DALLA CONVERSAZIONE CON UN MONACO

 

di G. Z.

 

 

Mi sono recato al monastero di V. con l’intenzione di riposarmi dal trambusto di Belgrado e da questa vita spasmodica. Per essere sincero, non mi aspettavo nulla di più da questa mia permanenza in quel povero ed abbandonato monastero. Ma la Provvidenza ha voluto che vi incontrassi un uomo di Dio e che, grazie alle conversazioni avute con lui, sentissi quanto fascino abbia la vita secondo le leggi del Signore. Ho annotato alcune conversazioni avute con lui nel fresco porticato vicino alla Chiesa.

Non menzionerò il nome di questo monaco che mi ha ospitato, per timore di distruggere la pace della sua umile anima rendendolo di pubblica ragione.

 

 

 

Sulla preghiera

 

Come bisogna pregare?

 

“Dobbiamo pregare come faceva san Giovanni di Kronstadt, egli leggeva le preghiere attentamente e dopo alcune parole sentiva che il cuore gli si riscaldava e nell’anima si diffondeva un senso di pace e di gioia e poi pregava con tutta l’anima. Dobbiamo pronunciare le parole della preghiera con la convinzione che Dio ci guarda e ci ascolta. E quando durante la preghiera sentite, per così dire, un ribollimento, nel cuore, afferratelo, trattenetevi su esso”.

 

Come lei ha imparato a pregare?

 

“Da bambino ero debole e poco sviluppato. A casa spesso mi ripetevano che non ero buono a nulla e mi rimproveravano di man giare il pane ad ufo. Queste parole mi colpivano profondamente. Nei pressi della nostra fattoria sorgeva un albero e spesso mi ci recavo e pregavo Dio che mi concedesse di essere utile in qualche cosa alla mia famiglia”.

 

In parte dallo stesso padre T., per il resto dai confratelli del monastero, ho appreso qualche altra notizia sulla sua vita. È nato di sette mesi nel 1912 ad una fiera. A questo proposito mi disse una volta ridendo: “Da me, che sono nato ad una fiera, non poteva venir fuori nulla di meglio”. La madre gli morì quand’era ancora in tenera età e lo allevarono le matrigne. Spesse volte lo bastonavano al punto che egli, preso un pezzettino di pane, fuggiva da casa. Quando raggiunse l’adolescenza, lo affidarono ad un sarto perché imparasse il mestiere. Ma neanche lì le cose andarono meglio... Poi si aggiunse una malattia al petto ed i medici gli predissero che al massimo sarebbe vissuto cinque anni. Allora decise di consacrare a Dio almeno quei cinque anni di vita che gli rimanevano e si recò al monastero di Miljkovo dall’archimandrita Amvrosije.

Quando mi resi conto che né i genitori, né i parenti, né gli amici, né il resto del mondo nulla mi offrivano se non ferite, offese, dolori, decisi di non vivere più per quel mondo, ma di consacrare a Dio i pochi giorni che mi rimanevano. Compresi che, oltre al Signore, al mondo non c’era nulla che veramente ci appartenesse!.

 

 

La pace interiore

 

Qual è la cosa più importante nella vita spirituale?

 

“Penso, che la cosa più importante sia conservare la pace del cuore. Non vi inquietate per alcun motivo. Nel cuore deve regnare la pace, la quiete, il silenzio. Il disordine mentale è la condizione propria degli spiriti caduti, cioè dei demoni, degli spiriti che si sono allontanati da Dio. Invece la nostra mente deve essere raccolta, unita, at tenta. Solo se la mente è unita nel raccoglimento, in essa può risiedere Dio”.

 

 

La preghiera interiore

 

“Quando sentiamo un’adatta disposizione dell’animo, possiamo interrompere il silenzio del cuore sostituendolo con la preghiera di Gesù. Inizialmente aveva questa forma: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio e Verbo di Dio, per le preghiere della Vergine abbi pietà di noi”. Con il passare del tempo i monaci l’han no abbreviata ed oggi suona: “Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me”. Se ci è possibile, pronunciamo la preghiera di Gesù con sentimento. E se non possiamo, cerchiamo almeno di accostarci a Dio come sappiamo ed accontentiamoci di tacere davanti al Signore. Se non disponiamo di un esperto padre spirituale che ci guidi, è pericoloso imporci la preghiera interiore”.

 

Come lei ha imparato la preghiera della mente e del cuore?

 

“Ero ancora un giovane novizio allorché cominciai. Il padre Amvrosije mi disse: “Qualsiasi cosa tu faccia, incessantemente ripe ti nel tuo intimo: ”Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me“. Ero un ragazzo e gli obbedii di tutto cuore. Ogni giorno confessavo al mio padre spirituale tutto ciò che accadeva nell’intimo del la mia anima ed egli mi consigliava quel che dovevo fare. Dopo un certo tempo m’accorsi che assieme all’aria, che respiravo, la preghiera entrava nel cuore. Con il passare del tempo cominciò a prodursi da sola nel cuore.

Ma il mio padre spirituale morì e trascorsi molti anni tra gravi sofferenze spirituali. L’angoscia mi lacerava l’anima. La paura, che avevo provato nella fanciullezza, mi tormentava di nuovo. Temevo che i monaci anziani non fossero contenti di me e non trovavo pace”.

 

Ed allora che ha fatto?

 

“Dipendeva dalle circostanze. Il più delle volte prendevo la armonica, mi ritiravo in qualche luogo isolato e suonavo. Avevo sempre amato la musica ed essa mi dava conforto.

Alle volte mi chiedevo: ”Che vuoi? Hai fame, hai sete, sei nudo, sei scalzo, sei malato? Dio ti ha dato tutto ed allora che vuoi? Ma, ciononostante, l’anima mia era in preda all’angoscia e cercava che qualcuno la consolasse...

Mi recai da vari padri spirituali, cercavo consiglio, ma neppure ciò mi era d’aiuto. Questo stato di cose durò finché non lessi “La via della salvezza” (Put’ ko spaseniju) del vescovo Teofane il Recluso ed il Signore mi aiutò. Quando non c’è nes sun uomo che ci aiuti, allora il Signore viene anche attraverso un libro a rallegrare l’anima”.

 

 

Lo stare davanti a Dio

 

“Assieme alla conservazione della pace nel cuore, bisogna esercitarci anche a stare davanti al Signore. Questo significa aver presente incessantemente nella mente che Dio ci guarda. Con lui dobbiamo levarci, coricarci, lavorare, mangiare, camminare. Il Signore è da per tutto ed in tutto”.

 

Dal pergolato, sotto il quale stavamo seduti, si vedova un panorama meraviglioso. Il padre T. levò la mano in direzione dei campi e delle montagne: “Il Signore è l’energia che muove la vita di ogni creatura, mette ordine nell’universo, da la bellezza alla creazione, provvede a tutto e risiede nel cuore dell’uomo. Il Re della gloria (così chiama il Signore il più sovente padre T.) ha la sua di mora in tutta la creazione e nei suoi figli”.

 

 

La comunione con Dio

 

“L’uomo troverà nel suo intimo il Regno di Dio. “Scendi nel tuo cuore e vi troverai una scala su cui salire nel regno di Dio”, consiglia il venerabile Isacco Siro. La Scrittura insegna che Regno di Dio è “giustizia, pace e gioia nel Santo Spirito”... Il primo passo verso la comunione con Dio consiste nell’affidarsi completamente a lui. Poi è Dio che opera, non l’uomo.

La comunione con Dio significa che Dio prende dimora in noi, che egli opera in noi, che la nostra anima si riveste di lui e che egli governa la nostra mente, la nostra volontà ed i nostri sentimenti. Allora noi ci trasformiamo in strumenti volontari nelle sue mani, determinati da lui nei pensieri, nei desideri, nei sentimenti, nelle parole, nel lavoro”.

 

Come l’uomo, che ha raggiunto un livello di spiritualità, si difende dalla superbia?

 

“La comunione con Dio non rappresenta nulla di particolare, poiché essa è lo stato normale dell’anima. L’uomo è creato per questa vita. Il peccato lo ha allontanato da questa vita e per ciò deve riconquistarla. Noi, in realtà, ci affatichiamo solo per giungere ad una condizione normale, sana”.

 

 

La contemplazione

 

“Quando nel cuore dell’uomo si stabilisce il Regno di Dio, quest’ultimo gli svelerà i misteri. Assieme a Dio l’uomo “entrerà” nella sostanza delle cose e comprenderà, il loro mistero.

La conoscenza ha il suo fondamento in Dio e, quando egli lo vuole, per la sua misericordia svela agli uomini i misteri. Così anche un semplice monaco privo di cultura, viene a conoscere i più profondi misteri della vita, della morte, del cielo, del l’inferno ed apprende le leggi del mondo.

Quando nel cuore dell’uomo si stabilisce il Regno di Dio, egli dalla mente dell’uomo toglie, per così dire, una benda. Allora l’uomo conosce non solo il mistero della creazione, ma anche quello di se stesso. Ed alla fine, in un momento santo, Dio, nella sua infinita misericordia, gli si manifesterà e l’uomo contemplerà il Re della gloria così come vede il sole nella acqua lucente. Allora l’uomo è unito a Dio e Dio opera in lui. Così solo con il corpo vive sulla terra e con lo spirito è nel Regno dei Cieli con gli Angeli ed i Santi e contempla il Signore”.

 

Spesso, quando gli ponevo qualche quesito, il padre T., rispondeva in breve ed aggiungeva: “Su quest’argomento ha scritto il santo padre tal dei tali. Vado a prenderle il libro e lo leggiamo?”. Naturalmente, con piacere accondiscendevo ed egli dapprima sfogliava il testo e leggeva i brani corrispondenti e poi parlava egli stesso. Non ho trovato mai una persona che si orientasse meglio in quei testi.

 

 

Sulla severità

 

“La severità nei confronti del prossimo è pericolosa. Coloro che sono severi, avanzano sino ad un certo punto e rimangono fermi nella lotta corporale. Nei rapporti con il prossimo bisogna essere miti ed indulgenti”.

 

Il padre T. mi raccontò un suo sogno caratteristico: “Mi ero appena addormentato, e sognai di essere morto. Due giovani mi condussero ad una stanza e mi posero a sedere su una se dia in mezzo a loro. Alla mia destra erano giudici. In fondo a sinistra qualcuno mi accusava dicendo: «Ecco colui che non va d’accordo con nessuno!». Tacevo terrorizzato. La stessa voce si ripeté ancora due volte. Ma il giovane, che stava alla mia destra, mi disse: «Non temere, poiché non è vero che tu non vai d’accordo con nessuno. Tu non vai d’accordo con te stesso».

 

 

L’atmosfera del Cielo e quella dell’Inferno

 

“Dall’uomo, che porta in sé il Regno di Dio, emanano santi pensieri, pensieri divini. Il Regno di Dio crea in noi l’atmosfera di quello celeste in opposizione all’atmosfera spirituale propria dell’Inferno, e circonda l’uomo, il quale nel suo cuore porta l’inferno. Il compito dei Cristiani consiste nel purificare l’atmosfera sulla terra e di diffondere l’atmosfera del Regno di Dio. Dobbiamo conquistare il mondo conservando in sé un’atmosfera celeste, poiché, se perdiamo il Regno di Dio che è in noi, non riusciremo a salvare né noi stessi né il nostro prossimo. Chi porta in sé il Regno di Dio, lo trasferirà insensibilmente anche negli altri. La nostra pace ed il calore, che ne emana, attireranno a noi il prossimo che desidera essere con noi ed a poco a poco li conquisterà l’atmosfera celeste. Addirittura non è necessario parlare di ciò, poiché il Cielo si manifesterà attraverso di noi sia quando saremo in silenzio, sia quando parleremo delle cose più semplici. Esso traspare da noi anche quando non ne siamo consapevoli.

In chi non obbedisce non si instaura il Regno di Dio poiché una persona del genere desidera sempre che si realizzi la sua volontà non quella di Dio. Nel Regno dei Cieli non è possibile che sussistano altri regni. A questo tendono “gli spiriti caduti” e perciò si sono allontanati da Dio, il Re della gloria. L’anima che è finita nel caos spirituale, nell’atmosfera dell’Inferno, oppure è solo giunta in suo contatto, prova sofferenze infernali. Ad esempio, sfogliamo i giornali, oppure passeggiamo ed improvvisamente ci accorgiamo che l’armonia dell’anima è stata sconvolta, sentiamo un vuoto, l’angoscia. Ciò dipende dal fatto che a causa della varietà delle letture, abbiamo perduto il raccoglimento, l’unità della mente, siamo diventati distratti e l’atmosfera dell’Inferno è penetrata in noi”.

 

 

Sulla predicazione

 

“Non si deve predicare con la mente, ma con il cuore. Solo ciò che da quest’ultimo proviene tocca un altro cuore. Non bi sogna mai attaccare alcuno, né opporci a qualcuno. Se il predicatore si vede costretto ad allontanare il suo gregge da un male, lo faccia con mitezza, umiltà e con profondo timore di Dio”.

 

 

Sull’umiltà

 

Qual è l’uomo umile?

 

“Chi è umile considera chiunque altro superiore a sé, e non solo ogni uomo, ma anche la natura”.

 

Come possiamo considerare la natura superiore a noi se il Signore ci ha concesso la ragione e ci ha chiamati suoi figli?

 

“Se si mette una mano sul cuore ed è sincero con se stesso, vedrà che lei è inferiore a molte creature non ragionevoli. Guardi l’ape come si affretta e lavora. Senza risparmiarsi, senza alcuna riserva si sacrifica. L’ape vive in tutto un mese e mezzo e spesso perisce nel lavoro, sui campi, senza ritornare al suo alveare. Invece quanti pensieri l’uomo concepisce sul suo conto e quanto si lagna. Guardi una formica, come non si annoia a trascinare sempre qualcosa.. E quando le cade il carico, lo risolleva e con pazienza continua il suo lavoro. A noi invece, se qualcosa non va a genio, ben presto ce ne allontaniamo”.

 

Fui presente quando una vecchia chiese a padre T. che cosa dovesse fare perché i suoi nipotini fossero devoti: “Che la loro nonna sia sempre mite e buona, che non si arrabbi mai, che sia sempre contenta, che essa ascolti tutti quando gli altri non la vogliono ascoltare. Forse adesso i suoi nipotini non saranno devoti, ma un giorno si ricorderanno della lo ro nonna ed il suo ricordo li renderà migliori...”.

           

 

Da “Pravoslavni Misionar”, ‘78, pp. 150-155. Trad. A. S.

In “Messaggero Ortodosso”, Roma 1979, anno IV, n.7-8, pp. 24-31.

 

 

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