LEGGENDA LATINA DI SANT’ALESSIO

 

Alessio si dice perché a vuol dire «molto», e lexis vuol dire «parola», e dunque Alessio vuol dire «forte nella parola del Signore»[1].
 

 

 

        Alessio era figlio di Eufemiano, un uomo di altissima nobiltà romana e di grande spicco nella corte imperiale. Il suo seguito era costituito da tremila giovani che portavano cinture d’oro e tuniche di seta. Questo grande funzionario, Eufemiano, era di gran bontà, e ogni giorno faceva tener pronte tre tavole nella sua casa per i poveri, per le vedove, per gli orfani e per i forestieri. Lui stesso serviva instancabilmente, e verso mezzogiorno prendeva anche lui il suo pasto con altri uomini pii, nel timore di Dio. Anche sua moglie, di nome Aglae, aveva la stessa devozione e gli stessi principi. Non avevano però ancora avuto un figlio, ma il Signore esaudì le loro preghiere e lo donò loro; poi decisero di vivere assieme, come prima, nella castità. Il figlio fu avviato agli studi delle arti liberali. Già brillava nelle discipline filosofiche, quando, fattosi ormai un ragazzo, fu scelta una ragazza, anch’essa dell’ambiente di corte, e gli fu data in sposa. Giunta la notte, Alessio si trovò solo con la sua sposa, nell’intimità; Alessio iniziò a istruirla nel timor di Dio e a esortarla al pudore virginale, poi le dette il suo anello d’oro e la linguetta della cintura che portava, e le disse:
        – Prendi tutto questo e conservalo finché a Dio piacerà, e il Signore sia fra di noi.
        Prese parte dei suoi averi e se ne andò sino al mare, e imbarcatosi di nascosto giunse a Laodicea, donde si diresse a Edessa, città della Siria, ove si conserva una immagine di Nostro Signore Gesù Cristo in un lenzuolo, non fatta da mano d’uomo
[2]. Giunto là prese tutte le sostanze che aveva portato con sé, le distribuì ai poveri, prese dei vestiti miseri e si mise con gli altri poveri nell’atrio della chiesa di Maria Madre di Dio. Delle elemosine che riceveva tratteneva per sé quel che poteva bastargli, e distribuiva ai poveri il resto. Il padre, profondamente addolorato per la scomparsa del figlio, mandò i giovani del suo seguito per ogni parte del mondo a cercarlo con la massima cura. Alcuni di essi giunsero a Edessa, ove Alessio li riconobbe, senza che essi riconoscessero lui; dettero a lui, come agli altri poveri, un’elemosina, e Alessio la accolse, ringraziando Dio con queste parole:
        – Ti ringrazio, Signore, perché mi hai fatto ricevere l’elemosina dai miei servi.
        I servi ritornarono e annunciarono al padre che non erano riusciti a trovarlo in nessun luogo. La madre invece dal giorno della scomparsa di Alessio si era messa a giacere su di un sacco sul pavimento della sua stanza, dove vegliava piangendo:
        – Qui resterò sempre in lacrime, finché non riuscirò a riavere mio figlio.



Icona della Theotokos
Acheropita
 

        La moglie diceva alla suocera:
        – Finché non avrò notizie del mio carissimo sposo, resterò qui con te, solitaria come una tortora.


        Dopo diciassette anni che Alessio era rimasto al servizio di Dio nell’atrio di quella chiesa, l’immagine della Vergine
[3] che vi si trovava disse al custode della chiesa:
        – Fai entrare l’uomo di Dio, che è degno del regno dei cieli, e lo spirito di Dio è posato su di lui; la sua preghiera sale come incenso fino al cospetto di Dio.
        Ma il custode non sapeva di chi parlasse, e allora l’immagine della Vergine disse:
        – È quello che sta fuori, seduto nell’atrio.
        Allora il custode uscì in fretta e lo fece entrare in chiesa. La fama di questo fatto si diffuse, e tutti cominciarono a venerarlo; Alessio, che voleva sfuggire alla gloria del mondo, partì in segreto per andare a Laodicea, dove si imbarcò con l’intenzione di raggiungere Tarso di Cilicia: ma per volere di Dio la nave fu spinta dai venti sino al porto di Roma. Vedendo questo Alessio disse tra sé e sé: «Andrò nella casa di mio padre senza farmi riconoscere: non sarò di peso ad altri».
        Vide il padre che stava rientrando al palazzo, con uno stuolo di gente che lo attorniava con deferenza. Lo seguì e gli gridò:
        – Servo di Dio, fammi accogliere nella tua casa: sono povero e forestiero. Fammi nutrire con le briciole della tua mensa, e che Dio possa avere nello stesso modo pietà di te, che sei pellegrino come me.
        Sentite queste parole il padre per amore del figlio lo fece ricevere in casa sua, e gli fece assegnare un luogo tutto per lui; gli faceva mandare del cibo dalla sua propria mensa, affidandolo a un servo particolare. Alessio continuava a pregare e macerava il suo corpo con veglie e digiuni. I servi della casa invece si facevano beffe di lui, e spesso gli versavano sul capo l’acqua delle tinozze, facendogli dispetti, ma lui sopportava tutto. Passò altri diciassette anni nella casa del padre senza essere riconosciuto. Si accorse, per rivelazione, che ormai si faceva vicina la fine della vita, e allora chiese carta e inchiostro e scrisse per ordine tutta la sua vita. La domenica dopo la messa si senti nella chiesa una voce dal cielo che diceva:
        – Venite a me, voi tutti che soffrite e siete gravati: io vi rifocillerò
[4].
        Tutti quelli che udirono la voce, atterriti, caddero proni, ed ecco che la voce parlò di nuovo:
        – Cercate l’uomo di Dio, che preghi per Roma. Lo cercarono, ma senza trovarlo, e la voce parlò una terza volta:
        – Cercatelo nella casa di Eufemiano.

       Ma Eufemiano, quando gli fu chiesto, disse di non saperne nulla. Allora gli imperatori Onorio e Arcadio con il papa Innocenzo andarono alla casa di Eufemiano, e il servo che si occupava di Alessio andò dal padrone e disse:
        – Signore, guarda se non è quel povero forestiero che sta in casa nostra: è un uomo di vita elevata e di gran pazienza.

Scene della vita di S. Alessio (Roma, San Clemente inferiore, fine sec. XI)
 

        Eufemiano allora corse da Alessio, ma lo trovò morto, con il volto raggiante come quello di un angelo; volle prendere la carta che stringeva in mano, ma non riuscì. Raccontò allora l’accaduto agli imperatori e al papa, e quando questi entrarono nel luogo ove si trovava Alessio dissero:
        – Benché noi siamo peccatori, reggiamo tuttavia le sorti del regno, e questi ha nelle sue mani la cura dell’intero gregge. Dacci dunque quella carta, perché possiamo sapere cosa vi è scritto.
        Il papa si avvicinò e prese la carta dalla sua mano, e Alessio la lasciò prendere facilmente. La fece leggere alla presenza del popolo, d’una gran folla e del padre di Alessio. Quando Eufemiano ebbe inteso, subito lo colse un grandissimo dolore, tanto che perse i sensi, venne meno e cadde a terra. Appena cominciò a riprendere i sensi, si stracciò le vesti, e si mise a strapparsi i capelli bianchi e la barba, a straziarsi, e gridava sul corpo del figlio:
        – Figlio mio, figlio mio, perché mi hai dato questa tristezza, e perché mi hai inflitto dolore e pianto per cosi tanti anni? Povero me, che vedo te, il bastone della mia vecchiaia, steso sul letto, e non mi parli! Ah, quando potrò riavere da te consolazione?
        La madre, quando seppe cosa era accaduto, come una leonessa che abbia rotto la rete, stracciate le vesti, con i capelli sciolti alzava oli occhi al cielo. La grande ressa non le permise di giungere sino al corpo santo, ma gridò:
        – Uomini, lasciatemi passare, che possa vedere mio figlio, che veda la consolazione dell’anima mia, quello che succhiò al mio petto! E quando giunse al suo corpo, gli si getto sopra gridando:
        – Ah, figlio mio, luce degli occhi miei, perché l’hai fatto? Perché sei stato così crudele con noi? Ci vedevi, tuo padre e me, povera, che piangevamo e non ti rivelavi a noi. I tuoi servi ti insultavano, e tu sopportavi!
        E ancora e ancora si gettava sul suo corpo, ora abbracciandolo, ora accarezzando e baciando il suo volto d’angelo, e gridando:

Dormizione di Sant’Alessio


        – Piangete con me, tutti voi! L’ho avuto per diciassette anni in casa mia, ed era il mio unico figlio! I servi lo insultavano e lo picchiavano! Ahi, chi darà una fonte di lacrime agli occhi miei perché notte e giorno pianga il dolore dell’anima mia?
        La sposa, indossata la veste del lutto, accorse in lacrime e disse:
        – Ahi, da oggi non ho consolazione, da oggi sono veramente vedova! Ormai non ho più il mio specchio, in cui guardare o verso cui alzare gli occhi: lo specchio è rotto e la speranza è morta. Da ora inizia un dolore che non avrà fine.

        La gente, sentite queste parole, piangeva pietosamente. Il papa e gli imperatori posero il corpo in un feretro di gran pregio e lo portarono attraverso tutta la città, e fu annunziato al popolo che era stato trovato l’uomo di Dio che tutta la città stava cercando, e tutti accorrevano incontro al santo. Se qualche malato toccava quel corpo santissimo, subito era guarito, i ciechi riacquistavano la vista, gli indemoniati erano liberati, e tutti i malati, da qualsiasi male fossero affetti, erano sanati al solo contatto con il corpo del santo. Gli imperatori e il papa, vedendo tutti quei prodigi, portarono essi stessi il feretro, per essere santificati dal corpo santo. Gli Operatori dettero disposizione di spargere una gran quantità d’oro e d’argento per le piazze, perché il popolo si gettasse a raccogliere il denaro e lasciasse spazio per portare il corpo di Alessio sino alla chiesa. Ma la folla non badava al denaro, e sempre più si accalcava per toccare il corpo santo: così con gran fatica riuscirono a portare il feretro fino al tempio di San Bonifacio martire, ove per sette giorni lodando Dio senza sosta costruirono un sepolcro in oro e gemme e pietre preziose, ove deposero il corpo con grande venerazione. Dal sepolcro si diffuse un odore soavissimo, tanto che tutti pensavano che fosse pieno di aromi.
        Morì il 17 luglio
[5] del 398.

Dalla Legenda aurea di Iacopo da Varazze, cap. XCIV;
(edd) A. e L. VITALE BOVARONE,
vol II, 2006; 510-514

  

17 MARZO

Memoria di sant’Alessio, uomo di Dio.

 

Al VESPRO

 

Stichirà prosómia.

Ti conosciamo come uomo di Dio * di nome e di fatto: * hai infatti brillato per le virtù, * avendo avuto come possesso in terra * povertà e angustia senza fine * ed avendo confermato i fedeli con prodigi. * Prega dunque perché siano donate alle anime nostre * la pace e la grande misericordia.

 

Con un amore stillante rugiada, * hai spento ardenti amori carnali, o Alessio, * piamente cambiando un talamo con un altro, * il piacere del corpo * con la divina somiglianza con gli angeli: * insieme a loro supplica * perché siano date alle anime nostre * la pace e la grande misericordia.

 

Rimani sconosciuto, o sapiente, * maltrattato alle porte dei tuoi nobili genitori, * e per lungo tempo sei schernito dai tuoi propri servi. * Ma, morto, ti manifesti con i miracoli che compi, * sanando le malattie * e cacciando gli spiriti impuri.

 

Gioisci, strana novella, * o pura; * gioisci santo albero del paradiso * piantato da Dio; * gioisci, distruzione dei malvagi demoni; * gioisci, spada a due tagli * che recidi la testa del nemico, * col tuo parto strano. * O santissima più che immacolata, * facci ritornare, * fa’ ritornare noi divenuti estranei.

 

Oppure stavrotheotokion

Vedendo, o Cristo, * la tua ingiusta immolazione, * la Vergine piena di dolore a te gridava: * Figlio dolcissimo, * perché muori ingiustamente, * perché sei appeso al legno, * tu che hai sospeso sulle acque * tutta la terra? * Non lasciarmi sola, ti prego, * misericordiosissimo benefattore, * me, tua madre e serva!

 

All’ORTHROS

 

Kondàkion.

Celebrando oggi piamente * la sacratissima festa del felicissimo Alessio, * a lui inneggiamo dicendo: * Gioisci, amabile ornamento dei santi.

 

Ikos.

Chi potrà degnamente esaltare * e sufficientemente celebrare le tue auguste virtù, * o Alessio di mente divina? * La temperanza, la pazienza, * la mitezza, la continenza, * il tuo incessante inneggiare, * il durissimo genere di vita * e la smisurata umiltà? * Divenuto per esse paragonabile agli angeli, * tu sempre intercedi per il mondo intero; * per questo, o santo, * da tutti i fedeli ti senti ora dire: * Gioisci, amabile ornamento dei santi.

 

Sinassario.

Il 17 di questo stesso mese, memoria del nostro santo padre Alessio, l’uomo di Dio.
Per la sua santa intercessione, o Dio, abbi pietà di noi e salvaci. Amen.

 

Exapostilàrion.

Oh prodigio! * Tu a lungo dimori * davanti alle porte dei tuoi genitori, * saldo come acciaio, * senza lasciarti piegare dalla forza della natura, * dagli amari gemiti dei genitori, * o Alessio, * e della consorte.

 

tratto da M. B. ARTIOLI (edd), Antologhion di tutto l’anno, Vol. II, Roma 2000, 1392-1394.

 

 

Immagini:
http://www.oca.org/

http://it.wikipedia.org/wiki/File:Roma,_san_clemente_inferiore,_scene_della_vita_di_sant%27alessio,_fine_XI_secolo.jpg
http://www.allmercifulsavior.com/icons/Icons-Alexis.htm

[1] Aléxios in greco significa “difensore”, “protettore”.

[2] Si tratta del Mandylion, l’icona Acheropita del Salvatore (da molti oggi identificata con la santa sindone) di cui il 16 agosto si celebra la Traslazione da Edessa a Costantinopoli avvenuta nel 944. Il Mandylion fu rubato dai crociati nel sacco di Costantinopoli del 1204.

[3] Secondo la tradizione Alessio nel suo pellegrinare portò con sé fino a Roma questa icona della Panagia; l’antica icona siriana è ancora oggi venerata nella basilica Romana dei santi Bonifacio e Alessio sull’Aventino.

[4] Matteo 11, 28.

[5] La Chiesa Ortodossa lo ricorda il 17 marzo.

 

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