LA CULTURA EUROPEA ED IL CRISTIANESIMO

Archimandrita Justin Popovic

 

         La cultura europea ha per fondamento l’uomo e nell’uomo si esauriscono il suo programma ed il suo fine, i suoi mezzi ed il suo contenuto. L’Umanesimo ne è il principale architetto. Essa infatti costruita sul principio: L’uomo – quello europeo – è misura di tutte le cose, di quelle visibili e di quelle invisibili. Egli è il sommo creatore dei valori e colui che li distribuisce. La verità è quella che egli proclama come tale; il bene ed il male sono ciò che egli riconosce come tali. Per dirla in breve e con chiarezza: l’uomo europeo s’è proclamato dio. Non vi siete forse accorti come egli ami atteggiarsi a dio, con la scienza e con la tecnica, con la filosofia e con la politica, con l’arte e con la moda – si atteggia a dio ad ogni costo, sia pur con l’Inquisizione e con il Papismo, con il ferro ed il fuoco, e perché no? Anche con il trogloditismo ed il cannibalismo? Con il linguaggio della sua scienza umanistico-positivistica ha dichiarato che Dio non esiste. E guidato da questa logica coraggiosamente ha concluso da tutto ciò: Visto che non c’è Dio, sono io dio!

         Nulla ama tanto l’uomo europeo quanto atteggiarsi a Dio, sebbene nell’universo sia come un topo in trappola. Per dimostrare la sua divinità, ha dichiarato che tutti i mondi che stanno sopra di noi sono vuoti, senza Dio e senza esseri viventi. Egli a qualsiasi costo vuole soggiogare la natura, per cui ha organizzato una campagna sistematica contro la natura ed a tale campagna ha dato il nome di cultura. In quest’opera ha impegnato la sua filosofia e la sua scienza, la sua religione e la sua etica, la sua politica e la sua tecnica. Ed è riuscito a levigare un pezzettino della crosta della materia, ma non l’ha trasformata. Lottando con la materia, l’uomo non è riuscito a renderla umana, ma essa è riuscita a limitarlo ed a renderlo superficiale, a ridurlo a materia. Ed egli, circondato da essa, si riconosce in essa.

         Sapete chi ha vinto? – L’ironia, poiché la cultura ha reso l’uomo schiavo della materia, delle cose. È una verità evidente: l’Europeo è schiavo delle cose, non è loro dio. Davanti a loro devotamente s’inchina, lui che si dice Dio, cioè davanti agli idoli che si è costruito. Nella lotta contro tutto ciò che è soprannaturale, con le conquiste della cultura ha sostituito tutte le aspirazioni che superavano la materia; ha barattato il Cielo, l’anima, l’immortalità, l’eternità, Dio vivo e vero. Ed ha trasformato in Dio la cultura. Giacché su questo pianeta oscuro l’uomo non può resistere senza un qualsiasi dio, sia pure un dio falso. Questa è la fatale ironia di un uomo siffatto.

         Non i siete resi conto che l’Europeo, nella sua mania per la cultura, ha trasformato l’Europa in una fabbrica di idoli? Praticamente ogni frutto della cultura è diventato un idolo. Perciò questa nostra è un’epoca dedita principalmente all’idolatria. Nessun continente è così invaso dagli idoli come l’Europa contemporanea. In nessun luogo ci si genuflette di fronte alle cose ed in nessuna parte del mondo non si vive così per le cose come in Europa. È questa la peggiore specie dell’idolatria, poiché ci si genuflette di fronte all’argilla. Forse che l’uomo non adora la fulva argilla, quando con tutte le sue forze ama ciò che è terreno, il suo corpo fatto di terra e tenacemente afferma: Sono corpo e solo corpo! Forse che l’Europeo non si prostra di fronte alla fulva argilla quando proclama come ideale una classe sociale, la nazione o l’umanità?

          Non c’è dubbio, l’Europa non soffre d’ateismo, ma di politicismo; non soffre per la mancanza di dei, ma perché ne ha moltissimi. Dopo aver perduto il vero Dio, essa ha voluto saziare la sua fame di Dio con la creazione di molti falsi dei, idoli. S’è creata idoli fondandosi sulla scienza e sulle sue ipotesi; partendo dalla tecnica e dalle sue invenzioni, s’è creata idoli; s’è formata idoli dalla politica e dai suoi partiti, ed anche dalla moda ha ricavato idoli. Ed in mezzo a tutti gli idoli dell’universo ha eretto il trono dell’egoismo dell’uomo europeo, dell’europeo Dalai-Lama.

         Sostanzialmente la cultura europea è un feticismo degenerato, un feticismo in edizione europea, in costume europeo. “La ghiottoneria delle cose” è la caratteristica principale dell’Europeo. Ma la metafisica della cultura europea si manifesta praticamente in un’etica feticista. Il feticismo degli antichi pagani aveva come tratto distintivo il cannibalismo. Forse che il nuovo feticismo europeo non ha pure come caratteristica il cannibalismo, soltanto mascherato, un cannibalismo culturale? La cultura europea non h proclamato per bocca della sua scienza quale fondamentale principio della vita la lotta per la sopravvivenza? E che cos’è questa se non un invito al cannibalismo? Non significa forse: Uomo, lotta per la tua sopravvivenza con tutti i mezzi; lotta, se è necessario, anche divorando il tuo prossimo! Quel che conta è mantenersi in vita! Il modo non interessa, poiché non rientra nel controllo della coscienza. La vita è un uccello, in cui il più forte è in diritto di uccidere l più debole. E per di più: i deboli sono materiale per i forti. Poiché non c’è né Dio né l’immortalità, all’uomo è lecito tutto pur di sopravvivere. È ammesso il peccato, il male, il crimine. La scienza positivista ha dichiarato: tutto ciò che accade, è frutto di leggi naturali. Nella natura esiste una legge suprema, quella della necessità. Essa domina sugli uomini e su tutti i loro pensieri, sui loro sentimenti, sulle loro tendenze e sul loro modo di agire. Quando peccano, gli uomini peccano per necessità naturale. Non è da meravigliarsi, poiché il peccato è tale davanti a Dio. Se non c’è Dio, non c’è neppure il peccato, non c’è il male, né ci sono criminali.

         Il nichilismo metafisico della cultura europea, espresso dal principio “Non c’è Dio”, doveva manifestarsi come nichilismo pratico, la cui massima è: “Non c’è peccato, tutto è lecito”. Con la sua filosofia e con la sua scienza, con la sua tecnica e con la sua politica, la cultura europea esclude sistematicamente dall’uomo tutto ciò che è immortale ed eterno, abilmente paralizza in lui il senso dell’immortalità, gli rimpicciolisce l’anima, finché alla fine non la riduce al nulla.

         Bisogna liberarsi da Dio, questa è l’aspirazione esplicita o segreta di molti artefici della cultura europea. A questo scopo essi operano attraverso l’Umanesimo ed il Rinascimento, per mezzo del naturalismo del Rousseau e la “Scapigliatura” romantica, attraverso il Positivismo e l’agnosticismo, tramite il razionalismo ed il volontarismo. Ed i più audaci tra loro hanno formulato la parola d’ordine: Bisogna uccidere Dio! Ed infine il più conseguente artefice ed il più confessore della cultura europea, il Nietzsche, ha annunciato la notizia: Dio è morto!

         Quando non c’è né un Dio eterno, né un’anima immortale, viene meno ogni assoluto, ogni valore fondamentale, ne consegue che tutto è relativo, transeunte, mortale. Ed invero sono stati esclusi tutti i valori assoluti ed al loro posto dominano quelli relativi. Non c’è dubbio, il relativismo è la logica, l’essenza, l’anima dell’Umanesimo. La teoria della relatività di Einstein è il risultato definitivo e collettivo dell’Umanesimo e di tutte le sue divagazioni filosofiche, scientifiche, tecniche e politiche. Ma, in ultima analisi, l’Umanesimo altro non è che nichilismo…

         L’Umanesimo non poteva non svilupparsi nel nichilismo. Forse che l’uomo non può non diventare nichilista quando non riconosce nessun valore assoluto? Procedete a rigore di logica sino al fondo e sarete costretti a giungere alla conclusione che il relativismo è padre dell’anarchia. Poiché tutti gli esseri sono relativi, nessuno di loro ha il diritto d’imporsi agli altri. In base a quale principio, amico mio, la tua verità può avere il sopravvento sulla mia, se entrambe sono relative? Poiché nel mondo dell’uomo non c’è nulla d’assoluto, non esiste neppure una gerarchia degli esseri né dei valori: esiste solo l’anarchia.

         È un fatto indubbio che il nichilismo e l’anarchia sono la conseguenza logica della cultura europea, l’inevitabile forma definitiva dell’Umanesimo e del relativismo europei. L’umanesimo inevitabilmente si evolve nell’ateismo, passa attraverso l’anarchia e finisce nel nichilismo. Se qualcuno oggi è ateo, ed è coerente, domani sarà anche anarchico e dopodomani nichilista. E se qualcuno è nichilista, sappia che a questa posizione è giunto attraverso l’Umanesimo e l’ateismo.

         Che rimane dell’uomo, allorché dal suo corpo si togli l’anima? Un cadavere. Che rimane dell’Europa quando dal suo corpo si toglie Dio? Un cadavere. Hanno cacciato Dio dall’universo e questo si è trasformato in un enorme cadavere. A che si riduce l’uomo che nega l’esistenza dell’anima in sé stesso e nel mondo che lo circonda? A null’altro che a creta informe, ad una cassa da morto di creta che cammina. Il risultato è terribile: affascinato dalle cose, l’Europeo è divenuto egli stesso una cosa. La personalità non è tenuta in nessun conto ed è distrutta; è rimasto l’uomo = cosa. Non esiste più l’uomo nella sua integrità, immortale, simile a Dio, ma solo le briciole dell’uomo, il suo guscio da cui è stato cacciato lo spirito immortale. Certamente il guscio è curato, pulito, ma resta sempre un guscio. La cultura europea ha privato l’uomo dell’anima, l’ha reso artificioso, lo ha meccanizzato. Essa sembra simile ad una macchina mostruosa che inghiotte gli uomini e li trasforma in cose. Il finale è luttuoso e tragico: l’uomo ridotto ad una cosa senza anima tra cose inanimate.
 

 *   *   *
 

         Questa è, nelle sue linee generali la cultura dell’uomo Europeo. E qual è quella dell’uomo secondo S. Sava[1]? Essa si fonda esclusivamente sulla figura del Dio-Uomo, del Cristo. Dio s’è fatto uomo per elevare l’uomo al livello divino. Sono questi i limiti estremi entro i quali vive la cultura ortodossa. Il suo motto è: il Dio-Uomo sia sempre il primo in tutto, sia tutto in tutto. Non solo Dio, né solo l’uomo, ma il Dio-Uomo. In lui è personificata ed è realizzata la più intima unità di Dio con l’uomo: in lui né Dio si abbassa in favore dell’uomo, né quest’ultimo a vantaggio di Dio. In lui si realizza l’equilibrio ideale tra Dio e l’uomo. Quest’ultimo raggiunge la pienezza e la perfezione della sua persona nell’unione con il Dio-Uomo. La divino-umanità è l’unica categoria attraverso cui si manifesta tutta la complessità della cultura ortodossa. Si comincia con il Dio-Uomo e si finisce con l’uomo ideale, integrale, divino-umanizzato. Al centro di tutti i mondi è il Dio-Uomo, il Cristo: egli è l’asse attraverso il quale si muovono tutti i mondi, quelli superiori e quelli inferiori. Egli è il centro misterioso delle anime, verso il quale gravitano tutte le anime, affamate dell’eterna Verità e Vita. Egli è il programma e la fonte di tutte le forze creatrici della cultura ortodossa. In essa Dio opera, l’uomo collabora; Dio crea con l’uomo, l’uomo crea con Dio; in essa continua la creatività divina e la continua l’uomo. Perciò l’uomo offre di sé tutto ciò che è divino, lo pone in atto, nella creatività, nella vita. Ed in questa creatività , tutto ciò che è divino, non solo nell’uomo, ma anche nel mondo attorno all’uomo, giunge all’espressione, all’azione; tutto ciò che è divino opera, tutto ciò che è umano collabora. Ma, affinché l’uomo possa collaborare con successo con Dio, deve abituarsi a pensare secondo Dio, a sentire secondo Dio, a creare secondo Dio. E tutto ciò ci svela il fine della cultura ortodossa.

         Qual è questo fine? Esso consiste nell’introdurre quanto è più possibile di divino nell’uomo e di realizzarlo in sé e nel mondo che lo circonda. In altre parole: egli deve incarnare Dio in sé e nel mondo. Perciò la cultura ortodossa consiste nel culto del Cristo nostro Dio, e nel servizio del Cristo nostro Dio. In realtà la cultura ortodossa è un incessante servizio del Cristo, è un’incessante liturgia: l’uomo serve Dio attraverso sé e tutta la creazione attorno a lui. Sistematicamente e secondo un piano ben determinato egli porta Dio e ciò che è divino in ogni momento della sua vita, nella sua creatività; risveglia tutto ciò che è divino nella natura che lo circonda, affinché tutta la natura servi Dio sotto la guida dell’uomo che aspira al Cristo. Così tutta la creazione partecipa alla comune liturgia. Giacché la natura serve l’uomo, che a sua volta serve Dio.

         La cultura secondo il Dio-Uomo trasfigura l’uomo dall’interno, procede dall’interno all’esterno. Il corpo è gemello dell’anima, un gemello che vive per l’anima, si muove ed esiste. Toglietegli l’anima, che ne rimane se non un puzzolente cadavere? Il Dio-Uomo trasfigura dapprima l’anima e poi il corpo. L’anima trasfigurata trasfigura il corpo, la materia.

         Lo scopo della cultura Divino-Umana consiste nel trasfigurare non solo l’uomo e l’umanità, ma per mezzo loro tutta la natura. Ma come si raggiunge questo fine? Solo con mezzi divino-umani. Tali sono le virtù evangeliche: la fede e l’amore, la speranza e la preghiera, il digiuno e l’umiltà, la mitezza e la misericordia, l’amore di Dio e del prossimo. Con la pratica di queste virtù si costruisce la cultura divino-umana, ortodossa. Mettendola in pratica l’uomo trasforma la sua anima, da brutta la rende bella, da tenebrosa luminosa, da peccatrice santa, da simile alle tenebre a Cristoconforme. E così trasforma il corpo in una cornice in cui inquadra la sua anima Cristoconforme. Con l’esercizio delle virtù evangeliche, l’uomo acquista il potere su di sé e sulla natura che lo circonda. Allontanando da sé il peccato e da tutto ciò che gli è vicino, allontana anche la forza bruta e distruttrice, trasfigura completamente se stesso ed il mondo, rende mite la natura in sé ed attorno a sé. I Santi ci offrono il miglior esempio di ciò: santificandosi e trasfigurandosi con la pratica delle virtù evangeliche, santificano e trasfigurano la natura che è attorno a loro. Numerosi sono i santi a cui hanno obbedito le fiere, che con la loro presenza hanno ammansito i leoni, gli orsi ed i lupi. Il loro modo di trattare la natura è determinato dalla preghiera, è mite, compassionevole, tenero, non è duro, selvaggio, ostile.

         Non un’imposizione dall’esterno, violenta, meccanica, ma l’accoglimento interiore, volontario e personale del Signore assieme all’incessante pratica delle virtù cristiane crea il regno di Dio sulla terra, forma la cultura ortodossa. Giacché il Regno di Dio non giunge per vie esterne e visibili, ma interiori, spirituali, invisibili. “Il Regno di Dio non viene in modo spettacolare” – ha detto il Salvatore – “Nessuno potrà dire: ‘Eccolo là’, perché il Regno di Dio è già in mezzo a voi” (Luca 17, 20-21), nell’anima creata da Dio a sua somiglianza e santificata dallo Spirito Santo. Infatti “il Regno di Dio è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Romani 14, 17). Sì, nello Spirito Santo, non nello spirito dell’uomo. Esso può essere nello spirito dell’uomo nella misura in cui quest’ultimo diventa partecipe dello Spirito Santo con l’aiuto delle virtù evangeliche. Perciò il primo e più grande comandamento della cultura ortodossa è espresso dalle parole: “Cercate per prima cosa il Regno di Dio e fate le sue volontà e tutto il resto vi sarà dato in più” (Matteo 6, 33). Cioè, vi sarà dato tutto ciò che è necessario per il mantenimento della vita fisica: il cibo, una veste, una casa. Tutto ciò è solo un’aggiunta al Regno di Dio. Invece la cultura dell’Occidente cerca per prima cosa quest’aggiunta. In ciò consiste la sua tragedia, poiché ha rovinato l’anima preoccupandosi di queste cose. Il Signore, che non conobbe peccato, disse una volta per tutte: “Non preoccupatevi di questa vita, del mangiare, del bere o dei vestiti che vi servono per coprirvi… Tutto ciò cercano i pagani, mentre il Padre vostro, che è nei cieli, sa che avete bisogno di tutto questo. Ma cercate per prima cosa il Regno di Dio e fate la sua volontà e tutto il resto vi sarà dato in più” (Matteo 6, 25; 32-33; Luca 12, 22-31).

         Enorme è l’elenco delle necessità che l’uomo contemporaneo assetato com’è, inventa. E per la soddisfazione delle loro numerose ed insensate necessità, gli uomini hanno trasformato quest’aurea stella divina in un macello. Eppure Dio, nel suo amore per gli uomini, da tempo ha svelato ciò “che è necessario” ad ogni uomo ed a tutta l’umanità. Che cos’è? È il Cristo, Dio-Uomo, e tutto ciò che egli porta con sé: la verità divina, la giustizia divina, l’amore divino, la bontà divina e tutte le altre perfezioni divine. Questo è assolutamente necessario all’uomo ed all’umanità, mentre tutte le altre necessità umane, a suo confronto, sono di così poca importanza, da potersi considerare non necessarie.

         Quando chi è ortodosso medita seriamente sul mistero della sua vita e del mondo che gli sta attorno, deve giungere alla conclusione che ciò che è essenzialmente necessario consiste nel rinunciare a tutte le esigenze di questa terra e di seguire con fermezza il Cristo, di unirsi a lui con la pratica delle virtù evangeliche. Se non agisce così, l’uomo rimane spiritualmente sterile, senza alcun significato, senza vita. L’anima gli si asciuga, gli si disperde, gli si spezza ed egli a poco a poco muore, finché non perisce totalmente, senza lasciare traccia di sé. Infatti il Cristo ha detto: “Come il tralcio non può dar frutto da solo, se non rimane unito alla vite, neppure voi potete dare frutto, se non rimanete uniti a me. Io sono la vite. Voi siete i tralci. Se uno rimane unito a me ed io a lui, egli produce molto frutto; senza di me non potete far nulla. Chi non rimane unito a me, sarà gettato via come i tralci, che diventano secchi e che la gente raccoglie per bruciare” (Giovanni 15, 4-6).

         Solo grazie all’unità spirituale ed organica con il Dio-Uomo Gesù Cristo, l’uomo può rendere eterna la sua vita e trasformare in eterno il suo essere. L’uomo, formatosi alla cultura divino-umana, non è mai solo; quando egli pensa, pensa per mezzo del Cristo; allorché agisce, lo fa unito al Cristo; quando prova un sentimento, lo prova assieme al Cristo. In una parola: egli vive incessantemente nel Cristo. Infatti che cos’è l’uomo senza Dio? All’inizio un uomo a metà, alla fine non è più un uomo. Solo nel Dio-Uomo, l’essere umano trova la pienezza e la perfezione del suo essere, trova il suo modello originale, la sua infinità, la sua immortalità ed eternità, il suo valore assoluto. Il Cristo è l’unico tra gli uomini e tutti gli esseri ad aver proclamato l’anima dell’uomo il più grande tesoro di tutti i mondi, di quelli superni ed inferni. “Che vantaggio ha l’uomo” – chiede il Salvatore, il quale mai non rise – “se uno guadagna tutto il mondo e perde la sua anima. O quale riscatto darà l’uomo per l’anima sua?” (Matteo 16, 26).

         Tutti i soli e tutte le stelle dell’universo non valgono quanto una sola anima. Se l’uomo perde la sua anima nei vizi e nei peccati, non la potrà riscattare neppure se diventasse padrone di tutti i sistemi solari… All’uomo in questo caso resta una sola via d’uscita, e non ce n’è altra. Essa è rappresentata dal Dio-Uomo, che è l’unica garanzia per l’anima umana, sicurezza d’immortalità e d’eternità. L’anima non si rassicura con le cose, ma si rende loro schiava. Il Cristo libera l’uomo dalla tirannia delle cose. Sull’uomo del Cristo le cose non hanno alcun potere, mentre egli l’ha su loro. A tutte le cose egli fissa il giusto valore, poiché le stima con il giudizio del Cristo. E poiché per il Cristo l’anima umana ha un valore incomparabilmente più grande di tutte le cose e di tutti gli esseri, chi è ortodosso dedica tutta la sua attenzione, la sua cura all’anima. Giacché la cultura ortodossa è essenzialmente cultura dell’anima.

         L’uomo è grande unicamente per Dio: questa è l’insegna della cultura ortodossa, divino-umana. Senza Dio l’uomo non è altro che una settantina di chilogrammi di creta sanguinosa. Che cosa sono gli uomini senza Dio, se non una tomba? L’Europeo ha condannato a morte sia Dio che l’anima. Ed in tal modo ha condannato a morte anche se stesso, ad una morte, però, dopo la quale non c’è risurrezione. Tirate le somme, sinceramente e spassionatamente, della filosofia europea, della sua scienza, della sua politica, della sua cultura, della sua civiltà, e vedrete che esse hanno ucciso nell’Europeo Dio e l’immortalità dell’anima. Se seriamente considerate la tragicità della storia umana, dovrete ammettere che il deicidio ha sempre come seguito il suicidio. Pensate a Giuda. Egli dapprima uccise Dio, e poi annientò se stesso. È questa la legge che domina sulla storia di questo pianeta.

         L’edificio della cultura europea, costruito senza il Cristo, non può non crollare e crollerà ben presto, lo hanno predetto Dostojevskij, 90 anni or sono, e Gogol’ più di 100 anni fa… E davanti ai nostri occhi si realizzano le profezie dei due profeti Russi. Nel corso di dieci secoli è stata costruita la torre di Babele europea, ed a noi è toccata in sorte la tragica visione: ecco è stata costruita un’enorme nullità! La conseguenza è stata lo scompiglio generale: gli uomini non si comprendono tra loro e così pure le anime ed i popoli. L’uomo s’è levato contro il suo simile, ed il regno contro il regno; un popolo è insorto contro l’altro ed un continente contro l’altro. L’uomo Europeo è stato preso da un fatale capogiro. Sulla cima della sua torre ha posto il superuomo e per mezzo suo voleva completare il suo edificio. Ma il superuomo è impazzito, giunto quasi alla sommità, s’è gettato giù da essa e la torre di conseguenza va in pezzi attraverso guerre e rivoluzioni.

         L’ “Homo Europaeicus” non poteva non impazzire giunto alla fine della sua cultura: l’uccisore di Dio doveva trasformarsi in suicida. Il “Wille zur Macht” (la volontà di potenza) doveva inevitabilmente trasformarsi in “Wille zur Nacht” (volontà della notte). Una notte opprimente si è distesa sull’Europa. Crollano a pezzi gli idoli dell’Europa e non è lontano il giorno in cui non resterà pietra su pietra della cultura europea, che ha costruito città, ma ha distrutto le anime, che ha adornato la creatura, ma ha estinto il Creatore…

         Innamorato dell’Europa, il pensatore Russo Herzen vi visse a lungo, ma alla fine della sua vita, 90 anni fa, scrisse: “Abbastanza a lungo abbiamo studiato l’organismo tarlato dell’Europa; in tutti i suoi strati, dappertutto abbiamo visto il dito della morte… L’Europa si avvicina ad un tremendo cataclisma… Le rivoluzioni politiche falliscono sotto il peso della loro impotenza. Esse hanno concluso grandi opere, ma non hanno raggiunto il loro fine: hanno abbattuto la fede, ma non hanno realizzato la libertà; hanno attizzato desideri, che non sono stati in condizione di realizzare… Io sono il primo ad impallidire e a temere l’oscura notte che si avvicina… Addio, mondo che muori, addio Europa!”.

         Il cielo è vuoto, poiché non c’è Dio in esso, la terra lo è pure, poiché in essa non c’è un’anima immortale. La cultura europea ha trasformato i suoi schiavi in un cimitero. Ed essa stessa è diventata un cimitero. “Voglio andare in Europa” – dichiarava Dostojeskij – “e so che vado in un cimitero”.

         Prima della prima guerra mondiale solo i sensibili profeti Russi hanno previsto il crollo dell’Europa. Dopo quella guerra se ne rendono conto anche alcuni Europei. Il più sincero ed il coraggioso tra loro è indubbiamente lo Spengler, che mise in allarme il mondo con il suo famoso libro “Untergang des Abendlandes” (Il tramonto dell’Occidente). In esso con tutti i mezzi offerti dalla scienza, dalla filosofia, dalla politica, dalla tecnica, dall’arte e dalla religione europee, dimostra che l’Occidente è in decadenza e sta crollando. La cultura europea o faustiana, secondo lo Spengler, è cominciata nel X secolo, ed ora è in sfacelo e crolla, e finirà completamente al termine del XXII secolo. A giudizio dello Spengler, al posto suo subentrerà la cultura di Dostojevskeij, dell’Ortodossia.

         Con tutte le sue invenzioni l’uomo Europeo si estingue. L’amore che egli nutre per sé, è la tomba dalla quale non desidera, e perciò non può, risuscitare. L’amore per la sua intelligenza è la passione fatale che annienta l’umanità occidentale. L’unica salvezza che gli resta – dice Gogol’ – è il Cristo. Ma il mondo, “disseminato da milioni di oggetti luminosi, che gli distraggono l’attenzione in tutte le direzioni, non ha la forza d’incontrare direttamente il Cristo”.

         L’uomo Europeo ha fatto bancarotta di fronte ai problemi fondamentali dell’esistenza: i Dio-Uomo li ha risolti sino all’ultimo. Il primo ha risolto il problema della vita con il nichilismo; il Dio-Uomo con la vita eterna. Per l’Europeo di formazione darwiniano-faustiana è d’imporanza capitale nella vita la conservazione; per il seguace del Cristo il sacrificio di sé stesso. L’uno ordina: “Sacrifica gli altri a te stesso!”; l’altro: “Sacrifica te stesso per gli altri…”. L’Europeo non ha risolto il maledetto problema della morte, il Dio-Uomo l’ha risolto con la risurrezione.
 

*   *   *
 

         A chi ci rivolgeremo: all’uomo di cultura europea o a quello di cultura ortodossa? Se seguiremo il primo, ci trasformeremo in una tarma transeunte, mentre, seguendo il secondo, ci trasfigureremo nel creatore immortale della cultura divino-umana, ortodossa. Praticando le virtù evangeliche, l’uomo si rende non transeunte, eterno. Voi, cari amici, continuate la santa opera di San Sava, voi create una cultura ortodossa, voi formate ed abbellite e l’anima vostra e del vostro popolo. Sapete quando? Quando, seguendo l’insegnamento di San Sava, credete nel Signore Gesù Cristo, quando lo amate come lo amò lui, quando lo pregate secondo il suo esempio, quando digiunate, allorché fate l’elemosina, quando allontanate i peccati dall’anima vostra, quando benedite coloro che vi maledicono, allorché fate del bene a coloro che vi odiano. In una parola: quando mettete in pratica l’Evangelo del Cristo.

         Sapete che cosa significa essere ortodossi secondo gli insegnamenti di San Sava? Vuol dire combattere incessantemente con le passioni ed i peccati in sé e nel mondo attorno a sé. Lotta contro l’avidità di denaro con la povertà; contro la passione carnale con il digiuno e con la preghiera; contro l’ira con la mitezza; contro il demonio combatti con Dio. Quando hai un pensiero puro e santo, sappi che crei la cultura ortodossa secondo l’insegnamento di San Sava. Ogni tuo nobile sentimento, ogni opera da te conclusa secondo i precetti evangelici, ogni tuo buon desiderio sono arricchiti della cultura ortodossa. San Sava è presso di noi Serbi il più grande costruttore della cultura divino-umana, perché nel corso di 20 anni sull’Athos ha trasformato la sua anima con l’ascesi evangelica ed in tal modo ha reso sé stesso la figura più grande, più affascinante e veramente immortale nella storia del nostro popolo. Egli ha aperto alla nostra anima la via che dalla morte conduce all’immortalità, dal tempo all’eternità e questa è la via della cultura del Cristo.

         Non c’è dubbio, i principi e le energie operanti nella cultura europea sono antichissimi. L’Europa s’è servita del Cristo “solo come di un ponte di passaggio dalla barbarie priva d’ogni cultura, ad una barbarie dotata d’una cultura, cioè da una barbarie inesperta ad una esperta” (Nikolaj Velimirovic, Slovo o vsecheloveke, 334). “Uomo, sii superbo e felice!”, raccomanda all’Europeo colui che perfezionò la cultura europea, il Nietzsche. “Umiliati, uomo superbo!”, raccomanda l’apostolo della cultura ortodossa, Dostojevskij. Umiliati, nella tua superbia, davanti all’eterna verità e giustizia del Cristo!

         Trovandoci sulla linea dello spartiacque tra due culture, noi Serbi ci poniamo un bruciante quesito: seguire l’uomo Europeo o il Dio-Uomo? Dalla risposta a questo quesito dipende il destino dell’anima del nostro popolo nel tempo e nell’eternità. Desiderate che l’anima del nostro popolo risplenda di uno splendore che non conosce il tramonto; volete che da transeunte diventi eterna, da umana a divino-umana? Scegliete allora il Dio-Uomo. Se scegliete Lui, che vi possono fare l’uomo, la morte? “Morte dov’è il tuo pungiglione? Inferno, dov’è la tua vittoria?” Se scegliete Lui, vi troverete assieme ai più grandi maestri della cultura ortodossa: San Sava e San Sergio di Radonjez, San Procopio Pcinjski e San Giovanni Rila, San Gabriele Lesnovski e San Serafino di Saròv, Gogol’ e Dostojevskij. E quando sarete con loro, cioè con il Cristo invincibile che essi hanno seguito, nessuno vi potrà vincere né su questa terra né sull’altra e sarete invincibili in tutti i campi di battaglia di tutti i mondi…
 

da “Svetosavlje kao filosofija zivota”, Monaco 1953, 58-74. Trad. A.S.


 

[1] Così traduciamo l’aggettivo serbo “svetosavski”, derivato da Sveti Sava (San Sava), il quale insegnò l’Ortodossia ai Serbi. Sostanzialmente significa “ortodosso”.

 

Pagina iniziale