DAL DE LAUDIBUS S. PAULI

 

SAN GIOVANNI CRISOSTOMO

 

 

 

Noi potremmo, se solo volessimo, vincere ogni resistenza della natura con la forza della volontà. Non c’è nulla di impossibile per gli uomini in ciò che Cristo ha ordinato; se infatti mettiamo tutto l’impegno di cui siamo capaci, anche Dio ci da insieme molto aiuto, e così diventeremo invincibili contro tutte le avversità. Non è degno di biasimo l’aver paura dei colpi, ma, per la paura di questi, sottostare a qualcosa di indegno del comportamento religioso, in modo che la paura dei colpi mostra colui che rimane invincibile nelle prove, più ammirevole di chi non ne ha paura. In questo modo rifulge maggiormente la volontà, perché aver paura dei colpi è proprio della natura, mentre non sottostare a nulla di sconveniente per paura di essi dipende dalla volontà che corregge la deficienza della natura e vince la sua debolezza. Nemmeno l’afflizione è motivo di accusa, ma, a causa dell’afflizione, dire o fare qualche cosa che non piace a Dio. Se io dicessi che Paolo non era un uomo, giustamente mi addurresti le deficienze della natura, per confutare così il mio discorso; ma se dico e sostengo che era un uomo, in niente superiore a noi riguardo alla natura, mentre divenne migliore riguardo alla volontà, invano, mi presenti queste obiezioni, anzi non invano, ma a favore di Paolo. Infatti in virtù di esse dimostri quanto grande egli fosse, perché pur trovandosi in una natura siffatta, fu più forte di essa. Non solo lo esalti, ma chiudi anche la bocca a quelli che si sono perduti d’animo, non consentendo ad essi di rifugiarsi nella superiorità della sua natura, ma spingendoli invece all’impegno proveniente dalla volontà.

Ma, si potrebbe dire, non ebbe paura qualche volta anche della morte? Anche questo atteggiamento è naturale. Tuttavia egli stesso che temeva la morte diceva a sua volta: In realtà quanti siamo in questa tenda[1], sospiriamo come sotto un peso[2], e di nuovo: Anche noi gemiamo interiormente[3]. Vedi come ha presentato la forza proveniente dalla volontà quale contrappeso della debolezza della natura? Infatti anche molti martiri spesso, nell’essere condotti al supplizio, impallidirono e furono pieni di paura e di angoscia; però proprio per questo sono soprattutto degni di ammirazione, perché, pur avendo timore della morte, non l’hanno fuggita a causa di Gesù. Così anche Paolo, pur temendo la morte, non rifiuta neppure la geenna per amore di Gesù[4], e, pur trepidando al pensiero della propria fine, desidera essere sciolto dal corpo[5]. Non era solo lui a provare ciò, ma anche il capo degli apostoli, pur avendo spesso detto di essere pronto a dare la vita[6], temeva assai la morte. Ascolta che cosa gli dice Cristo parlandogli in merito: Quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi[7], fa riferimento alla deficienza della natura, non della volontà.

La natura mostra le sue proprietà anche contro noi, e non è possibile superare tali deficienze, neppure se si vuole e ci si impegna intensamente; pertanto da questo lato non siamo danneggiati, anzi siamo ammirati maggiormente. Che capo d’accusa è infatti aver paura della morte? Quale motivo di elogio non è invece, pur avendo paura della morte, non sottostare ad alcun atteggiamento meschino a causa di questa paura? Non è motivo d’accusa avere una natura con delle deficienze, bensì essere schiavi di queste; sicché chi resiste all’assalto che proviene da essa con il coraggio della volontà, è grande e ammirevole. Così mostra quanto grande sia la forza della volontà e tappa la bocca a quanti dicono: «Perché non siamo divenuti buoni per natura?». Che differenza c’è che questo si verifichi per natura o per volontà? Quanto è migliore questa condizione di quella? Per il fatto di procurare corone e una splendida rinomanza.

Ciò che è proprio della natura non è forse saldo? Ma se vuoi avere una forte volontà, questa condizione è più solida della prima. Non vedi che il corpo dei martiri è trapassato dalla spada e che, se la natura indietreggia davanti al ferro, la volontà non cede ad esso né si lascia sopraffare? Dimmi: non vedi che, nel caso di Abramo, la volontà ebbe il sopravvento sulla natura, quando gli fu ordinato di sacrificare il figlio[8], e la prima si manifestò più potente della seconda? Non vedi che si è verificata la medesima situazione nel caso dei tre giovani[9]? Non ascolti anche il proverbio che afferma che la volontà diventa una seconda natura in forza dell’abitudine? Anzi potrei dire che diventa la prima, come l’ha dimostrato ciò che è stato detto in precedenza. Vedi che è possibile acquistare anche la saldezza della natura, se la volontà è generosa e vigile, e che raccolga maggiori elogi chi sceglie e vuole essere buono più di chi vi è costretto?

Questo è bello soprattutto, come quando dice: Tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù[10]. Allora soprattutto lo lodo, vedendolo raggiungere la virtù non senza pena, in modo da non essere motivo di indolenza per quelli che sarebbero venuti dopo, per giustificare la loro mollezza. Quando dice ancora: Sono crocifisso per il mondo[11], incorono la sua volontà. È possibile infatti, è possibile imitare la forza della natura con il rigore della volontà. Se lo proponiamo come l’esempio stesso della virtù, troveremo che si sforzò di portare le buone qualità che aveva in conseguenza della volontà, al livello della saldezza della natura.

Soffriva certamente quando era percosso, ma non disprezzava i patimenti meno delle potenze incorporee che non soffrono, come si può apprendere dalle sue parole che non sembrerebbero far credere che appartenesse alla nostra natura. Quando infatti dice: Il mondo è crocifisso per me e io lo sono per il mondo[12], e ancora: Io vivo, o piuttosto non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me[13], che altro significa se non che ha abbandonato il corpo stesso? Che vuol dire, quando dice: Mi è stata messa una spina nella carne, un messo di satana[14]? Nient’altro se non mostrare che la sofferenza arrivava solo al corpo; non perché non passasse all’interno, ma perché egli la respingeva e l’allontanava per la sovrabbondanza della sua volontà. E che dire, quando fa molte affermazioni più meravigliose di queste, e gioisce di essere frustato e si vanta delle sue catene[15]? Che altro si potrebbe dire se non quanto ho detto, che cioè affermare: Tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù, nel timore che, dopo aver predicato agli altri, non venga io stesso squalificato[16], indica da un lato la debolezza della natura, ma dall’altro, mediante quanto ho detto, la nobiltà della volontà?

Perciò si trovano entrambi questi aspetti presso di lui, affinché né pensi che per le sue grandi virtù appartenesse ad una natura diversa e non ti scoraggi, né condanni quell’anima santa per le sue debolezze, anzi al contrario, scacciando in conseguenza di ciò lo scoraggiamento, ti volga verso una fiduciosa speranza. Per questo motivo presenta d’altra parte anche la grazia di Dio in termini amplificativi, anzi non in termini amplificativi, ma con saggezza, perché pensi che nulla viene da lui. Afferma però anche il suo impegno, perché, attribuendo tutto a Dio, tu non trascorra la vita nell’inoperosità e nell’incuria. E troverai rigorosamente in lui misura e regola di tutto.


 

[1] Il corpo.

[2] 2 Cor 5, 4.

[3] Rom 8, 23.

[4] Cf Rom 9, 3.

[5] Cf Fil 1, 23.

[6] Cf Mt 26, 35; Mc 14, 31; Lc 22, 33; Gv 13, 37.

[7] Gv 21, 18.

[8] Cf Gen 22, 1ss.

[9] Cf Dan 3, 12ss.

[10] 1 Cor 9, 27.

[11] Gal 6, 14.

[12] Ib.

[13] Gal 2, 20.

[14] 2 Cor 12, 7.

[15] Cf 2 Cor 11, 24-25; Fil 1, 12-14.

[16] 1 Cor 9, 27.

 

 

 

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