O.O.D.E. -  Orthodox Outlet for Dogmatic Enquiries

 Gruppo Ortodosso di Ricerca Dogmatica)


SERAPHIM ROSE: I Santi Padri della Spiritualità Ortodossa

Parte III. Come non leggere i Santi Padri

Indirizzo:  https://www.teandrico.it/

 

 

È stato detto abbastanza per indicare la serietà e la sobrietà con cui bisogna accostarsi allo studio dei Santi Padri. Ma proprio l’abitudine alla spensieratezza dell’uomo del Novecento, a non prendere sul serio nemmeno gli argomenti più solenni, a “giocare con le idee” – come fanno oggi gli studiosi nelle università – rende necessario guardare più da vicino alcuni errori comuni che sono stati commessi dai cristiani ortodossi nominali nel loro studio o insegnamento dei Santi Padri. Sarà necessario qui citare nomi e pubblicazioni per conoscere con precisione le trappole in cui molti sono già caduti. Questo esame ci permetterà di vedere più chiaramente come non avvicinarci ai Santi Padri.

LA PRIMA TRAPPOLA: il dilettantismo

L’abisso, in cui solitamente cadono i più spensierati tra coloro che sono interessati alla teologia o alla spiritualità ortodossa, è più evidente negli incontri “ecumenici” di vario tipo, conferenze, “ritiri” e simili. Tali incontri sono una specialità della English Fellowship of St. Alban and St. Sergius, come riportato nel loro giornale, Sobornost. Qui possiamo leggere, ad esempio, in un discorso sui Padri del deserto di un presunto sacerdote ortodosso: “I Padri del deserto possono svolgere un ruolo estremamente importante per noi. Possono essere per tutti noi un meraviglioso luogo di incontro ecumenico.” [nota: Archimandrita Demetrius Trakatellis, “St. Neilus on Prayer,” Sobornost, 1966, Winter-Spring, page 84.] Può l’oratore essere così ingenuo da non sapere che il Padre che desidera studiare, come tutti i Santi Padri, rimarrebbe inorridito nell’apprendere che le sue parole vengono usate per insegnare l’arte della preghiera agli eterodossi? È una delle regole di cortesia in tali incontri “ecumenici” che gli eterodossi non siano informati che il primo prerequisito per studiare i Padri è avere la stessa fede dei Padri dell’Ortodossia. Senza questo prerequisito ogni istruzione nella preghiera e nella dottrina spirituale è solo un inganno, un mezzo per intrappolare ulteriormente l’ascoltatore eterodosso nei propri errori. Questo non è giusto nei confronti di chi ascolta, non è serio da parte di chi parla, è esattamente come non intraprendere affatto lo studio o l’insegnamento dei Santi Padri.

Nello stesso periodico si legge di un “pellegrinaggio in Gran Bretagna” nel quale un gruppo di protestanti ha assistito alle funzioni di varie sette e poi ad una liturgia ortodossa, nella quale “il Padre ha tenuto un discorso molto chiaro e illuminante sul tema dell’Eucaristia” (Sobornost,Estate, 1969, pag. 680). Indubbiamente il Padre ha citato i Santi Padri nel suo discorso, ma non ha portato comprensione ai suoi ascoltatori; li ha solo confusi ancora di più permettendo loro di pensare ora che l’Ortodossia sia solo un’altra delle sette che stavano visitando, e che la dottrina ortodossa dell’Eucaristia può aiutarli a comprendere meglio i loro servizi luterani o anglicani. In un resoconto di un “ritiro ecumenico” nello stesso numero (p. 684), troviamo un risultato della predicazione della “teologia ortodossa” in tali condizioni. Dopo aver assistito a una liturgia ortodossa, i partecipanti al ritiro hanno partecipato a un “servizio di comunione battista”, che è stato “una boccata d’aria fresca”. “Particolarmente rinfrescante è stato il piccolo sermone sul tema della gioia della risurrezione. Quelli di noi che conoscono la Chiesa ortodossa hanno trovato la stessa verità espressa lì e siamo stati felici di trovarla anche in un servizio battista”. Gli ortodossi che incoraggiano questo dilettantismo insensibile hanno senza dubbio dimenticato l’ingiunzione scritturale: Non gettate le vostre perle davanti ai porci“.

Ultimamente la stessa Fellowship ha ampliato il suo dilettantismo, seguendo l’ultima moda intellettuale, per includere conferenze sul Sufismo e altre tradizioni religiose non cristiane, che probabilmente arricchiscono la “spiritualità” degli ascoltatori proprio come l’Ortodossia ha fatto per loro fino ad ora.

Lo stesso atteggiamento spirituale corrotto può essere visto, a un livello più sofisticato, nelle “dichiarazioni concordate” che di tanto in tanto escono dalle “consultazioni di teologi”, siano esse ortodosso-cattoliche, ortodosso-anglicane o simili. Queste “dichiarazioni concordate” su argomenti come “l’Eucaristia” o “la natura della Chiesa” sono, ancora una volta, un esercizio di cortesia “ecumenica” che non accenna nemmeno agli eterodossi (supponenso che i “teologi ortodossi” presenti lo sappiano) che, qualunque sia la definizione di tale realtà “concordata”, gli eterodossi, non avendo l’esperienza di vivere nella Chiesa di Cristo, non ne conoscono la realtà. Tali “teologi” non esitano nemmeno a cercare un “accordo” sulla spiritualità stessa laddove, se mai, l’impossibilità di un accordo dovrebbe essere evidente. Coloro che possono credere, come dichiara il “Messaggio” ufficiale del “Simposio ortodosso-cistercense” (Oxford, 1973), che i monaci cattolici, ortodossi e anglicani abbiano una “profonda unità tra di loro, in quanto membri di comunità monastiche provenienti da diverse tradizioni ecclesiali”, sicuramente pensano secondo la saggezza corrotta di questo mondo e le sue mode “ecumeniche”, e non in accordo con la tradizione monastico-spirituale ortodossa, che è rigorosa nella sua insistenza sulla purezza della fede. Lo scopo e il tono mondano di questi “dialoghi” è reso abbastanza chiaro in una relazione sullo stesso Simposio, che indica che questo “dialogo” sta per essere ampliato per includere il monachesimo non cristiano, cosa che permetterà “al nostro comune monachesimo cristiano… di identificarsi in qualche modo reale con il monachesimo del buddismo e dell’induismo” [Diakonia, 1974, n. 4, pag. 380-392]. Per quanto i partecipanti a questo Simposio si immaginino sofisticati, il loro dilettantismo non è affatto superiore a quello dei laici protestanti che si lasciano impressionare tanto dal servizio di comunione battista quanto dalla liturgia ortodossa.

Ancora, si può leggere, in un periodico “ortodosso”, un resoconto di un “Istituto Ecumenico di Spiritualità” (cattolico-protestante-ortodosso) tenutosi al Seminario di San Vladimir a New York nel 1969, dove un discorso fu tenuto dal “professore ortodosso Nicholas Arseniev, di larghe vedute, sulla spiritualità cristiana in Oriente e in Occidente. Un sacerdote ortodosso riporta così il suo intervento: “Una delle affermazioni più sorprendenti del professore è stata che esiste già un’unità cristiana nei santi di tutte le tradizioni cristiane. Sarebbe interessante cercare di elaborare le implicazioni di ciò per una trattazione della divisioni dottrinali e istituzionali che pure esistono chiaramente.”[nota: P. Thomas Hopko, in San Vladimir’s Theological Quarterly , 1969, n. 4, pag. 225, 231]. Le deviazioni dottrinali degli ecumenisti “ortodossi” sono già abbastanza gravi, ma quando si tratta di spiritualità non sembrano esserci limiti di sorta a ciò che si può dire o credere – un’indicazione di quanto remote e vaghe siano diventate la tradizione e l’esperienza della genuina spiritualità ortodossa per i “teologi ortodossi” di oggi. Uno studio vero e serio di “spiritualità comparata” potrebbe sì essere fatto, ma non produrrà mai una “affermazione concordata”. Per fare solo un esempio: il primo esempio di “spiritualità occidentale” citato dal dottor Arseniev e da quasi tutti gli altri è Francesco d’Assisi, che secondo lo standard della spiritualità ortodossa è un classico esempio di monaco che si è smarrito spiritualmente ed è caduto in inganno (prelest ) ed era venerato come santo solo perché l’Occidente era già caduto nell’apostasia e aveva perso lo standard ortodosso di vita spirituale. Nel nostro studio della tradizione spirituale ortodossa in questo libro* sarà necessario sottolineare (per contrasto) proprio dove Francesco e più tardi i “santi” occidentali si smarrirono; per ora è sufficiente indicare che l’atteggiamento che produce tali “istituti ecumenici” e “dichiarazioni concordate” è in fondo lo stesso atteggiamento di dilettantismo frivolo che abbiamo già esaminato più sopra a un livello più popolare.

La causa principale di questo atteggiamento spiritualmente patologico probabilmente non è tanto l’atteggiamento intellettuale sbagliato del relativismo teologico che prevale negli ambienti “ecumenici”, quanto piuttosto qualcosa di più profondo, qualcosa che coinvolge l’intera personalità e il modo di vivere della maggior parte dei “cristiani” oggi. Se ne può intravedere un assaggio nel commento di uno studente ortodosso dell'”Istituto Ecumenico”, sponsorizzato dal Consiglio Mondiale delle Chiese a Bossey, in Svizzera. Parlando del valore “dell’incontro personale con tanti approcci diversi che non avevamo sperimentato prima”, rileva che “le migliori discussioni” (che riguardavano il tema dell'”Evangelizzazione”) “non sono avvenute durante le sessioni plenarie, ma piuttosto quando si è seduti accanto al caminetto a bere un bicchiere di vino. [Trimestrale teologico di San Vladimir , 1969, n. 3, pag. 164] Questa osservazione quasi casuale rivela molto di più della “spensieratezza” della vita contemporanea; indica un intero atteggiamento moderno nei confronti della Chiesa e della sua teologia e pratica. Ma questo ci porta alla seconda insidia fondamentale che dobbiamo evitare nello studio dei Santi Padri.

LA SECONDA TRAPPOLA: “La teologia con la sigaretta”

Non solo gli incontri “ecumenici” possono essere leggeri e frivoli; si può notare esattamente lo stesso tono nei convegni e nei “ritiri” “ortodossi”, e nelle riunioni dei “teologi ortodossi”. I Santi Padri non sono sempre direttamente coinvolti o discussi in tali incontri, ma la consapevolezza dello spirito di tali incontri ci preparerà a comprendere il background che i cristiani ortodossi apparentemente seri portano con sé quando iniziano a studiare spiritualità e teologia.

Una delle più grandi organizzazioni “ortodosse” negli Stati Uniti soni i “Clubs Federati Russo-Ortodossi” (FROC), composti principalmente da membri dell’ex Metropolia russo-americana, che tiene un congresso annuale le cui attività sono abbastanza tipiche dell'”Ortodossia” in America. Il numero di ottobre 1973 del Russian Catholic Journal è dedicato alla Convenzione del 1973, in cui il vescovo Dimitry di Hartford ha detto ai delegati: “Quello che vedo qui, e lo dico in tutta sincerità, è che il FROC è potenzialmente la più grande forza spirituale in tutta l’ortodossia americana” (p. 18). È vero che al Congresso partecipa un certo numero di ecclesiastici, di solito compreso il metropolita Ireney, che ci sono servizi religiosi giornalieri e che c’è sempre un seminario su un argomento religioso. Significativamente, durante il seminario di quest’anno (intitolato, nello spirito degli “ortodossi americani”, “Cosa? Ancora Digiuno?”), “sono sorte domande sull’osservanza del sabato sera come periodo di preparazione alla domenica. I conflitti sorgono perché gli stili di vita americani hanno reso il sabato sera la ‘notte sociale’ della settimana.” Un prete presente ha dato una risposta ortodossa a questa domanda: «Il sabato sera si raccomanda la partecipazione ai Vespri, la confessione e la serata tranquilla» (p. 28). Ma per gli organizzatori della Convention non c’era ovviamente alcun “conflitto” di sorta: prevedevano (come in ogni Convention) un ballo del sabato sera in pieno “stile di vita americano”, e le altre sere divertimenti simili, incluso un “Teenage Frolic” con un “gruppo Rock and Roll”, un finto casinò “con un ambiente che ricorda Las Vegas” e alcune istruzioni per uomini nell'”arte ‘culturale’ della danza del ventre” (p. 24). Le immagini che accompagnano gli articoli mostrano alcune di queste frivolezze, il che in effetti ci assicura che gli americani “ortodossi” non sono affatto indietro rispetto ai loro connazionali nella ricerca di divertimenti spudoratamente insensati, intervallati da fotografie solenni della Divina Liturgia. Questa miscela di sacro e frivolo è oggi considerata “normale” nell'”Ortodossia americana”; questa organizzazione è (ripetiamo le parole del vescovo) “potenzialmente la più grande forza spirituale di tutta l’ortodossia americana”. Ma quale preparazione spirituale può portare una persona alla Divina Liturgia dopo aver trascorso la sera precedente celebrando lo spirito di questo mondo e aver dedicato molte ore durante il fine settimana a divertimenti del tutto frivoli? Un osservatore sobrio può solo rispondere: tale persona porta con sé lo spirito mondano, la mondanità è l’aria stessa che respira; e quindi per lui l’Ortodossia stessa rientra nello “stile di vita” americano “casual”. Se una persona del genere cominciasse a leggere i Santi Padri, che parlano di un modo di vivere completamente diverso, o li troverebbe del tutto irrilevanti per il suo modo di vivere, oppure sarebbe costretto a distorcere il loro insegnamento per renderlo applicabile al suo modo di vivere.

Consideriamo ora un incontro “ortodosso” più serio, dove vengono effettivamente menzionati i Santi Padri: le “Conferenze” annuali della “Orthodox Campus Commission”. Il numero dell’autunno 1975 della rivista Concern presenta alcune fotografie della Conferenza del 1975, il cui scopo era del tutto “spirituale”: lo stesso spirito “informale”, con giovani donne in pantaloncini corti (che fa vergognare anche la Convenzione FROC!), e il prete che pronuncia un “discorso principale” con la mano in tasca… e in una tale atmosfera i cristiani ortodossi discutono argomenti come “Lo Spirito Santo nella Chiesa ortodossa”. Lo stesso numero di Concern ci offre uno spaccato di ciò che accade nelle menti di queste persone apparentemente “casual”. Una nuova rubrica sulla “liberazione delle donne” (con un titolo così volutamente volgare che non è necessario ripeterlo qui) è curata da una giovane e intelligente convertita: “Quando mi sono convertita all’Ortodossia, ho sentito di essere consapevole della maggior parte dei problemi che si incontravano nella Chiesa. Sapevo dello scandaloso etnicismo che divide la Chiesa, delle liti e delle fazioni che affliggono le parrocchie, dell’ignoranza religiosa…”. L’articolista procede poi a sostenere la “riforma” del tradizionale periodo di quaranta giorni per “riammettere in chiesa” una donna dopo il parto, così come altri atteggiamenti del “vecchio mondo” che questa “illuminata” americana moderna trova “ingiusti”. Forse non ha mai incontrato un autentico ecclesiastico o laico ortodosso che potesse spiegarle il significato o trasmetterle il tono dell’autentico stile di vita ortodosso; forse, se lo incontrasse, non vorrebbe nemmeno capirlo, né comprendere che il peggiore dei “problemi” di un convertito oggi non risiede affatto nell’ambiente ortodosso, facilmente criticabile, ma piuttosto nella mente e nell’atteggiamento dei convertiti stessi. Lo stile di vita che si riflette in Concern non è lo stile di vita ortodosso e il suo stesso tono rende quasi impossibile qualsiasi approccio allo stile di vita ortodosso. Questi periodici e conferenze riflettono la maggioranza dei giovani di oggi, viziati, egocentrici e frivoli, che quando si avvicinano alla religione si aspettano di trovare “spiritualità con comodità”, qualcosa di immediatamente ragionevole per le loro menti immature che sono state stupefatte dalla loro “educazione moderna”. I giovani – e molti ecclesiastici anziani di oggi, essendo stati essi stessi esposti all’atmosfera mondana in cui i giovani crescono – a volte si abbassano a lusingare le facili critiche dei giovani nei confronti dei loro anziani e dei loro “ghetti” ortodossi e nel migliore dei casi tengono impotenti lezioni accademiche su argomenti molto al di sopra delle loro possibilità. A cosa serve parlare a questi giovani di “Deificazione” o “Della via dei santi” (Concern, autunno 1974) – concetti che, certo, sono intellettualmente comprensibili per gli studenti universitari di oggi, ma per i quali sono emotivamente e spiritualmente totalmente impreparati, non conoscendo l’ABC di ciò che significa lottare nella vita ortodossa e separarsi dal proprio background mondano e dalla propria educazione? Senza questa preparazione e formazione all’ABC della vita spirituale e senza la consapevolezza della differenza tra la mondanità e lo stile di vita ortodosso, queste lezioni non possono avere alcun risultato spirituale fruttuoso.

Considerando questo contesto da cui stanno emergendo i giovani cristiani ortodossi di oggi in America (e in tutto il mondo libero), non ci si sorprende di scoprire la generale mancanza di serietà nella maggior parte delle opere – conferenze, articoli, libri – sulla teologia e la spiritualità ortodossa di oggi; e il messaggio anche dei migliori docenti e scrittori del “mainstream” delle giurisdizioni ortodosse di oggi sembra stranamente impotente, senza forza spirituale. Anche a livello più popolare, la vita della parrocchia ortodossa ordinaria dà oggi un’impressione di inerzia spirituale molto simile a quella dei “teologi ortodossi” di oggi. Perché?

L’impotenza dell’Ortodossia così ampiamente espressa e vissuta oggi è senza dubbio essa stessa un prodotto della povertà, della mancanza di serietà della vita contemporanea. L’Ortodossia oggi, con i suoi sacerdoti, teologi e fedeli, è diventata mondana. I giovani che provengono da case confortevoli e accettano o cercano (i “nativi ortodossi” e i “convertiti” si assomigliano in questo senso) una religione che non sia lontana dalla vita soddisfatta che hanno conosciuto; i professori e i docenti il ​​cui ambiente è il mondo accademico dove, notoriamente, nulla è accettato come definitivamente serio, come una questione di vita o di morte; l’atmosfera accademica di mondanità compiaciuta in cui hanno luogo quasi tutti i “ritiri”, le “conferenze” e gli “istituti” – tutti questi fattori si uniscono per produrre un’atmosfera artificiale, da serra, in cui, qualunque cosa venga detta riguardo a esaltate verità o esperienze ortodosse, per il contesto stesso in cui viene detta e in virtù dell’orientamento mondano di chi parla e di chi ascolta, non può colpire le profondità dell’anima e produrre l’impegno profondo che un tempo era normale per i cristiani ortodossi. In contrasto con questa atmosfera da serra, l’educazione ortodossa naturale, la trasmissione naturale dell’Ortodossia stessa, avviene in quello che era accettato come l’ambiente ortodosso naturale: il monastero, dove non solo i novizi ma anche i pii laici vengono istruiti tanto dall’atmosfera di un luogo sacro quanto dalla conversazione con un anziano particolarmente venerato, o la normale parrocchia, se il suo sacerdote è di mentalità “all’antica”, infuocato dall’Ortodossia e talmente desideroso della salvezza del suo gregge da non scusare i loro peccati e le loro abitudini mondane, ma da esortarli sempre a una vita spirituale più elevata; anche la scuola teologica, se di vecchio tipo e non modellata sulle università secolari dell’Occidente, dove c’è la possibilità di entrare in contatto vivo con veri studiosi ortodossi che vivono realmente la loro fede e pensano secondo la “vecchia scuola” di fede e pietà. Ma tutto questo – quello che un tempo era considerato il normale ambiente ortodosso – oggi è disdegnato dai cristiani ortodossi che sono in armonia con l’ambiente artificiale del mondo moderno, e non fa più parte nemmeno dell’esperienza della nuova generazione. Nell’emigrazione russa, i “teologi” della nuova scuola, desiderosi di essere in armonia con la moda intellettuale, di citare l’ultima dottrina cattolica o protestante, di adottare tutto il tono “casual” della vita contemporanea e soprattutto del mondo accademico, sono stati giustamente chiamati “teologi con la sigaretta”. Con altrettanta giustificazione si potrebbero chiamare “teologi davanti a un bicchiere di vino”, o sostenitori della “teologia a stomaco pieno” o della “spiritualità con comodità”. Il loro messaggio non ha forza, perché essi stessi sono completamente di questo mondo e si rivolgono a persone mondane in un’atmosfera mondana: da tutto ciò non derivano imprese ortodosse, ma solo chiacchiere e frasi vuote e pompose.

Un riflesso accurato di questo spirito, a livello popolare, può essere visto in un breve articolo scritto da un importante laico dell’arcidiocesi greca in America e pubblicato nel giornale ufficiale di questa giurisdizione. Evidentemente influenzato dal “revival patristico” che ha colpito l’arcidiocesi greca e il suo seminario alcuni anni fa, questo laico scrive: “La frase ‘stare fermi’ è oggi molto necessaria. È in realtà una parte importante della nostra tradizione ortodossa, ma il mondo veloce in cui viviamo sembra escluderla dai nostri programmi”. Per trovare questo silenzio, egli raccomanda di “cominciare, anche nelle nostre case… A tavola, prima di mangiare, invece di una preghiera recitata, perché non un minuto di preghiera silenziosa e poi recitare insieme il “Padre nostro”? Potremmo sperimentarlo anche nelle nostre parrocchie durante le funzioni. Non c’è bisogno di aggiungere o togliere nulla. Alla fine della funzione basta rinunciare a qualsiasi preghiera udibile, canto o movimento, e stare in silenzio, ognuno di noi pregando per la presenza di Dio nella propria vita. Il silenzio e la disciplina corporea fanno parte della nostra tradizione ortodossa. Nei secoli passati era chiamato, nella Chiesa orientale, “movimento esicasta”… Stare fermi. È un inizio verso il rinnovamento interiore di cui tutti abbiamo bisogno e che dovremmo cercare”. (The Orthodox Observer, 17 settembre 1975, p. 7).

L’autore, ovviamente, ha buone intenzioni, ma, come le stesse chiese ortodosse di oggi, è bloccato nella trappola del pensiero mondano che gli rende impossibile vedere le cose nel normale modo ortodosso. Inutile dire che se si intende leggere i Santi Padri e sottoporsi ad un “risveglio patristico” solo per inserire di tanto in tanto nella propria agenda un momento di silenzio puramente esteriore (che ovviamente viene riempito interiormente con il tono mondano di tutta la vita al di fuori di quel momento!) e inflazionandolo con il nome esaltato di esicasmo – allora è meglio non leggere affatto i Santi Padri, perché questa lettura ci porterà semplicemente a diventare ipocriti e impostori, non più capaci delle organizzazioni giovanili ortodosse di separare il sacro e il frivolo. Per avvicinarsi ai Santi Padri bisogna sforzarsi di uscire da questa atmosfera mondana, dopo averla riconosciuta per quello che è. Una persona che si trova a suo agio nell’atmosfera degli odierni “ritiri…, conferenze” e “istituti” ortodossi non può sentirsi a suo agio nel mondo della genuina spiritualità ortodossa, che ha un “tono” totalmente diverso da quello attuale in queste tipiche espressioni della mondanità “religiosa”. Dobbiamo affrontare una verità dolorosa ma necessaria: una persona che legge seriamente i Santi Padri e che lotta secondo le sue forze (anche se a un livello molto primitivo) per condurre una vita spirituale ortodossa, deve essere al di fuori dei tempi, deve essere estranea all’atmosfera dei movimenti e delle discussioni “religiose” contemporanee, deve sforzarsi consapevolmente di condurre una vita molto diversa da quella riflessa in quasi tutti i libri e i periodici “ortodossi” di oggi. Tutto questo, a dire il vero, è più facile a dirsi che a farsi; ma ci sono alcuni aiuti di carattere generale che possono aiutarci in questa lotta. Su questi torneremo dopo aver esaminato brevemente un’altra insidia da evitare nello studio dei Santi Padri.

LA TERZA TRAPPOLA: “Zelo non secondo conoscenza” (Romani 10,2)

Data l’impotenza e l’insipienza dell'”ortodossia” mondana di oggi, non sorprende che alcuni, anche in mezzo alle organizzazioni “ortodosse” mondane, intravedano il fuoco della vera ortodossia contenuto nei servizi divini e negli scritti patristici e, tenendolo come standard contro coloro che si accontentano di una religione mondana, diventino zelatori della vera vita e della vera fede ortodossa. Di per sé, questo è lodevole; ma nella pratica reale non è così facile sfuggire alle reti della mondanità, e troppo spesso questi zelatori non solo mostrano molti segni della mondanità che desiderano sfuggire, ma sono anche condotti fuori dal regno della tradizione ortodossa in qualcosa di più simile a un settarismo febbrile.

L’esempio più eclatante di questo “zelo non conforme alla conoscenza” si trova nell’attuale movimento “carismatico”. Non è necessario descrivere qui questo movimento. [Una descrizione dettagliata può essere letta in Orthodoxy and the Religion of the Future, St. Herman of Alaska Brotherhood, 1975.] Ogni numero della rivista “carismatica ortodossa”, The Logos, rende sempre più chiaro che i cristiani ortodossi che sono stati attratti da questo movimento non hanno un solido background nell’esperienza del cristianesimo patristico e le loro apologie sono quasi interamente protestanti nel linguaggio e nel tono. The Logos, a dire il vero, cita scritti di San Simeone il Nuovo Teologo e di San Serafino di Sarov sul tema del cristianesimo patristico. Serafino di Sarov sull’acquisizione dello Spirito Santo; ma il contrasto tra questi veri insegnamenti ortodossi sullo Spirito Santo e le esperienze protestanti descritte nella stessa rivista è così evidente che si tratta di due realtà completamente diverse: una, lo Spirito Santo, che viene solo a coloro che lottano nella vera vita ortodossa, ma non (in questi ultimi tempi) in modo spettacolare; e un’altra, lo “spirito religioso ecumenista dei tempi”, che si impossessa proprio di coloro che rinunciano (o non hanno mai conosciuto) lo stile di vita ortodosso “esclusivo” e si “aprono” a una nuova rivelazione accessibile a tutti, indipendentemente dalla setta. Chi studia attentamente i Santi Padri e applica il loro insegnamento alla propria vita sarà in grado di individuare in questo movimento i segni rivelatori dell’inganno spirituale (prelest), e riconoscerà anche le pratiche e i toni poco ortodossi che lo caratterizzano.

Esiste anche una forma abbastanza poco spettacolare di “zelo non secondo conoscenza” che può essere più che un pericolo per il cristiano ortodosso ordinario e serio, perché può portarlo fuori strada nella sua vita spirituale personale senza essere rivelato da nessuno dei segni più evidenti dell’inganno spirituale. Questo è un pericolo soprattutto per i nuovi convertiti, per i novizi nei monasteri e, in una parola, per tutti coloro il cui fanatismo è giovane, in gran parte non testato dall’esperienza e non temperato dalla prudenza.

Questo tipo di zelo è il prodotto dell’unione di due atteggiamenti fondamentali. In primo luogo, c’è l’alto idealismo che è ispirato soprattutto da resoconti di chi ha dimorato nel deserto, delle severe imprese ascetiche, degli stati spirituali elevati. Questo idealismo in sé è buono ed è caratteristico di ogni vero fanatismo per la vita spirituale; ma per essere fruttuosa deve essere temperata dall’esperienza concreta delle difficoltà della lotta spirituale e dall’umiltà che nasce da questa lotta, se è genuina. Senza questo temperamento si perderà il contatto con la realtà della vita spirituale e sarà reso infruttuoso seguendo – per citare ancora le parole del vescovo Ignazio – «un sogno impossibile di una vita perfetta raffigurata in modo vivido e seducente nella sua immaginazione». Per rendere fruttuoso questo idealismo bisogna scoprire come seguire il consiglio del vescovo Ignazio (L’Arena, cap. 10).

In secondo luogo, a questo idealismo ingannevole si aggiunge, soprattutto nella nostra epoca razionalistica, un atteggiamento estremamente critico nei confronti di tutto ciò che non è all’altezza dello standard incredibilmente elevato del novizio. Questa è la causa principale della disillusione che spesso colpisce i convertiti e i novizi dopo che il loro primo entusiasmo per l’Ortodossia o la vita monastica si è affievolito. Questa disillusione è un segno sicuro che il loro approccio alla vita spirituale e alla lettura dei Santi Padri è stato unilaterale, con un’enfasi eccessiva sulla conoscenza astratta che gonfia, e una mancanza di enfasi o totale inconsapevolezza del dolore del cuore che deve accompagnare la lotta spirituale. È il caso del novizio che scopre che la regola del digiuno nel monastero da lui scelto non è all’altezza di quella che ha letto tra i Padri del deserto, o che il Tipico dei servizi divini non è seguito alla lettera, o che il suo padre spirituale ha difetti umani come chiunque altro e non è effettivamente un “anziano portatore di Dio”; ma questo stesso novizio è il primo che crollerebbe in breve tempo sotto una regola di digiuno o con un Tipico inadatto ai nostri giorni spiritualmente deboli, e che trova impossibile offrire al suo padre spirituale la fiducia senza la quale non può essere affatto spiritualmente guidato. Le persone che vivono nel mondo possono trovare esatti parallelismi con questa situazione monastica nei nuovi convertiti nelle parrocchie ortodosse di oggi.

L’insegnamento patristico sul dolore del cuore è uno degli insegnamenti più importanti dei nostri giorni in cui la “conoscenza mentale” è eccessivamente enfatizzata a scapito del corretto sviluppo della vita emotiva e spirituale. Di questo si parlerà negli appositi capitoli di questa Patrologia. La mancanza di questa esperienza essenziale è ciò che soprattutto è responsabile del dilettantismo, della banalità, della mancanza di serietà nello studio ordinario dei Santi Padri oggi; senza di essa non è possibile applicare alla propria vita gli insegnamenti dei Santi Padri. Si può raggiungere il livello più alto di comprensione con la mente dell’insegnamento dei Santi Padri, si possono avere “a portata di mano” citazioni dei Santi Padri su ogni argomento immaginabile, come quelli descritti nei libri patristici, possono anche conoscere perfettamente tutte le insidie ​​in cui è possibile cadere nella vita spirituale – e tuttavia, senza pena di cuore, si può essere un fico sterile, un noioso “esperto di tutto” che è sempre “corretto”, ovvero un esperto in tutte le esperienze “carismatiche” attuali, che non conosce e non può trasmettere il vero spirito dei Santi Padri.

Tutto quanto sopra detto non è affatto un catalogo completo dei modi per non leggere o avvicinarsi ai Santi Padri. Si tratta solo di una serie di accenni sui molti modi in cui è possibile avvicinarsi erroneamente ai Santi Padri, e quindi non trarre alcun beneficio o addirittura subire qualche danno dalla loro lettura. È un tentativo di avvertire il cristiano ortodosso che lo studio dei Santi Padri è una questione seria che non dovrebbe essere presa alla leggera, secondo nessuna delle mode intellettuali dei nostri tempi. Ma questo avvertimento non dovrebbe spaventare il cristiano ortodosso serio. La lettura dei Santi Padri è, infatti, cosa indispensabile per chi tiene alla propria salvezza e desidera realizzarla con timore e tremore; ma bisogna arrivare a questa lettura in modo pratico per sfruttarla al massimo.

Nota finale:

Sembra che questi articoli volessero rappresentare l’inizio di un libro intitolato I Santi Padri della spiritualità ortodossa. Sfortunatamente, questa serie di articoli si è conclusa con questa terza puntata.


Creazione del file:  15-9-2023.

Ultimo aggiornamento: 29-9-2023.

SU