I SALMI, PREGHIERA DELLA CHIESA

 

Placide Deseille

 

 

Presentazione

 

Sin dalla Chiesa delle origini, i Salmi hanno costituito il fondamento della preghiera liturgica della Chiesa. Secondo gli Atti degli Apostoli, la Chiesa di Gerusalemme utilizzava i Salmi durante le assemblee; seguendo così l’uso liturgico della sinagoga. Gesù stesso cita parecchie volte versetti dei salmi e prima di lasciare la Camera Alta della Santa Cena, canta con gli apostoli i salmi che, secondo l’usanza, concludevano il pranzo pasquale (cf. Mt 26, 30 e Mc 14, 26).

Il Salterio è la base della Preghiera delle ore, con salmi fissi o invariabili e la lettura del Salterio a singola pagina unica per gli uffici della giornata. Relativamente a questa lettura a singola pagina, i 150 salmi sono divisi in 20 sezioni, ciascuna delle quali comprende tre parti o collocazioni. Le sezioni sono suddivise in differenti uffici, secondo il tempo liturgico e il giorno della settimana.

In diversi salmi che vengono recitati per intero, si trovano versetti salmodici in momenti differenti della Preghiera delle ore e della Divina Liturgia, ad esempio, i prokimena, i versetti degli Alleluia e i canti di comunione sono largamente se non interamente composti da estratti di salmi.

Il salterio è una forma di preghiera facilmente accessibile a tutti. Vi sono rappresentate tutte le forme di preghiera, dalla preghiera di supplica per l’assistenza divina nelle varie circostanze e il pentimento per i propri peccati, al riconoscimento dei doni divini, l’azione di grazie e la lode a Dio.

I salmi non sono testi da leggere – la semplice lettura rischia solo di sfiorare la loro bellezza, la loro saggezza e profondità – ma sono innanzitutto parole con cui pregare. La recita attenta e orante dei salmi ci colloca immediatamente dinanzi al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e ci rivela insieme la promessa verso l’umanità nell’Antico Testamento e il suo adempimento nel Cristo Gesù, così come la missione della Chiesa ed il rapporto tra il cristiano e Dio.

[Il Salterio è il tema di questo Bollettino. Vengono presentati due testi del Padre Placide Deseille, igumeno del Monastero Saint-Antoine-leGrand in Francia, “L’interpretazione cristiana dei salmi” e “Il Salterio, libro di preghiera della Chiesa”, estratti dalla sua introduzione ai salmi “I Salmi: Preghiere della Chiesa” YMCA-Press 1979. Viene proposta anche una classificazione dei temi dei salmi, secondo una lettura cristiana, sempre del Padre Placido. (Gli estratti del libro del Padre Placido sono riprodotti con la sua autorizzazione)]

Oltre alla traduzione del Padre Placido, esistono altre due traduzioni “ortodosse” dei salmi: il salterio dei Monaci di Bois-Aubry, Libro dei salmi (Abbazia Saint Michel de Bois-Aubry, F-37120 Luzé, 1993); e quello di Padre Denis Guillaume (traduttore della maggior parte dei libri liturgici di rito bizantino): Salmi e Cantici (Diaconia Apostolica).

 

 

L’interpretazione cristiana dei Salmi

 

La “rilettura” cristiana della Bibbia

 

Nel commentare la Scrittura lo scopo che si prefiggevano i Padri non era quello di determinare il significato originario dei testi, tenendo conto dello stato delle dottrine al tempo della loro redazione, né di estrapolare il messaggio che contenevano per i contemporanei dei profeti e degli scribi ispirati. In ciò, l’esegesi dei Padri si differenzia profondamente dalla critica storica contemporanea. Certo, sanno che quei testi si inseriscono in una storia, all’occasione ne precisano, soprattutto gli Antiocheni, il Sitz im Leben, la collocazione nella vita dell’antico Israele, e la loro interpretazione non è affatto così ingenua come alcuni sarebbero indotti a pensare. Ma per loro la Bibbia è essenzialmente una parola che Dio rivolge oggi alla Chiesa di Cristo. Questo è il motivo per cui la loro attenzione si rivolge innanzitutto alla reinterpretazione che fattane dagli Apostoli e dalla Chiesa delle origini; in questo solco si collocano i loro commenti[9].

La catechesi dell’età apostolica aveva avuto, in larghissima misura, la forma di una rilettura dell’Antico Testamento alla luce del mistero di Cristo. Gesù stesso ne aveva dato l’esempio: “Voi scrutate le Scritture… Esse rendono testimonianza di me” (Gv 5, 39); “A cominciare da Mosé e passando per tutti profeti, interpretò ad essi in tutte le Scritture ciò che lo riguardava” (Lc 24, 27). Leggendo la Bibbia, tutta la Chiesa dei Padri non fa che rivivere l’esperienza di Luca e di Cleopa: “Non ci ardeva forse il cuore dentro, mentre per strada ci parlava e ci spiegava le Scritture?”.

Per la Chiesa cristiana, la storia del testo biblico non si è conclusa con la fine dell’antica Alleanza; continua a vivere in seno alla comunità credente, resta per essa Parola vivente e operante di Dio; l’esegeta ha il compito di scrutare ed annunciare il senso di questa parola. Tutta la liturgia ortodossa è intessuta di questa reinterpretazione cristiana dell’Antico Testamento.

 

 

I Salmi e Cristo

 

Il Salterio è la sintesi, il condensato, di tutta la Scrittura. La tradizione giudea e la tradizione cristiana ne sono state vivamente consapevoli. Si capisce facilmente che gli interpreti cristiani vi abbiano trovato, come e più che in tutti gli altri libri ispirati, il mistero di Cristo, della Chiesa e dei sacramenti, la sofferenza e la resurrezione spirituale del cristiano, l’annuncio della fine dei tempi. Prima di farne il manuale fondamentale della propria preghiera, la Chiesa ha letto i Salmi nelle assemblee liturgiche come se fossero profezie. Sant’ Atanasio, nella lettera a Marcellino[10] – che è una delle migliori introduzioni alla lettura cristiana dei Salmi – ha compilato una lista (non esaustiva) dei brani più classici in cui la tradizione ha letto delle testimonianze del mistero di Cristo: Quasi ogni salmo richiama i Profeti. Sulla venuta del Salvatore, e che egli verrà come Dio, il salmo 49 così si esprime: Il Signore, il nostro Dio, verrà nel suo splendore e più non tacerà; il salmo 117: Sia benedetto colui che viene nel nome del Signore. Abbiamo benedetto la casa del Signore. Il Signore è Dio ed egli ci è apparso.

Egli è il Verbo del Padre, come lo canta il salmo 107: Mandò il suo Verbo, e li guarì, e li tolse dalla corruzione. Colui che viene è egli stesso Dio e Verbo inviato. Sapendo che questo Verbo è Figlio di Dio, al salmo 44, fa parlare il Padre: Il mio cuore ha effuso un Verbo eccellente; e ancora al salmo 109: Dal mio seno ti ho generato prima della stella del mattino. Chi può dire generato dal Padre, se non il suo Verbo e la sua Sapienza? Sapendo che a lui si rivolgeva il Padre nel dire: Che la luce sia, e il firmamento, e tutte le cose. Il libro dei Salmi contiene anche, al 32° : per mezzo del Verbo del Signore sono stati creati i cieli, e per mezzo dello Spirito tutta la loro potenza.

Non ha ignorato la venuta di Cristo; è anzi il soggetto principale del salmo 44: Il tuo trono, o Dio, è trono eterno; scettro di equità è lo scettro del tuo regno. Hai amato la giustizia, e odiato l’iniquità: per questo il Signore, Dio tuo, ti ha unto con l’olio della letizia, preferendoti ai tuoi compagni.

Al salmo 86, affinché nessuno creda che sia venuto solo in apparenza, mostra che sarà uomo, lui per mezzo del quale tutto è stato creato: La madre Sion dirà: un uomo e un uomo è nato in lei, e lui stesso, l’Altissimo, ne ha posto le fondamenta. Cioè: il Verbo era Dio, tutto è stato fatto per mezzo di lui, e il Verbo si è fatto carne.

Inoltre il Salmista, conoscendo la nascita verginale, non l’ha affatto taciuta, ma subito l’esalta, al salmo 44: Ascolta, figlia mia, guarda e tendi l’orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre; allora il re desidererà la tua bellezza. Analogamente a quanto dice Gabriele: Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te. Dopo averlo chiamato Cristo, mostra pure la sua nascita umana da una vergine quando dice: Ascolta, figlia mia. Gabriele, invece, la chiama col suo nome, Maria, perché egli è estraneo alla sua nascita; David, poiché lei è della sua stirpe, a ragione la chiama figlia sua.

Dopo aver detto che sarebbe stato uomo, i Salmi mostrano naturalmente che sarebbe stato soggetto a soffrire nella sua carne. Il salmo 2 prevede la congiura dei Giudei: Perché le nazioni hanno tremato, e perché queste vane congiure dei popoli?I re della terra si sono levati, ed i principi si sono alleati contro il Signore e contro il suo Cristo. Al salmo 21, il Salvatore stesso fa conoscere il suo genere di morte: Mi hai fatto scendere nella polvere della morte; tanti cani mi hanno circondato; mi ha circondato l’assemblea dei cattivi. Hanno forato le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa. Mi hanno osservato, hanno fissato i loro occhi su di me, si sono divisi le mie vesti, hanno sorteggiato la mia tunica. Forare le sue mani e i suoi piedi, cos’è, se non indicare la sua crocifissione?

A tutti questi insegnamenti, il Salmista aggiunge che non è per lui, ma per noi che il Signore soffre così; sempre nel suo nome, al salmo 87 dice: Su di me si è abbattuta la tua collera, e al 68°: Il debito che non avevo contratto, ho dovuto riscattarlo. Ha sofferto di una morte non dovuta, per noi; la collera eccitata contro noi a causa della trasgressione, l’ha caricata su di lui, che ci dice attraverso Isaia: Ha preso tutte le nostre debolezze; mentre noi stessi esclamavamo nel salmo 137: Il Signore pagherà in cambio per me; e lo Spirito Santo al 71°: Salverà i figli dei poveri, umilierà il calunniatore, perché ha liberato il povero dal potente e l’indigente che nessuno soccorreva.

I Salmi predicono anche la sua ascensione corporale in cielo, al salmo 23: Innalzate le porte, principi; innalzatevi porte eterne, entra il re della gloria; al 46°: Dio è salito tra le acclamazioni, il Signore al suono della tromba. Annunciano che siederà, al salmo 109: Il Signor ha detto al mio Signore: siedi alla mia destra, perché faccia dei tuoi nemici sgabello ai tuoi piedi. Il salmo 9 celebra la sconfitta del diavolo: Ti sei seduto sul trono, tu che giudichi secondo giustizia; hai intimorito le nazioni e l’empio è perito.

Il Salmista non nasconde affatto che Cristo ha ricevuto dal Padre il potere di giudicare; al salmo 71 annuncia la sua venuta come giudice:O Dio, concedi al Re il tuo giudizio, la tua giustizia al figlio del re, perché giudichi i poveri con equità e con giustizia il tuo popolo; al 49°: Chiamerà le altezze del cielo e la terra per giudicare il suo popolo. I cieli annunceranno la sua giustizia, perché Dio è giudice; all’81° : Dio si è alzato nel consesso del dei; in mezzo a loro, egli giudica gli dei.

Molti salmi ci parlano della vocazione dei Gentili, soprattutto il 46°: Nazioni tutte, battete le mani, acclamate Dio con gridi di gioia; il 71°: Davanti a lui si prostreranno gli Etiopi, morderanno la polvere i suoi nemici; doni gli offriranno i re di Tarsi e le isole, gli recheranno doni i re di Arabia e di Saba, tutti i re della terra l’adoreranno, tutti i popoli lo serviranno.

A parlare del mistero di Cristo non sono soltanto alcuni versi scelti; i Padri vi trovano la chiave nell’insieme del Salterio. Già l’esegesi tradizionale israelita – di cui, precisamente, i Settanta e i Targumin ci tramandano l’eco – aveva percepito che “l’interesse dei mille versetti del Salterio” ruotava attorno al tema centrale della salvezza messianica e alla sua risonanza nella coscienza di ciascun membro del popolo di Dio: “I mistici di Israele poterono leggere così i salmi come l’apocalisse degli sconvolgimenti escatologici e della liberazione messianica. Nella lotta contro la bestia, il Salterio costituiva una riserva di vere e proprie armi di combattimento; ogni versetto, ogni parola era una spada, e ogni spada aveva il potere di morte sui demoni. Prima del momento della liberazione finale, la giustizia doveva familiarizzare con la potenza delle parole, come guerriero che si prepara alla guerra, per trovare nell’esplosione dei fuochi mistici della parola il conforto dell’anima …….Il Salterio è dunque il memoriale della storia di Israele, il libro della liberazione universale. Ogni salmo vi è concepito come un atto ed illustrazione di un dramma che comincia nei primi giorni della creazione, si svolge nell’esilio e nel calvario della storia e finisce con la gloria della parusia. Luogo della scena è l’intero universo: i cieli, la terra, gli abissi e l’inferno; tempo ne è l’eternità e l’azione si svolge dall’inizio alla fine del mondo……I due attori di questo duello, che si affrontano dall’inizio alla fine, al confine tra la vita e la morte, sono l’Innocente e il Ribelle,”[11].

Basta aprire il libro dei Salmi per constatare che è fatto di canti di combattimento, di invocazioni di angoscia e di canti di fiducia nella prova, e di cantici di trionfo. Quest’atmosfera guerriera corrisponde bene alla visione patristica della Redenzione, concepita meno come un’espiazione del peccato (benché questo motivo non sia affatto assente) e più come lotta vittoriosa del Verbo incarnato contro Satana e tutte le potenze del male.

Per questo sarà facile per il cristiano che prega con i salmi, riconoscere, nel popolo di Israele o nel giusto che in essi vengono rappresentati, Cristo, la Chiesa o il singolo cristiano, chiamato a rivivere tutta la lotta redentrice; gli attacchi dei nemici, le prove e le colpe che gravano sul popolo o sul salmista, sono gli assalti dei demoni e di tutte le forze malvagie contro le quali Cristo e, in lui, i suoi, devono lottare. Mentre i canti di vittoria e di lode diventano cantici che celebrano la Resurrezione e il Regno di Cristo, l’instaurazione della Chiesa, le resurrezioni spirituali del cristiano e la resurrezione universale della creazione nella Parusia. Gerusalemme è la Chiesa; la terra promessa e i suoi beni sono i doni spirituali del Nuovo Testamento e le ricompense escatologiche; la Legge divina diventa la Legge nuova promulgata da Cristo e scritta nei nostri cuori dallo Spirito-Santo.

 

 

Il Salterio, libro di preghiere della Chiesa

 

Alla luce dell’interpretazione già suggerita dal Nuovo Testamento e che i Padri hanno sviluppato, ogni salmo può essere considerato sia come una profezia che parla di Cristo, sia come una preghiera che Cristo rivolge al Padre, sia come una preghiera che la Chiesa o il fedele rivolge a Cristo; questi aspetti, invero spesso, interferiscono e si accavallano. Era dunque normale che il Salterio divenisse il libro di preghiere per eccellenza della Chiesa[12].

 

 

La recita ininterrotta del Salterio

 

La tradizione ci mette in presenza di diversi modi di utilizzare i salmi: recita ininterrotta del Salterio; scelta di alcuni salmi; scelta di versetti adatti a circostanze particolari. La prima consiste in una lettura o recita dei salmi, seguendo il loro ordine numerico. È il tipo di recita previsto nelle regole di sticologia dei salmi all’ufficio. Questa recita ininterrotta veniva utilizzata nella preghiera solitaria, e numerose testimonianze ci mostrano uomini di Dio che consacravano gran parte delle loro notti o dei loro giorni a questa lettura del Salterio. Una fra le più suggestive ci è data dal Discorso sull’Abate Filemone, che si trova nella Filocalia: “Ecco qual era la liturgia del santo vegliardo Filemone: la notte, salmodiava tranquillamente tutto il Salterio con i cantici e recitava una pericope del Vangelo. Per il tempo rimanente stava seduto, dicendo tra sé e sé: Signore, abbi pietà! E questo per così tanto fino a non poterlo più pronunciare. Il resto lo concedeva al sonno, ma, all’ albeggiare, salmodiava Primo, poi si sedeva sulla sedia, rivolto ad Oriente, ora salmodiando, ora ripetendo a memoria un brano dell’Apostolo (le Epistole) e del Vangelo. Faceva così tutti i giorni, salmodiando e pregando incessantemente nutrendosi della contemplazione delle cose celesti, al punto che il suo spirito era spesso elevato nella contemplazione e non avrebbe potuto dire se fosse ancora sulla terra…… Un giorno, un frate gli chiese: ‘ perché, Padre, trovi tanta dolcezza nel Salterio, più che in ogni altra Scrittura divina, e perché, recitandolo tranquillamente, parli come se fossi in conversazione con qualcuno?’ Quello gli rispose: ‘ Ti dico, figlio mio, Dio ha impresso la forza dei salmi nella mia povera anima, come avvenne per il profeta David. Non mi potrò più separare dalla dolcezza delle multiformi contemplazioni che vi si trovano. Perché i Salmi contengono tutta la divina Scrittura’[13].

Questa lettura ininterrotta del Salterio ha le sue radici nella stessa tradizione giudaica, che aveva riconosciuto che il raggruppamento e l’ordine dei salmi, lungi dall’essere arbitrario, seguiva una progressione molto rigorosa: “Il primo libro è quasi interamente dedicato a descriverci le peripezie della guerra che il Reprobo scaglia contro il Giusto……. L’accento dominante è quello dei dolori……. Il secondo libro ci introduce in un universo dominato da accenti più sereni. Non più il dramma della guerra contro il reprobo, ma quello degli esili dell’anima……. I 17 salmi del terzo libro costituiscono la collezione mediana, l’asse ruotante del Salterio. È una densa, statica, implacabile meditazione del passato nell’attesa dei fini ultimi…Il giusto attinge nella storia i motivi della sua invincibile speranza……. Con il quarto libro, il culmine dei sacrifici sembra superato; penetriamo nella gioia pura della potenza del Signore. La gloria di Dio, la sua sublimità, il suo Regno vittorioso…, sono questi i temi della stupenda serie 90-101……. Il quinto libro ci fa scalare le ultime cime della montagna santa”[14].

Sant’Ilario di Poitiers, soffermandosi sulla divisione dei 150 salmi in tre serie di 50, afferma che tutte tendono allo stesso fine, fare conoscere Cristo e la sua opera di salvezza; ma ciascuna ha un proprio carattere particolare: la prima mira al nostro riscatto dal peccato; la seconda insegna la guarigione attraverso la pratica delle virtù; la terza fa presagire l’esaltazione dell’uomo dopo la morte[15].

San Gregorio di Nissa, che segue la divisione in cinque libri, vede nell’ordine dei salmi “ una concatenazione significativa, akolouthia, con cui, dal salmo 1 al salmo 150, siamo condotti per mano dall’inizio della vita spirituale fino alla sommità, la partecipazione alla beatitudine in senso assoluto, quella di Dio stesso. Meglio, la divisione tradizionale del Salterio in cinque parti struttura in cinque gradi distinti quell’ascensione progressiva verso la beatitudine”[16]. Stabilire simili corrispondenze, scendendo nel dettaglio, comporta inevitabilmente certi artifici, ma è innegabile che la semplice lettura ininterrotta del Salterio rende facilmente sensibile una progressione che, nell’insieme, corrisponde al movimento che i Padri vi hanno intravisto.

 

 

L’uso dei salmi e dei versetti scelti

 

La recita ininterrotta del Salterio presume, se deve essere fruttuosa, una conoscenza approfondita della Scrittura, da sempre appannaggio dei monaci e dei cristiani più ferventi e formati. Per questo, nella liturgia delle chiese secolari, si faceva ricorso più volentieri a salmi scelti in funzione dell’ora o delle feste liturgiche – per esempio i salmi 148, 149 e 150 all’ufficio del mattino, il salmo 140 in quello della sera, il salmo 50 in tante circostanze. La stessa cosa, nella preghiera personale, è possibile scegliere salmi vari, in funzione dei bisogni del momento: Sant’Atanasio, nella lettera a Marcellino già citata, elenca un lungo catalogo dei salmi, classificati per soggetti.

Ancora un altro modo di utilizzare i salmi è quello di usare versetti isolati o gruppi di versetti, sempre in funzione di necessità precise, come nel caso dei libri liturgici, dei versetti, dei responsori, dei prokimena che scaglionano gli uffici. Nella preghiera personale, la scelta dei versetti sarà comandata dai bisogni dell’anima, la natura delle tentazioni da vincere o dei sentimenti da esprimere. A questo proposito, la Vita di Sant’Antonio ci dà un esempio in un certo modo archetipo di questo uso dei salmi: Antonio oppone alla tentazione i versetti del salmo 67, legato dalla tradizione indissolubilmente alla celebrazione pasquale della vittoria di Cristo: Dio si levi, i suoi nemici siano dispersi, davanti al suo volto fuggano quanti lo odiano[17]. Modo significativo di suggerire che nell’asceta è Cristo che rivive il suo trionfo su Satana. L’esempio più sistematico di quest’uso, di cui le vite dei santi danno numerose testimonianze, ce lo offre Evagrio il Pontico – “l’antieretico” – la cui scelta si estende invero ai versetti di tutta la Scrittura.

 

 

I salmi e la preghiera monologica

 

Il ricorso a versetti isolati di salmi ci mette sulla via di ciò che i Padri chiameranno la “preghiera monologica” o preghiera composta di una sola parola, di una sola breve frase, ripetuta molto frequentemente[18]. San Cassiano, il primo ad esporre in maniera particolareggiata la “tradizione segreta” dei Padri del deserto su questo argomento, dà precisamente a questa preghiera come formula un versetto dei salmi, il “Dio, vieni in mio aiuto; Signore affrettati a soccorrermi” del salmo 29. Nell’incessante ripetizione di questo versetto egli vede un meraviglioso strumento di purificazione del cuore e di semplificazione interiore, una sorta di epiclesi divinamente efficace, adatta ad attrarre sull’anima l’effusione gratuita dei doni più alti della contemplazione[19]. Il testo citato prima, sulla vita dell’Abate Filemone, è una testimonianza dell’analogo uso che ha tanto segnato la liturgia ortodossa, quello del Kyrie éleison ripreso all’infinito. Ma il Kyrie éleison non è uno dei leitmotiv del Salterio, se non forse il principale?

In seno all’Ortodossia, tradizioni spirituali differenti potranno mettere l’accento ora sulla salmodia ora sulla preghiera monologica, dove “la preghiera di Gesù” poco a poco è diventata la formula privilegiata. Senza alcun pregiudizio su questa legittima diversità, la regola d’oro su questa materia resta il consiglio di San Giovanni di Gaza: “– Sarà bene affidarsi al ‘Signore Gesù-Cristo, abbi pietà di me ’ o sarà meglio ripetere a memoria brani della Santa Scrittura e recitare Salmi ? – Bisogna fare l’uno e l’altro. Sta scritto infatti: ‘Bisognava fare l’uno senza omettere l’altro’ (Mt 23, 23)[20].

 

 

I Salmi e la “teoria”

 

Per il suo carattere discorsivo, la salmodia appartiene alla prassi, alla fase attiva della vita spirituale. “Noi che siamo imperfetti, dice San Giovanni Climaco, per la nostra preghiera abbiamo bisogno non solo della qualità, ma dell’abbondanza quantitativa delle parole. Quest’ultima in effetti produce quella. È scritto infatti: ‘a colui che prega assiduamente dà una preghiera pura, anche se la sua preghiera è faticosa e inficiata da divagazioni’”[21].

Questa preghiera perseverante, la cui qualità verrà solo dallo sforzo incessante, continuamente messo alla prova e continuamente ripreso, che noi facciamo stando attenti alle parole che pronunciamo, per “racchiudervi il nostro pensiero”, ci incamminerà, a Dio piacendo, verso la “vera preghiera” che lo Spirito-Santo stesso fa scaturire nei nostri cuori[22]. Allora – e solo allora – potrà valere il consiglio di San Gregorio il Sinaita: “Quando vedi che la preghiera opera e si mette in movimento nel tuo cuore senza fermarsi, non bloccarla e non alzarti per cantare i salmi, a meno che, per una disposizione divina, non sia essa a lasciarti per prima. Significherebbe infatti lasciare Dio dentro per parlargli fuori ed allontanarsi dalle sommità verso la terra…”[23].

 

Traduzione dal francese del prof. G. M. – Palermo 2005

Estratti da: I Salmi: Preghiere della Chiesa
dell’Igumeno Placide Deseille
(YMCA-Press, 1979).
Riprodotto con l’autorizzazione del P.Placide

 

 

 

Temi dei Salmi
(numerazione dei Settanta)

 

1. L’ECONOMIA DEL SALUTO

La creazione: 8, 18, 32, 64, 103, 148.
La storia d’Israele: 76, 77, 88, 104, 105.

 

IL CRISTO

Incarnazione: 2, 44, 71, 84, 88, 131, 138.    
Battesimo nel Giordano: 28, 113.                 
Trasfigurazione: 88.                                  
Croce: 4, 73, 98.
Resurrezione (il Signore “si alza”): 8, 15, 29, 64, 75, 109, 114, 117.
Ascensione: 18, 23, 46, 56, 67, 107.             
Signoria universale: 2, 8, 20, 71, 92. 94, 95, 96, 97, 98, 99.
Parusia: 49, 52, 58, 74, 75, 96. 149.
Universalità del saluto: 46, 59, 66, 67, 99, 107, 116.
Il Santo Spirito: 32, 50, 103, 138, 142.        
La Madre di Dio: 44, 45, 86.

Natività: 2, 18, 84, 97, 109.
Tentazione nel deserto: 90.
Passione: 3, 8, 21, 30, 34, 39, 40, 48, 54, 68, 141, 142.
Discesa agli inferi: 23, 87.
Pentecoste: 18, 67.
Redenzione: 39, 48.
La Chiesa: 44, 45, 47, 86, 121, 124, 126, 132, 136.

 

 

2. PREGHIERE E VITA CRISTIANA

 

Supplica
    – nelle prove e la tentazione: 3, 6, 7, 9, 11, 12, 16, 25, 27, 38, 40, 43, 53, 54, 55, 57, 59, 63, 67, 69, 70, 73, 108, 119, 122, 139, 140, 141, 142, 143;
    – nella malattia: 6, 37, 40, 87, 101;
    – nell’esilio: 41, 42, 60, 119, 136;
    – della Chiesa perseguitata: 43, 58, 73, 78, 79, 82, 93, 101, 139.
Penitenza: 6, 24, 31, 37, 50, 101, 129, 142.
Fragilità e grandezza dell’uomo: 8, 89, 101, 138, 143.
Fiducia: 9, 10, 11, 26, 38, 55, 56, 61, 70, 88, 90, 120, 128, 130.
Abbandono a Dio: 4, 22, 61, 90.
Azione di grazie: 17, 29, 33, 64, 65, 75, 102, 103, 106, 110, 112, 114, 115, 123, 134, 135, 137.
Lode: 32, 66, 94 à 99, 116, 133, 134, 135, 143 à 150.
Benedizioni: 66, 113B, 133.
Amore per la legge di Cristo: 1, 18, 118.
Desiderio di Dio: 26, 41, 42, 60, 62, 72, 83, 119, l36.
Prossimità di Dio: 4, 5, 14, 15, 26, 30, 35, 62, 72, 83, 138.
Grandezza di Dio: 8, 23, 28, 46, 47, 94, 138.
Tenerezza di Dio: 22, 26, 33, 35, 62, 76, 80, 85, 144, 145.

 

I SACRAMENTI

 

Battesimo, cresima, eucaristia: 22.
Battesimo: 28, 41.
Eucaristia: 33, 49, 80, 115, 147.
Matrimonio: 127.

 

I SANTI

 

Apostoli: 18, 67.
Martiri: 65, 115.
Confessori: 15, 36, 91, 111, 138.
Vergini: 44.
Sante donne: 127.
Defunti: 50, 118, 129, 142.


 

[9] – Sul ruolo dell’Antico Testamento nella catechesi dei primi secoli, cf. J. Danielou e R. du Charlat, La catéchèse aux premiers siècles, Parigi 1968, precisamente p. 82 ss.

– Sull’interpretazione cristiana dei salmi presso i Padri e nelle liturgie cf. A. Rose, Psaumes et prière chrétienne, Bruges 1965;

idem, “L’influence des Psaumes sur les annonces et les récits de la passion et de la résurrection” dans Le Psautier. Ses origines. Ses problèmes littéraires. Son influence, Louvain, 1962, p. 297-356;

– “L’influence des Septante sur la tradition chrétienne”, dans Questions liturgiques et paroissiales, 1965, p. 192-211; 284-301;

J. Danielou, “Les Psaumes dans la liturgie de l’Ascension” dans La Maison-Dieu, 21 (1950), p.40-56;

– idem, “Le Psaume 2l dans la catéchèse patristique” dans La Maison-Dieu, 49 (1957), p. 17-34;

– idem, “Le Psaume XXII” dans Bible et Liturgie (coll. Lex orandi n. 11), Paris, 1951, p. 240-258;

– idem, “Le Psaume XXII et les étapes de l’initiation” dans Études d’exégèse judéo-chrétienne , Paris, 1966, p. 141-162;

– idem, “Le cœur brisé” ibid. p. 163- 169;

J. Capelle, “Actualité des anciens psautiers latins” dans Revue d’Histoire ecclésiastique, 55 (1960), p. 492-498;

P. Salmon, “De l’interprétation des psaumes dans la liturgie aux origines de l’office” dans L’office divin (Coll. Lex orandi n. 27), Paris, 1959, p. 99 ss.;

J. Leclercq, “Les Psaumes 20-25 chez les commentateurs du Haut Moyen Age”, dans Richesses et déficiences des anciens psautiers latins, Rome, 1959, p. 213-229.

[10] P.G. 27, col. 12 ss.

[11] Les Psaumes, traduits et présentés par A. Chouraqui, Paris, 1956, p. 3-4.

[12] Cf. B. Fischer “Le Christ dans les Psaumes” dans La Maison-Dieu, 28 (1951), p. 86-113; idem, “Les Psaumes, prière chrétienne. Témoignages du 11° siècle”, dans La prière des Heures (Coll. Lex orandi n. 35), Paris, 1963, p. 85-99.

[13] Philokalia tôn hiérôn Neptikôn, Tome 11, Athènes, 1958, p. 243-244

[14] A. Chouraqui, Op. cit., p. 24-29

[15] S. Hilaire de Poitiers, In Psalm. 150, 1 : P.L. 9, 889 A-B, résumé par P. Galtier, op. cit., p. 161.

[16] Cf. M.-J. Rondeau, “Exégèse du Psautier et anabase spirituelle” dans Epektasis, p. 517.

[17] S. Athanase D’Alexandrie, Vie de S. Antoine, 13 ; trad. fr. dans B. Lavaud. Antoine le Grand, Père des moines, Fribourg-Lyon, 1943, p. 22.

[18] Sulla preghiera “monologica”, vedere, inoltre, l’eccellente volumetto di Un Moine de l’Église d’Orient, La prière de Jésus, Chevetogne, 1959, riprodotto in formato tascabile nella collezione Livre de vie.

[19] S. Jean Cassien, Conférence 10, ch. 10-11.

[20] SS. Barsanuphe et Jean de Gaza, Correspondance, trad. L. Regnault, Ph. Lemaire et B. Outtier, Solesmes, 1972, p. 146.

[21] S. Jean Climaque, L’Échelle sainte, XXVIII, 22 ; trad. P. Deseille, Bellefontaine, 1978, p. 293.

[22] Ibid., l6-17; o.c., p. 292-293.

[23] Grégoire Le Sinaïte, in Philokalia tôn Neptikôn, tome 4, Athènes. 1961, p. 82

 

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