Come l’Ortodossia concepisce l’uomo
e l’esperienza di
Dio

Facile spiegazione con schemi riassuntivi

Questa spiegazione dev’essere integrata con quella relativa alla rappresentazione di Dio nell’Ortodossia e nel Cattolicesimo agostiniano-tomista. È infatti importante correlare tra loro le due spiegazioni perché una richiama l’altra. Infatti nel Cristianesimo quando si parla di Dio si richiama necessariamente l’uomo e viceversa. Anche in questa spiegazione si fa un parallelo tra la prospettiva ortodossa patristica e quella cattolica agostiniano-tomista. Tale parallelo aiuta a cogliere le differenze e aiuta a capire perché nel mondo ortodosso si privilegia la spiritualità, l’ascesi e la vita mistica fino alla non curanza degli aspetti intellettuali mentre in quello occidentale cattolico si privilegia la speculazione e il pensiero teologico fino al deprezzamento della spiritualità e della mistica. La spiegazione non si addentra nei particolari per la sua stessa natura divulgativa ma riflette con fedeltà i dati fondamentali.

 

Antropologia e gnoseologia esperienziale patristico-ortodossa

Lo schema a fianco riassume i concetti ortodossi sull’uomo e sull’esperienza che egli può avere di Dio.

L’uomo è composto da tre realtà:

1) Il corpo al quale si collegano i sensi fisici (udito, gusto, tatto, vista, odorato);

2) L’anima alla quale si collega una facoltà raziocinante, centrata nella mente, ossia la possibilità di elaborare i dati colti dai sensi fisici e provenienti dal mondo sensibile;

3) Lo spirito il quale ha una facoltà intellettiva centrata nel cuore ossia nella profondità della realtà umana. Questa facoltà definita dai Padri greci nous è una facoltà deiforme ed è superiore all’insieme psicofisico di tutto l’uomo. Il nous viene scoperto quando, con l’ascesi, si mettono a tacere le passioni che vengono sollecitate dalle fantasie e dalle immagini del mondo sensibile che si affacciano nella ratio. La via conoscitiva proveniente dal mondo sensibile non è disprezzata ma potrebbe creare confusione alla seconda via. Per questo la ratio viene fatta tacere. Nel momento in cui la ratio si svuota emerge questa terza via in modo chiaro e definito. È infatti attraverso l’intelletto che si è manifestata l’esperienza divina dei santi, degli asceti ortodossi e dei Padri della Chiesa. In quest’ottica l’uomo percepisce e conosce Dio attraverso le sue increate energie. Dio, dunque, si fa conoscere direttamente all’uomo non attraverso la ragione dal momento che tale metodo coglierà sempre realtà esteriori non l’intimità dell’essere. Con questa distinzione non è possibile dunque fare confusione tra il Creatore e la creatura perché la conoscenza razionale e l’esperienza divina non coincidono. Mentre il modo razionale può cadere nell’inganno e nell’errore, il modo spirituale-intellettuale no dal momento che presuppone ascesi, purificazione e preghiera, distacco dalle immaginazioni e dalle fantasie. Si comprende dunque il detto dei Padri del deserto quando affermavano che è proprio del demonio confondere l’uomo colpendo la mente mentre di Dio attrarre a se l’uomo colpendogli il cuore [che si badi bene in questo contesto è tutt’altro che il sentimento!!], oppure quello più famoso che dice: “Se vuoi essere teologo prega e se pregherai veramente sarai teologo”. Non si tratta di un semplice esercizio di pietà, di un favore che si chiede a Dio, ma di un severo metodo d’“indagine”.

In questa realtà la luce che Dio invia all’uomo è una luce increata e deriva dalle sue increate energie; è una luce che colpisce l’intimo dell’uomo e può essere vista all’esterno di esso, come nel caso della Trasfigurazione di Cristo sul Monte Tabor. È qualcosa che penetra fortemente tutta l’esistenza e la cambia. Nelle energie di Dio, percepite con chiarezza dai Santi, è possibile leggere la realtà nella sua intimità non in ciò che appare. Questo spiega la capacità di diversi santi padri spirituali di leggere dentro l’animo umano. Si tratta di un processo non irrazionale ma soprarazionale che avviene nella dinamica di un cuore purificato, capace di accogliere Dio in Spirito e verità e, in esso e con esso, amare tutto il creato. Ecco perché, per l’Ortodossia, è necessario amare prima Dio e solo successivamente il prossimo e il mondo. Il primato è dunque dato alla contemplazione per instaurare con tutto il mondo un rapporto non apparente, di dominio e potenza o legato a fini utilitaristici.

 

Antropologia e gnoseologia razionale agostiniano-tomista

Il secondo schema, invece, riassume il concetto di uomo e la conoscenza razionale di Dio all’interno del sistema agostiniano-tomista. L’uomo è concepito come una dualità di anima e di corpo. L’anima ha due facoltà:

1) quella intellettiva, l’intelligentia, (d’ordine superiore) e

2) quella raziocinante, la ratio, (d’ordine inferiore).

Il corpo ha i suoi cinque sensi fisici. Non esiste, dunque, alcuna facoltà deiforme simile al nous perché non esistono le energie divine che lo colpiscono e non è concepibile una divisione mente-cuore. Dio viene scoperto in modo mentale: i sensi fisici colgono dal mondo sensibile alcuni dati che vengono analizzati dalla facoltà intellettiva. L’insieme dei dati vengono astratti mentalmente e da questa astrazione si coglie indirettamente la presenza di Dio. L’uomo, dunque, giunge a Dio attraverso un processo mentale di astrazione mentre, nel caso precedente, attraverso una diretta esperienza nel cuore. Per tale astrazione non è richiesta una purificazione e si può dunque teologare senza necessariamente vivere l’ascesi. La teologia può dunque rimanere metodologicamente separata dalla spiritualità. Si comprende, allora, come la spiritualità sia una materia senza collegamento con la teologia e, in confronto a quest’ultima, abbia un carattere opzionale e di poco conto nell’ambito delle scuole teologiche cattoliche.

In questo pensiero, la luce che Dio invia all’uomo è una luce intellettuale, mentale, creata, attraverso la quale l’uomo comprende meglio e ascende con il ragionamento a Lui. In quest’ottica si assiste al passaggio dalla contemplazione all’analisi della realtà e della fisicità della stessa. Il mondo sensibile e quello naturale, la storia nel suo insieme come qualsiasi sua parte, acquistano un grande valore. Non ha molta importanza pratica il carisma del mistico e dell’asceta nella Chiesa. Così, dal momento che i contemplativi non paiono avere impatto concreto sul mondo, si privilegia la vita attiva e il “fare” con il quale si opera direttamente sulla realtà e sulla materia.

 

Conclusioni

Le conseguenze dovute alla diversa concezione dell’uomo e tra la conoscenza e l’esperienza divina sono abbastanza evidenti ma non possono essere tutte enucleate. Ci si limiterà a citare le principali.

Prima di tutto, con questi presupposti, non è detto che le conclusioni nel primo caso coincidano necessariamente con il secondo. Inoltre, questi modi non sono alternativi e complementari, essendo profondamente diversi. Nella prospettiva agostiniano-tomista il discorso su Dio non potrà che essere logico e piuttosto astratto, nella prospettiva patristica procederà per folgoranti intuizioni e potrà anche essere apparentemente contradditorio dal momento che non segue la pura razionalità ma una “legge” legata alla profondità della vita. È certo che le conclusioni della seconda non possono essere esaminate o “capite” con il metodo della prima per cui per comprendere pienamente gli scritti dei Padri e dei santi asceti è necessario ripercorrere le loro tappe spirituali esistenziali. Senza ciò essi verranno poco o tanto traditi perché inseriti in un quadro che non gli appartiene. Ecco perché leggere tomisticamente o razionalisticamente i Padri della Chiesa è un controsenso. Quest’insieme di considerazioni devono invitare a una grande prudenza gli studiosi e uomini di Chiesa che parlano semplicisticamente d’una fondamentale identità tra il mondo ortodosso e il mondo cristiano occidentale ancora legato ai presupposti agostiniani e tomisti. Si tratta, come si vede, di vie e concezioni molto differenti.

Pubblicato originariamente in: http://digilander.libero.it/ortodossia/antropologia.htm

 

 

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