I DEFUNTI SONO SANTIFICATI COME I VIVI DAI DONI DELL’ALTARE

san Nicolas Cabasilas

 

        Questo divino e sacro rito (la Divina Liturgia) risulta doppiamente santificante. In primo luogo per l’intercessione. Infatti i doni offerti, per il solo fatto di essere offerti, santificano coloro che li offrono e coloro per i quali sono offerti e rendono misericordioso Dio nei loro riguardi. In secondo luogo santificano per mezzo della Comunione, poiché sono un vero cibo ed una vera bevanda, secondo la parola del Signore.

        Di queste due maniere la prima è comune ai vivi ed ai morti, poiché il sacrificio si offre per entrambe le categorie. Il secondo modo vale per i soli vivi, poiché i morti non possono né mangiare né bere. Che dunque? Per questa ragione i defunti non beneficeranno di questa santificazione e sono meno avvantaggiati dei vivi? Per nulla. Poiché il Cristo si comunica a loro nel modo che egli sa.

        Ed affinché sia chiaro, consideriamo le cause di questa santificazione per vedere se anche le anime dei defunti non lo abbiano come quelle dei viventi. Quali sono le cause della santificazione? Forse l’avere un corpo, il correre con i piedi per giungere all’altare, il prendere con le mani i santi doni, il riceverli con la bocca, il mangiare ed il bere? Niente affatto. Molti infatti che li ricevono e che così si accostano ai misteri non ricavano alcun beneficio e si allontanano colpevoli d’infiniti mali.

        Ma quali sono le cause della santificazione per quelli che sono santificati? E quali sono le condizioni che il Cristo richiede da noi? La purezza dell’anima, l’amore verso Dio, la fede, il desiderio del sacramento, l’ardore per la comunione, uno slancio ardente ed il correre ad essa assetati. Queste sono le cause da cui deriva questa santificazione e con le quali è necessario che coloro che al Cristo si accostano partecipino di lui e senza le quali è impossibile la santificazione. Ma tutte queste cause non sono corporali, ma dipendono dalla sola anima. Dunque nulla impedisce che le anime dei defunti le possano possedere come quelle dei viventi. Se dunque le anime sono pronte e disposte a ricevere il santo mistero ed il Signore, che santifica e consacra, vuole sempre consacrare e desidera ogni volta offrirsi in comunione, che cosa impedisce la partecipazione? assolutamente nulla.

        Qualcuno potrebbe dire: se uno che vive ha nell’anima i beni che sono stati menzionati e non si accosta al santo mistero, riceverà non di meno la santificazione che proviene da esso? Non tutti, ma solo chi non può accostarsi con il corpo, come è il caso delle anime dei defunti. Tali sono anche coloro “che errano per i deserti, per i monti, che stanno nelle grotte e nelle caverne della terra” (Ebrei 11, 28), ai quali è impossibile vedere l’altare ed un sacerdote. A questi il Cristo invisibilmente procurava la santificazione. Da che risulta ciò? Dal fatto che avevano in se stessi la vita; se non l’avessero avuta, non avrebbero partecipato a questo mistero. Infatti il Cristo stesso dice: “Se non mangerete la carne del Figlio dell’Uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita!” (Giovanni 6, 53). E per dimostrare ciò mandò a molti di questi santi gli angeli che portavano i santi doni.

        Se qualcuno, pur potendolo, non si accosta all’altare, a costui non è possibile ricevere la santificazione che deriva dai santi misteri, non solo perché non si è accostato, ma perché non l’ha fatto pur potendo. Perciò è evidente che ha l’anima priva delle qualità necessarie per accostarsi ai Santi misteri. Qual è, infatti, l’impulso ed il desiderio dell’altare da parte di colui che può facilmente accostarsi ad esso e non lo vuole? Che fede in Dio c’è in colui che non teme la minaccia presente nelle parole del Signore, ed in quelli che disprezzano questo banchetto? Come si potrebbe credere all’amore di colui che, sebbene lo possa, non lo riceve?

        Perciò non c’è nulla di strano se le anime che sono prive del corpo e che non si possono accusare di tale malvagità, il Cristo rende partecipi dell’altare. Infatti è strano e soprannaturale se un uomo che vive nella corruzione possa nutrirsi d’un corpo puro, ma che cosa c’è di sorprendente se un’anima per natura immortale partecipa ad un alimento immortale nel modo che le è proprio? E se poi Dio nel suo indicibile amore per gli uomini e nella sua misteriosa sapienza ha trovato il modo di realizzare questo primo fatto strano e soprannaturale, come non si crederà che compia il secondo che è verosimile e conseguente?


Da “Spiegazione della Divina Liturgia”, cap. XLII; trad. A. S.

 

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