La preghiera esicasta

 

Il termine esicasmo deriva dal greco e significa quiete, raccoglimento. La preghiera esicasta è una preghiera strettamente legata alla preghiera del cuore, alla preghiera di Gesù e costituisce una pratica importante all’interno dell’Ortodossia. Bisogna distinguere la preghiera esicasta nella sua essenza da tutte le particolari pratiche ed esercizi che la possono costituire. Questi ultimi possono anche variare e hanno un valore relativo tant’è che la preghiera esicasta, nella sua essenza non è altro che l’unione con Dio, la deificazione.

La deificazione legata alla pratica della preghiera esicasta ha provocato una grande controversia all’epoca di San Gregorio Palamas. San Gregorio fu il difensore della preghiera esicasta e ha avuto il merito di dimostrare che è possibile su questa terra l’unione e la conoscenza di Dio, distinguendo, senza per altro averlo inventato, la natura divina dalle sue energie. Secondo San Gregorio Palamas e secondo la prassi spirituale ortodossa Dio è inconoscibile nella sua Natura ma si rivela nelle sue Energie dette anche Attributi (Bellezza, Saggezza, Amore, ecc.).

Il fine di chi prega nell’esychia è dunque la conoscenza di Dio, non una conoscenza intellettuale, ma una conoscenza del cuore (che non significa del sentimento!), cioè nel profondo dell’uomo. Nella preghiera esicasta si cerca precisamente di fare discendere l’intelletto nel cuore e si ferma ogni genere di pensiero.

La preghiera di Gesù è una preghiera giaculatoria ossia breve e consiste nella ripetizione ininterrotta delle seguenti parole : “Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio, abbi pietà di me peccatore”. Inizialmente tale preghiera viene detta con le labbra ad alta voce e successivamente viene interiorizzata sempre più man mano che si avanza spiritualmente. Associata al respiro essa si unisce a tutto l’essere umano, al corpo e all’anima. Presuppone assolutamente la purificazione dalle passioni e la tensione verso lo stato paradisiaco nel quale l’uomo torna nuovamente ad essere familiare con Dio. In tale situazione tutte le facoltà umane sono riunite armonicamente.

La preghiera liturgica, la lettura del salterio e tutte le altre forme di preghiera hanno lo stesso fine ma la preghiera del cuore è la preghiera per eccellenza, perché grazie alla sua semplicità, può aiutare qualunque uomo. Così viene denominata semplicemente “la preghiera”.

Tale preghiera suppone che l’uomo faccia silenzio dentro di se che fermi pure il fluire dei pensieri e soprattutto che lotti contro le passioni che lo ostacolano in tale impegno spirituale.

Alcune tecniche come quelle di sedersi, d’inclinare la testa, di trattenere il respiro per riemetterlo ritmicamente, d’indirizzare il proprio pensiero verso il cuore, ecc. aiutano la preghiera. Ma non sono assolutamente equiparabili a pratiche magiche che promettono una buona riuscita. La preghiera, infatti, suppone assolutamente una direzione spirituale nella Chiesa ortodossa senza la quale potrebbe pure essere pericolosa, deludente e fuorviante. La preghiera, infatti, non si può enucleare dall’ambito ecclesiale nel quale si esprime anche perché suppone un ambiente e un orientamento teologico coerenti ad essa. I padri spirituali che vivono il loro carisma nell’Ortodossia hanno alle loro spalle un’esperienza che non è solo personale. Ereditano una tradizione profondamente radicata nell’alveo ecclesiale grazie alla quale non è possibile scambiare la preghiera di Gesù con una pratica yoga, con un esercizio antropocentrico o con qualcosa di puramente psicologico e consolatorio. Inoltre, nell’Ortodossia il novizio in tale pratica è aiutato a non scambiare dei fenomeni completamente naturali per effetto della Grazia e quindi viene preservato dal gonfiarsi di presunzione.

Il Racconto di un pellegrino russo ha fatto scoprire all’Occidente disseccato dal razionalismo l’esistenza della preghiera del cuore. Attraverso la sua esperienza, il pellegrino mostra che pure un semplice contadino può arrivare al più alto grado della preghiera. Tale preghiera è molto diffusa nel mondo ortodosso. Chi non ha visto cristiani o monaci nelle chiese segnarsi e bisbigliare pregando mentre le loro dita scorrono tra i nodi di una corda? La corda di preghiera è detta in greco komvoskini. Questa pratica può avvenire anche durante le ufficiature liturgiche.

Un uomo formato dalla cultura occidentale non può capire tutto ciò perché per lui non può coesistere la preghiera liturgica e quella personale. Ignora, infatti, che la preghiera ortodossa non è discorsiva ma contemplativa, che ha sede nel cuore non nella mente. Nulla infatti impedisce che lo sguardo si fissi su un’icona dal momento che, mentre gli occhi contemplano l’icona, il cuore si trova esattamente a vivere la stessa situazione. Così non è proibito far partecipare tutto il corpo alla preghiera con delle metanie e dei segni di croce. Quando la preghiera, con l’attento aiuto di un padre spirituale esperto che la pratica, è giunta al suo grado più elevato l’attività umana si sospende tranne quella spirituale poiché è lo Spirito che s’impossessa completamente dell’uomo. Comunque, prima di giungere a tale stadio, l’uomo collabora meglio che può alla preghiera in sinergia con l’attività dello Spirito Santo.

 

Pubblicato originariamente in: http://digilander.libero.it/ortodossia/esychastos.htm

 

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