttosto sia Cristo stesso. A parte il gioco delle parole (Petros-Petra) altri passi della Sacra Scrittura ci danno l’opportunità di caratterizzare il Cristo in questa maniera. In tal modo, l’interpretazione data riguardo al passo di Mt 16,18 si armonizza con quelle degli altri.

Per esempio in Rm 9, 33 viene riportato il passo profetico di Isaia (28, 16 e 8, 14) nel quale si afferma che Gesù Cristo, «Ιδού τίθημι εν Σιών λίθον προσκόμματος και πέτραν σκανδάλου, και ο πιστεύων επ’ αυτώ ου καταισχυνθήσεται». Un passo della prima lettera paolina ai Corinti supporta questa prospettiva con un’estensione ulteriore:

 

Oυ θέλω γαρ υμάς αγνοείν αδελφοί, ότι oι πατέρες ημών [...] έπινον εκ πνευματικής ακολουθούσης πέτρας, η Πέτρα δε ην ο Χριστός. (10, 1-4)

 

Questo passo asserisce esplicitamente che Cristo è la roccia spirituale (η Πέτρα η πνευματική). In tal modo il termine Πέτρα, è usato chiaramente assieme a quello di Cristo nelle Sacre Scritture. Pure San Pietro nella sua prima epistola ripete similmente che:

 

Διότι περιέχει εν γραφή. ιδού τίθημι εν Σιών[9] λίθον εκλεκτόν, ακρογωνιαίον, έντιμον, καί ο πιστεύων επ’ αυτώ ου μη καταισχυνθή. Υμίν ουν η τιμή τοις πιστεύουσιν. απιστούσιν δε λίθος ον απεδοκίμασαν oι οικοδομούντες, ούτος εγενήθη εις κεφαλήν γωνίας και λίθος προσκόμματος καί πετρα σκανδάλου. (I Pt 2, 6-8)

 

Altrove, San Paolo scrivendo ai cristiani, parla di Cristo come del fondamento eminente e della testata d’angolo:

 

[…] Θεού οικοδομή έστε. Κατά την χάριν του Θεού την δοθείσάν μοι ως σοφός αρχιτέκτων θεμέλιον έθηκα, άλλος δε εποικοδομεί. ΄Εκαστος δε βλεπέτω πώς εποικοδομεi. Θεμέλιον γαρ άλλον ουδείς δύναται θείναι παρά τον κείμενον, ος έστιν Ιησούς Χριστός. (I Cor 3, 9-11).[10]

 

Altri passi delle Sacre Scritture sostengono indirettamente che Gesù Cristo è la roccia di fondazione caratterizzando le parole del Signore, cioè i Vangeli, come una roccia. Quando parliamo della parola del Signore, intendiamo la parola di Dio cioè pure Gesù Cristo, il Verbo incarnato di Dio, ma anche il contrario[11]. In questo modo la maniera in cui i Vangeli presentano Cristo rafforza il nostro argomento. Questo principio è confermato da altri passi e, secondo la nostra opinione, dal più importante tra essi: Gv 8, 25. In esso il Signore, risponde alla domanda dei giudei: «συ τις εί;» con la nota frase «Την αρχήν ό τι και λαλώ υμίν». La frase è così spiegata: «[È] ciò che ho detto all’inizio (o, genericamente, quanto ho già detto)»[12] per cui «Io sono Colui che vi parla, Colui che vi insegna». Abbiamo usato questo passo di Giovanni non solo perché lo consideriamo fondamentale per individuare l’identità riguardo la natura di Cristo, ma pure perché i problemi e i soggetti del passo sono quasi gli stessi di quelli esposti in Mt 16, l3 ss., oggetto del nostro studio. In entrambi i casi le domande e le risposte gravitano attorno alla stessa persona e allo stesso problema di Cristo, con la differenza che, nel primo caso, Egli pone una domanda mentre, nel secondo, risponde.

Ma l’importanza di Gv 8, 25, che ha un peso particolare se la si riferisce alla confessione, è il fatto che il problema viene posto sulla persona (Cristo): «Che sei tu?» (συ τις ει;). Di conseguenza, abbiamo la stessa confessione e la medesima conferma al momento suddetto dalla parola del Signore intesa come Gesù Cristo.

Dall’osservazione sopra esposta possiamo ora indicare i passi delle Sacre Scritture che comparano la Parola di Dio, le parole del Signore (ossia di Cristo), con la roccia (Πέτρα). Innanzitutto presentiamo una pericope dal Vangelo secondo san Matteo che riporta le seguenti parole del Signore:

 

Πας ουν όστις ακούει μου τους λόγους τούτους και ποιεί αυτούς, ομοιωθήσεται ανδρί φρονίμω, όστις ωκοδόμησεν αυτού την οικiαν επι την πέτραν. Και κατέβη η βροχή και ήλθον oι ποταμοί και έπνευσαν οι άνεμοι και προσέπεσαν τη οικία εκείνη, και ουκ έπεσεν τεθεμελίωτο γαρ επί την πέτραν. (Mt 7, 24-25)

 

Questo passo è simile ad un altro ritrovabile nel Vangelo di San Luca:

 

Πας ο ερχόμενος προς με και ακούων μου των λόγων και ποιών αυτοίς […] όμοιός εστιν ανθρώπω οικοδομούντι οικίαν, ος έσκαψεν και εβάθυνεν και έθηκεν θεμέλιον επί την Πέτραν. (Lc 6, 47-48)

 

In questi passi, dunque, abbiamo la testimonianza che Cristo, il Figlio e la Parola (Λόγος) di Dio, è la roccia (Πέτρα) sulla quale è possibile costruire la Sua casa stabilmente, con un fondamento così sicuro da non subire scossa alcuna.

I passi sopra esaminati oltre a richiamarla, rinforzano l’interpretazione di Mt 16, 18 secondo cui la roccia (Πέτρα) sulla quale la Chiesa di Dio sarebbe costruita in modo da resistere all’Inferno, è Cristo, il Figlio e la Parola di Dio[13].
 

 

II. La roccia: Pietro e gli altri Discepoli di Cristo

 

Si può giungere ad accettare la prospettiva che il passo in questione rappresenti la confessione su Cristo, o piuttosto Cristo, la Parola di Dio, Dio stesso, ma ciò non significa che il passo si riferisca esclusivamente a San Pietro[14].

Sia dall’inizio l’espressione di questo passo presenta la possibilità di tale interpretazione. Le ragioni di ciò le vedremo ora e più avanti. Da un lato troviamo la forma allitterativa Πέτρα-Πέτρος, dall’altro l’esistenza, come abbiamo sopra notato, di molteplici usi e funzioni del “και” nella lingua greca. Per il Signore è possibile, allora, costruire la Sua Chiesa su altre roccie oltre alla propria e, esplicitamente pure sulla roccia di San Pietro.

La suddetta prospettiva è significativamente rafforzata dal fatto che esistono altri passi nelle Sacre Scritture i quali comparano gli Apostoli (e di conseguenza San Pietro) a una pietra di fondamento (λίθον-πέτραν)[15]. Così la nostra interpretazione precedentemente menzionata si armonizza soddisfacentemente con l’insegnamento biblico. In primo luogo, abbiamo il passo di San Paolo agli efesini (2, 19-22) nel quale l’apostolo scrive ai cristiani:

 

Εστέ συμπολίται των αγίων και οικείοι του Θεού, εποικοδομηθέντες επι τω θεμελίω των αποστόλων και προφητών, οντος ακρογωνιαίου αυτού Ιησού Χριστού, εν ω πάσα οικοδομή συναρμολογουμένη αύξει εις ναόν άγιον εν Κυρίω, εν ω και υμείς συνοικοδομείσθε εις κατοικητήριον του Θεού εν πνεύματι.

 

Rinveniamo nuovamente pure qui che Gesù che Cristo è la testata d’angolo sulla quale si costruisce «ogni struttura» (πάσα οικοδομή) della Chiesa, producendo in tal maniera un «accrescimento» (αύξησιν) nel Signore. Contemporaneamente, comunque, siamo informati che la comunità cristiana è costruita anche sul «fondamento degli Apostoli» (επί τω θεμελίω των αποστόλων), in altre parole, gli Apostoli, incluso naturalmente San Pietro, costituiscono le pietre di fondamento della Chiesa. Questo è più esplicitamente formulato in un’altra pericope delle Sacre Scritture dove leggiamo:

 

Και το τείχος της πόλεως (la Sacra Gerusalemme, cioè la Chiesa)[16] έχον θεμελίους δώδεκα, και επ’ αυτών δώδεκα ονόματα των δώδεκα αποστόλων του αρνίου. (Ap. 21, 14)[17]

 

Seguendo questo passo, possiamo accettare la prospettiva cattolico-romana che vede la roccia (πέτρα) non solo nella confessione in Cristo ma anche nell’origine della confessione, San Pietro. Allo stesso tempo, comunque, siamo obbligati – come lo sono loro – ad accettare il fatto che la Chiesa ha come propria pietra fondante non solo San Pietro ma pure tutti gli altri Apostoli.

È importante notare che il discusso passo (Mt 16,18) in esame non esclude gli altri Apostoli. L’utilizzo del plurisignificante “καί” ci dà veramente la possibilità di capire che il Signore avrebbe potuto utilizzare altre “rocce”. Quella di Pietro, in un primo momento, e anche altre successivamente. Poiché il Signore avrebbe detto di costruire la Sua Chiesa «και επί τη Πέτρα του Πέτρου» non ha escluso la possibilità di farlo «και επί ταις πέτραις των άλλων αποστόλων»[18] (pure sulle pietre degli altri Apostoli).

Non solo i discepoli del Signore ma pure tutti i credenti in Cristo e i confessori nella sua parola costituiscono la roccia della struttura ecclesiale. Le parole di Pietro assumono particolare importanza a tal riguardo quando dicono: «Eι εγεύσασθε οτι χρηστός ο Κύριος προς ον προσερχόμενοι, λίθον ζώντα, […] και αυτοί ως λίθοι ζώντες οικοδομείσθε οίκος πνευματικός» (I Pt 2, 4-5). È interessante notare che, a tal proposito, Origene dica:

 

Se anche noi diciamo come Pietro “Sei tu il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, [...] diveniamo Pietro dal momento che estendiamo ciò che la Parola dice “Tu sei Pietro” (Συ ει Πέτρος) etc. Per cui ogni discepolo di Cristo è una roccia dopo che ha attinto a “quella roccia spirituale che seguì” e sulla quale è costruito ogni ecclesiastico “λόγος” (principio) e, in accordo a ciò, la vita della Chiesa[19].

 

Anche il “Pastore di Erma” parla rilevantemente degli Apostoli e di altri veri cristiani come di “pietre squadrate” dicendo:

 

La forma quadrata delle pietre bianche è conveniente per i sui punti di incastro; questi sono gli apostoli, i vescovi, gli insegnanti e i diaconi che camminano concordemente nella santità di Dio, ponendo azioni virtuose e degne in qualità di vescovi, insegnanti, e ministri nell’interesse delle scelte di Dio[20].

 

Dal momento che il passo di Mt 16, 18 ha la congiunzione “και” («και επί ταύτη τη πέτρα») abbiamo la possibilità di riferirgli sia la prima che la seconda interpretazione. Ciò significa che sia nostro Signore che San Pietro possono essere delle roccie. Se fosse stata utilizzata l’opposta particella “δε” («επί ταύτη δε τη πέτρα») allora saremmo stati obbligati, com’è già stato detto, a scegliere tra i due o l’uno o l’altro. Ora, possiamo tranquillamente accettare entrambi.

Da questa conclusione discendono le seguenti argomentazioni:

1)     Dal momento che accettiamo che negli scritti delle Sacre Scritture è stata accordata l’assistenza divina, è ragionabile chiederci se ha diritto di esistere solo un’interpretazione; Dio avrebbe permesso che la lettura del passo possa parere ambigua e causa di discordia? San Paolo afferma:

 

Πιστός ο Θεός ότι o λόγος ημών ο προς υμάς ουκ έστιν ναι και ου. Ο του Θεού γάρ υιός Χριστός Ιησούς ο εν υμίν δι’ υμών κηρυχθείς … ουκ εγένετο ναι και ου (II Cor 1, 18-19).

 

Allora, non avrebbe potuto l’agiografo evangelista ispirato dallo Spirito Santo[21] essere stato più esplicito per non indurre i suoi lettori nella confusione?

2)     La concreta esistenza di due opinioni, entrambe con i loro sostenitori, ci interroga se entrambe le parti hanno diritto d’insistere sulla validità delle loro idee.

3)     All’osservazione sopra riportata possiamo aggiungere il fatto che Origene, uno degli uomini più involuti nell’interpretazione delle Sacre Scritture, intreccia tra loro le due interpretazioni, com’è chiaro nel suo ampio commento sul passo in questione[22].

 

Tutto ciò ci porta alla conclusione che entrambe le interpretazioni hanno le loro ragioni e i loro validi argomenti di sostegno.
 

 

III. Una combinazione di entrambe le interpretazioni

 

Ci intratteremo ancora un po’ sulle due opinioni; in primo luogo quella per cui la “roccia” è Gesù Cristo e, in secondo luogo, quella per cui tale roccia è rappresenta da San Pietro e dagli altri Apostoli. In questo modo possiamo ottenere il significato centrale del passo e così delineare completamente il quadro della struttura ecclesiale[23]. Come abbiamo visto sopra, è possibile che entrambe le interpretazioni siano valide. La validità di queste opinioni, comunque, non è la sola cosa che deve essere verificata; dobbiamo anche mostrare che è possibile per loro coesistere ed armonizzarsi l’una nell’altra, al fine di affermare pienamente il significato di ciò che viene detto. In altre parole, è possibile sia che gli Apostoli costituiscano le pietre di fondamento (λίθοι) sulle quali si fonda l’intera struttura della Chiesa, sia che il Signore possa costituire la roccia fondante (Πέτρα-έδαφος) sulla quale si basa la struttura della Chiesa. Abbiamo la possibilità di poterlo pensare visto che un concetto non annulla l’altro. Al contrario la doppia interpretazione ci abilita a dedurre un quadro più completo della struttura della Chiesa.

Per arrivare a consolidare quest’interpretazione è possibile fare la seguente osservazione: è possibile per le pietre di fondamento coesistere, o piuttosto esistere alla maniera di quelle che si trovano su una base rocciosa, ossia su una grande roccia (βράχος). Se non fosse così le pietre non sarebbero in grado di costituire a loro volta un fondamento alla struttura [ecclesiastica]. Perché le pietre di fondamento esistano e siano costituite come fondazione deve, comunque, esistere prima di loro una roccia, (Πέτρα). Questa roccia, questa base rocciosa, è il presupposto perché esistano le pietre di fondamento stesse.

Consideriamo che questa visione è espressa o che, altrimenti, viene rafforzata dalla seguente pericope del Vangelo di San Luca:

 

Πας ο ερχόμενος προς με και ακούων μου των λόγων και ποιών αυτούς … όμοιός εστιν ανθρώπω οικοδομούντι οικίαν, ος έσκαψεν και εβάθυνεν και έθηκεν θεμέλιον επί την πέτραν. πλημμύρης δε γενομένης προσέρρηξεν ο ποταμός τη οικία εκείνη, και ουκ ίσχυσεν σαλεύσαι αυτήν, τεθεμελίωτο γαρ επί την πέτραν. Ο δέ ακούσας και μη ποιήσας όμοιός εστιν ανθρώπω οικοδομήσαντι oικίαν επί την γην χωρίς θεμελίου, η προσέρρηξεν ο ποταμός, και ευθύς συνέπεσεν, και εγένετο το ρήγμα της οικίας εκείνης μέγα. (Lc 6, 47-49)

 

È degno di nota che Luca definisca che la fondazione (θεμέλιον) sia posta sulla roccia (Πέτρα) utilizzando, cioè, entrambi gli elementi. Poco dopo, dove non si riferisce alla roccia, Luca dice chiaramente che il non credente costruisce senza (χωρίς) alcun fondamento. Non afferma che costui ha posto un fondamento almeno su una base rocciosa ma sottolinea che ha costruito senza fondamento perché, evidentemente, non ha costruito su un terreno solido ma su un terreno instabile e sabbioso. Possiamo confermare meglio quest’idea se correliamo il passo succitato di Luca col suo corrispondente di Matteo 7, 26:
 

Kαι πας ο ακούων μου τους λόγους τούτους και μη ποιών αυτούς ομοιωθήσεται ανδρί μωρώ, όστις ωκοδόμησεν αυτού την οικίαν επί την άμμον.

 

Se non si pone il fondamento su una base rocciosa, sulla roccia, ma su un terreno sabbioso, è come se non vi fosse alcun fondamento, pure se esistessero delle pietre di fondazione. In altre parole, dovunque esiste la roccia, esiste pure il fondamento. Dove non esiste la roccia, non ci sarà alcun fondamento. Confermiamo queste affermazioni esaminando una pericope corrispondente di Matteo (7, 24ss). In essa accertiamo indirettamente il ruolo principale della roccia in relazione alle pietre di fondamento. Osserviamo che il peso principale grava sulla roccia, sulla base rocciosa sulla quale è costruita la struttura, mentre le pietre di fondamento giocano un ruolo secondario. Così la parola fondazione non è esplicitamente menzionata. I versetti sono i seguenti:

 

Πας ουν όστις ακούει μου τους λόγους τούτους και ποιεί αυτούς, ομοιωθήσεται ανδρί φρονίμω, όστις ωκοδόμησεν αυτού την oικίαv επί την πέτραν. Kαι κατέβη η βροχή και ήλθον oι ποταμοί και έπνευσαν oι άνεμοι και προσέπεσαν τη οικία εκείνη, και ουκ έπεσεν. τεθεμελίωτο γαρ επί την πέτραν.

 

Abbiamo detto che non è esplicitamente riportato, come in Luca, il fondamento (θεμέλιον); tuttavia ciò non significa che quanto non viene menzionato non esista. Al contrario, identifichiamo il concetto di θεμέλιον nella parola τεθεμελίωτο[24]. Di conseguenza, esiste il fondamento, ma la sua esistenza è secondaria rispetto all’esistenza della roccia (Πέτρα). Così verifichiamo il ruolo principale e decisivo della roccia stessa, che è quello di stabilire una base rocciosa.

La roccia, allora, è il presupposto indispensabile per l’esistenza della pietre di fondamento. In questo modo, gli Apostoli (incluso naturalmente San Pietro) non sono una fondazione senza la roccia, senza Cristo; [in tal caso] non sarebbe possibile utilizzarli come pietre di fondamento sulle quali costruire la struttura della Chiesa.

Anche se il ruolo della pietra di fondazione è secondario non cessa comunque d’essere essenziale. Infatti è facilmente compreso che se desideriamo costruire una casa sulla roccia, sul βράχοι, ma senza fondamenti, senza delle pietre di fondazione, tutta la struttura si riempirebbe di crepe. Alla prima inondazione e al primo forte vento sarebbe prossima a crollare. Il ruolo degli Apostoli è, allora, un fondamento necessario, decisivo nella struttura della Chiesa di Cristo[25].

Queste considerazioni uniscono entrambe le interpretazioni.

Giunti in conclusione, dopo aver presentato le pericopi scritturistiche, possiamo dire che non è solo possibile accettare entrambe le suddette interpretazioni ma che è pure obbligatorio farlo.

 

Conclusione

 

Con un rapido sguardo retrospettivo, si può dire che l’interpretazione più chiara di «και επί ταύτη τη πέτρα οικοδομήσω μου την Εκκλησίαν» è la seguente: «Costruirò la mia Chiesa su un terreno solido e anche su questa roccia, nella quale hai confessato Gesù Cristo; cioè su di te, Pietro, come colui che Lo ha confessato rendendosi così fondamento roccioso. Questo terreno non escludere ma piuttosto comprende la possibilità che si costruirà anche su altre pietre di fondamento, vale a dire sugli altri Apostoli, i quali proclameranno la medesima verità su Cristo affidata all’insegnamento della Chiesa»[26].

È perciò possibile che le summenzionate interpretazioni coesistano e si armonizzino per completare il significato della pericope. Quando poniamo queste cose su una base stabile, su una roccia, com’è stato fatto, possiamo allontanare quelle divergenze raramente assenti da supposizioni o presupposti personali o dogmatici[27].

 

Pubblicato originariamente in: http://digilander.libero.it/ortodossia/Pietroroccia.htm

 

[1] Vedi, Ed. Eichmann-Κ. Morsdort, Lehrbuch des Kirchenrechts (auf Grund des Codex Juris Canonici), 1. Band, 11. Aufl., Munchen- Paderborn-Wien 1964, p. 343 ; Μ. Schmaus, Katholische Dogmatik, Band ΙΙΙ, 1: Die Lehre von der Kirche, 5 Aufl., Munchen 1958, p. 156 ss.; Μ. Kaiser, Die Einheit der Kirchengewalt nach dem Zeugnis des Neuen Testaments und der Apostolischen Vater, Munchen 1956, p. 45 ss.; Ιω. Καρμιρη, Ορθόδοξος Εκκλησιολογία, Δογματικής Τμήμα Ε΄, Athens 1973, p. 555 ss. e Ο. Cullmann, Ρetrus, Jung e Αpοstel-Μartyrer, 2. Aufl., Zurich-Stuttgart 1960.

[2] Inoltre, pensiamo che non è consigliabile né vantaggioso trattare questo passo per scrutare l’interpretazione attribuitagli di volta in volta dai sotenitori del primato papale e dai loro oppositori schierandoci o in una o in un’altra fazione e interpretazione. Sulle relative “scelte” e confutazioni è possibile trovare una ricca bibliografia nei seguenti studi: Χρυσοστομου Παπαδοπουλου, Το Πρωτείον του Επισκόπου Ρώμης, Athens 1930; 2a ed. Athens 1964; Μ. Schmaus, οp. cit., p. 157ss. e 852ss ; Λεων. Φιλιππίδου, Πέτρα-Πέτρος (= λίθος) καί η Πέτρα (= ο βράχος), Athens, Archim. Σπ. Μιλαλη, Ορθοδοξία και Παπισμός, 2 voll., Athens 1969 and Ιω. Καρμιρη, οp.cit., p. 548 ss., 555ss. Con l’aiuto dei lavori sopra citati ne possono essere prodotti altri.

[3] Abbiamo trattato l’interpretazione di Gv 21, 15-17 in un lavoro più recente: Συνέπειαι της άρσεως των αναθεμάτων Ρώμης-Κωνσταντινουπόλεως, Athens 1976, p.176 ss. Terremo conto di questo lavoro, Dio volendo, con altri passi pertinenti dalle Sacre Scritture e dalla Sacra Legge della nostra Chiesa attinenti alla questione in oggetto.

[4] Λεων. Φιλιππιδης (οp cit., p. 57) parla di “complessissime ciance antibibliche basate su erronee interpretazioni”.

[5] Com’è ben noto, l’uso e la funzione di “και” nella lingua greca è estremamente ampio. Vedi J. Humbert-Γ. Κουρμουλη, Συντακτικόν της αρχαίας Ελληνικής Γλώσσης, Athens, pp. 354 ss. e pp 394 ss.

[6] Vedi nota 5.

[7] Vedi Giovanni Crisostomo, PG 51.77 e Λεων. Φιλιππιδου, οp. cit., p. 63.

[8] Vedi Παν. Τρεμπέλα, Υπόμνημα εις το κατά Ματθαίον Ευαγγέλιον, Athens 1951, p. 315.

[9] Da questo passo, in combinazione naturalmente con la confessione di San Pietro riguardo a Gesù, è possibile dire che l’episcopato di Gerusalemme, dove da una parte «questa pietra è stata rigettata da tutti uomini» (απεδοκιμάσθη υπό των ανθρώπων) (I Pt 2,4), mentre dall’altra “fu testata d’angolo (εγενήθη εις κεφαλήν γωνίας) (I Pt 2,7), può rivendicare anche lui il primato della Chiesa.

[10] Vedi Gv 1,1: «Εν αρχη ην ο Λόγος και ο Λόγος ην προς τον Θεόν και Θεός ην ο λόγος» e Gv 1,14 : «Kαι ο λόγος σαρξ εγένετο».

[11] A proposito dell’estratto sopra citato (I Cor 3, 9-11). Il prof. Trebelas fa un commento degno di nota: «Cristo è la pietra, la testata d’angolo (che è rigettata poiché è impossibile costruire nella struttura d’Israele) sulla quale siamo chiamati ed edificati. Quando parliamo di Gesù Cristo come del fondamento intendiamo tutti gl’insegnamenti dogmatici dei Vangeli». (Παν. Τρεμπελα, Υπόμνημα εις τας επιστολάς της Καινής Διαθήκης, νοl. 1, 2a ed., Athens 1954, p. 261).

[12] Le varie opinioni sul significato del termine «Tηv αρχήν» sono ben conosciute. Cfr. a tal proposito Παν. Τρεμπελα, Υπόμνημα εις το κατά Ιωάννην Ευαγγέλιον, Athens 1954, p. 301. Più generalmente, riguardo all’interpretazione del passo in questione, vedi Στ. Σάκκου, Iωάννου 8,25. Συμβολή εις την γλωσσικήν εξέτασιν της Καινής Διαθήκης, Tessalonica 1969.

[13] Certamente quest’implicazione è data specialmente dal passo sopra menzionato di Mt 7, 24-25 dal momento che è dello stesso autore (lo stesso che ha scritto il contestato passo su Mt 16,18). Così si ha diritto, dopo un’opportuna analisi, di affermare che l’autore parla di questa roccia.

[14] In un nostro iniziale lavoro (Τα εκκλησιαστικά οφφίκια ως τα κατά κόσμον αξιώματα – Συμβολή εις την ερμηνείαν τού ζ’ καν. της Πενθέκτης Oικ. Συν. Athens 1970, p. 20) prodotto per altri motivi, abbiamo scritto «In questo passo è possibile accettare due o più interpretazioni, dal momento che la formulazione lo permette». Abbiamo seguito questo principio in un altro nostro lavoro esplicativo: «Περί την επικοινωνίαν ημών μετά των ετεροδόξων» – Συμβολή εις την ερμηνείαν του χωρίου Β’ Ιω.10, Athens 1972, p. 22 dove abbiamo scritto: «Da quanto abbiamo studiato, giungiamo alla conclusione [...] che non siamo obbligati a stringerci in una sola interpretazione, cosa che le Sacre Scritture ci aiutano e ci incoraggiano di fare».
Com’è logico, le due interpretazioni non dovrebbero coincidere, ma nessuna di esse dovrebbe giungere in conflitto con altri passi scritturistici.

[15] Riguardo alla modifica dei termini “λίθος-πέτρα” vedi i passi in Rm 9,33 e I Pt 2,7.

[16] Vedi Παν. Μπρατσιωτου, Η Αποκάλυψις του Ιωάννου, Athens 1949, p. 300: «La città nuova ed eterna, la santa Gerusalemme, simbolo del regno di Dio, la Sua vera Chiesa». Vedi anche p. 308: «Il versetto introduttivo nove mostra il tema della “città santa” Gerusalemme, cioè la Chiesa».

[17] Vedi Ebr 11,10: «Εξεδέχετο γάρ (Αβραάμ) την τούς θεμελίους έχουσαν πόλιν, ης τεχνίτης και δημιουργός ο Θεός».

[18] L’Apostolo Pietro parla (confessa) in quel momento ed è per tale ragione che Cristo si rivolge a lui. Se avesse parlato un altro Apostolo (avesse confessato) perché il Signore non avrebbe dovuto rivolgersi a lui?

[19] Origene, Spiegazione del Vangelo di San Matteo, PG 13. 997.

[20] 3a visione (V, 1) Publish. Ministry of the Apostolic Library of the Hellenic fathers and Church authors, 3o Vol., p. 45. col. 5ss. Vedi Παν. Μπουμη, Η oικοδoμή της αιωνίας πόλεως, ή ο τετραγωνισμός του κύκλου (offprint from «Κοινωνία»), 2a Ed., Athens 1976, p. 14.

[21] Vedi II Pt 1, 21.

[22] Similmente ha anche valore aggiungere questo: il prof. Λεων. Φιλιππιδου (οp. cit. p. 51ss.) avendo precedentemente accumulato vari estratti dalle interpretazioni di Origene e da scholia tratti dal passo suaccennato dice: «Che le fluttuazioni interpretative conducano parimenti a contraddizioni su questo soggetto è ovvio dai passi suaccennati». D’altra parte, dopo aver aggiunto altri passi da interpretazioni diverse, egli continua dicendo: «Questi sono come un assaggio di insigni chiarimenti superati, e gettano luce sulle variazioni riguardo al soggetto dell’Ermeneutica» (p. 56). Vedi le osservazioni di Arch. Σπυρ. Μπιλαλη (οp. cit., vol. Ι, p. 100) riguardo sant’Agostino.

[23] Che il termine πέτρα possa prendere il significato di base rocciosa o di una grande roccia (βράχος), che può sostenere altre pietre (λίθοι), può essere visto considerando i seguenti passi scritturistici:

a) «Εξήλθεν ο σπείρων του σπείραι τον σπόρον αυτού, και εν τω σπείρειν…έτερον κατέπεσεν επί την πέτραν και φυέν εξηράνθη δια το μη έχειν ικμάδα» (Lc 8, 5-6). Vedi Mt 13,15 e 13,20 e Mc 4-5; 4,16: «επί τα πετρώδη».
b) «Και λαβών το σώμα ο Ιωσήφ…έθηκεν αυτό εν τω καινώ αυτού μνημείω ο ελατόμησεν εν τη πέτρα» (Mt 27,59-60); Mc 15,46 e Ap 6,15-16.

[24] Se questo non fosse esistito completamente, si sarebbe forse spinti dalla tentazione di dire che esiste una contraddizione tra Matteo e Luca e confutare così la conclusione suddetta. Comunque tutto nelle Sacre Scritture è scritto con saggezza.

[25] Qui è sufficiente notare che il ruolo della tradizione e della successione apostolica («αποστολικών διαδοχών» secondo il prof. Γερ. Κονιδαρη, Περί το πρόβλημα της ενώσεως των Εκκλησιών, Atene 1978. P. 9, 15ss) è basilare ed è molto importante.

[26] Per tale ragiona ciò è chiamato «αποστολική παράδοσις» (tradizione apostolica) e non «Πέτρειος παράδοσις» (tradizione di Pietro).

[27] D’altra parte comunque, una differenza può portarci a cercare meglio e ad interpretare le cose in una luce più sicura, riesaminando il passo in oggetto per meglio comprenderlo. Pensiamo che sia necessario quando l’interpretazione proposta si accorda con le Sacre Scritture e si armonizza con il totale spirito dei santi canoni ripondendo meglio alle richieste dei tempi moderni. Questo miglioramento è (o al meno dovrebbe essere) un aspetto di una certa parte della ricerca nella comunità ecclesiale per un suo rinnovamento. Vedi i contenuti di un’altro nostro lavoro: Περί την επικοινωνίαν ημών μετά των ετεροδόξων, pp. 22-3.

 

 

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