Carme IV: IL MONDO

 

San Gregorio il Teologo

 

Dai “Carmina Arcana”:

 

 

 

Orsù, celebriamo adesso anche la creazione del sommo Dio, lottando contro certe fallaci dottrine di uomini. Uno solo è Dio, mentre la materia e le forme, che sono state inventate dagli acuti ragionamenti dei Greci[1], e che come Dio dovrebbero essere prive di inizio, non sono che vane fole. Da un lato, quelle venerabili forme che plasmano gli dèi un tempo non esistevano, ma furono create per la volontà del sommo Dio. Dall’altro, chi ha mai visto la materia senza la forma o la forma senza la materia, anche se si è molto sforzato lambiccandosi con la mente? Io stesso, del resto, non ho mai visto un corpo privo di colore o un colore senza corpo. Chi ha distinto quelle sostanze che la natura non ha distinto, ma ha, al contrario, unito? E comunque sia, dividiamole pure: tu osserva insieme con me. Se erano assolutamente separate, come hanno potuto congiungersi? O qual è stato quel mondo che si mantenne continuamente diviso in due parti? O se queste due sostante si sono mescolate, in che modo furono mescolate? Chi le ha mescolate, che non fosse Dio? Se Dio, dunque, è colui che le ha mescolate, allora tu devi anche dire che Dio è il creatore di tutte le cose[2]. Anche il vasaio, quando fa girare la ruota, dà la forma alla massa di creta, così come il fabbro la dà all’oro e lo scultore alle sue pietre. Dovrai pure attribuire a Dio un potere maggiore di quello che attribuisci alla nostra mente, tu che sei sostenitore dell’inesistenza di un principio! Più importante, invece, è la materia, quando è rivestita delle mutevoli forme. Dio fece un cenno col capo, e le cose sussistettero già formate: il pensiero divino è stato il sapiente genitore di tutte le cose. Non è verisimile, infatti, che Dio, come un pittore, facesse emergere una forma da un’altra già esistente, guardando le cose che la sua mente da sola prima non aveva disegnato[3].

Neppur tu, o malvagia tenebra dei manichei, potenza emula della luce suprema, esistevi. Se c’era Dio, non c’erano le tenebre[4]. Non è logico, infatti, contrapporre a Dio il male. Se tu riconosci la tenebra, non riconosci Dio. Non è logico che Dio e le tenebre siano d’accordo, e, se non lo sono ma contrastano tra di loro, la vittoria toccherà al più forte. Se invece sono pari, chi sarà il terzo che li farà andare d’accordo con la sua sapienza e porrà termine alla lotta? E, dal momento che tu hai suscitato una terribile guerra, anche il seguente fallo è assurdo. Una volta che tu hai supposto che vanno d’accordo, devi dimenticarti del loro contrasto. Io sono anima e corpo. L’una è una particella della luce infinita di Dio, l’altro, invece, è stato plasmato secondo te da una radice di tenebra. Quegli elementi che prima erano molto distanti l’uno dall’altro, tu li hai raccolti insieme; se io sono una natura composta di entrambi, pongo fine al contrasto. Se il contrasto è forte e continua, io non sono più composto di entrambi gli elementi. Non ci può essere, infatti, un parto comune di due esseri che contrastano tra di loro, ma solo di esseri che concordano. Ecco l’oscurità dell’errore che è nel tuo cuore. Per me, invece, vi è un solo Dio, privo di inizio, privo di contrasti, una sola mirabile luce, forza delle intelligenze semplici e di quelle composte, che corrono verso l’alto, cioè delle intelligenze celesti e di quelle terrestri[5]. La tenebra, invece, venne per ultima, non era una natura solida e circoscritta; essa non è altro che la nostra malvagità. La malvagità consiste nel violare il precetto divino, così come la notte consiste nel tramonto del sole e la vecchiaia nell’oscurarsi della giovinezza. Il corso del sole verso l’alto ha portato l’inverno che fa rabbrividire. Colui che era il primo tra le luci del cielo[6] distrusse la sua gloria e la sua luce a causa della sua superbia e sempre ha in odio la stirpe dei mortali. Per impulso di quell’omicida, il nostro progenitore gustò il male e la morte stessa, perché con i suoi inganni accese entro di me la fiamma. Questa è la natura del male: esso nacque successivamente, e di esso quello è il padre. La ruggine è la rovina del duro ferro, ma io stesso, uccidendomi con le mie mani, ho seminato la mia rovina, cioè il male, seguendo gli inganni dell’invidioso, a causa del suo stesso consiglio.

O mondo, se tu fossi esistito allorquando c’era la Trinità, saresti stato quasi uguale alla gloria di colui che non ha inizio: per quale motivo, allora, ti hanno così allontanato da Dio quegli uomini che portano in sé lo spirito cristiano e conoscono le cose di Dio, si da contare il numero degli anni ricorrenti (un numero non alto), che sarebbero passati da quando il grande Logos di Dio ti ha creato? E se tu sei stato creato successivamente, consideriamo allora per quale motivo si mosse la divina intelligenza (perché, a mio parere, Dio non sta ozioso e nemmeno è imperfetto) prima che questo universo sussistesse e venisse adornato delle sue varie forme. Nei secoli, vuoti di tutto, il sommo regnatore si muoveva contemplando lo splendore, a lui caro, della sua bellezza, cioè il congiunto, uguale lampeggiare della triplice luce divina, nel modo che è noto a Dio soltanto e a quelli che posseggono Dio. Si muoveva anche a considerare quelle forme del mondo che aveva stabilito nei suoi nobili pensieri l’intelligenza creatrice del mondo, di quel mondo che poi sarebbe esistito, ma che allora era presso a Dio. È alla presenza di Dio tutto quello che poi sarà, quello che già è stato e quello che è ora presente. Il tempo spezza per me le cose in questo modo, nel senso che alcune furono prima e altre saranno dopo: ma per Dio tutte le cose concorrono insieme e sono racchiuse nel seno della grande natura divina[7]. Pertanto ascoltate quello che il mio pensiero ha meditato. L’intelletto era pregno di ogni cosa, e alla fine il parto giunse alla procreazione, al momento opportuno, quando lo rivelò il grande Logos di Dio. Egli volle che sussistesse la natura intellettuale, quella celeste e quella terrestre, perché essa fosse chiaro specchio della prima luce: l’una risplendeva in alto, ministra del dominatore, nel pieno del suo splendore, grande; l’altra, invece, avrebbe avuto la sua gloria qui in terra, facendo sprizzare la fonte della natura divina, affinché Dio regnasse su di un maggior numero di esseri celesti e ad un maggior numero di esseri felici appartenesse la sua luce. Tale è, infatti, per natura il mio re: egli deve donare la felicità. Ma affinché la creatura, avvicinandosi a Dio, non aspirasse a una gloria pari a quella di Dio, e così distruggesse la sua luce e la sua gloria – che il conservare la misura è la cosa migliore, mentre la mancanza di misura è cosa pessima –, per questo motivo il Logos dal profondo pensiero, benevolmente provvedendo a coloro che sarebbero poi nati, collocò lontano dalla Trinità tutte le luci che stanno attorno al seggio di quella e parimenti separò dai cori angelici la natura dei mortali; la natura angelica, è vero, non la allontanò molto da sé, perché si serve del suo ministero, mentre allontanò moltissimo la nostra natura, in quanto noi siamo creati dalla mescolanza del fango della terra con la natura divina – e la natura semplice è migliore. Dei due mondi, l’uno era più pregevole, vale a dire tutto il resto del cielo, che è il luogo degli esseri che posseggono Dio, ed è contemplabile solamente dalle intelligenze; è un luogo di tutta luce, in cui poi ritorna, provenendo da qui, l’essere mortale che appartiene a Dio, allorquando sarà stato fatto perfetto come Dio, dopo aver purificato la sua mente e la sua carne. L’altro mondo, invece, fu costruito mortale, destinato ai mortali, allorquando stette per formarsi lo splendore delle luci celesti e l’araldo di Dio: tale era per la sua bellezza e per la sua grandezza e perché era la regalità dell’immagine di Dio; ma il primo e l’ultimo di essi furono costituiti grazie al piano provvidenziale del sommo Dio.


 

[1] Qui Gregorio polemizza con il platonismo; nell’età imperiale era opinione comune che Platone avesse insegnato l’esistenza di una materia coeterna a Dio e delle forme, imitando le quali Dio stesso avrebbe creato le cose.

[2] Dunque, anche se esistessero la materia e le forme coeterne a Dio, la creazione del mondo sarebbe sempre opera di Dio, e quindi egli sarebbe superiore agli altri due principi.

[3] Cioè le forme ideali delle cose non sono estranee a Dio, ma sono al suo interno, e Dio non si ispira, per creare, a una diversa sostanza che sia a lui coeterna e di pari dignità.

[4] Anche la dottrina manichea, ampiamente divulgata nella tarda età imperiale, era una semplificazione dell’insegnamento originario di Mani; per una più esatta conoscenza, vedasi H. Jonas, Lo gnosticismo, trad. di M. Riccati di Ceva, Torino 1973, 223-253.

[5] Le creature angeliche sono così chiamate da Gregorio (vedasi ad es. il carme 7 – L’anima).

[6] Riferimento a Lucifero, secondo una interpretazione assai diffusa nel cristianesimo antico.

[7] Questa interpretazione dell’esistenza in Dio di tutto l’essere, con una esistenza che esclude il tempo, è propria del neoplatonismo (cf. Plot. Enn. III, 7).

 

 

 

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