Introduzione

San Seraphim di Sarov nacque nel 1759 a Kursk. I suoi genitori, esempio di vera spiritualità, erano dei pii cristiano-ortodossi. All’età di dieci anni Seraphim fu guarito miracolosamente da una seria malattia per intercessione della Theotokos rappresentata nell’icona di Kursk. Da ragazzo frequentava assiduamente gli uffici liturgici della Chiesa e leggeva diversi libri religiosi. La sua vita monastica inizio all’eremitaggio di Sarov all’età di diciannove anni. All’età di ventisette fu tonsurato come monaco e, in seguito, fu ordinato diacono. L’intensità e la purezza con le quali Seraphim partecipava ai servizi divini spiegano perché gli venne concessa la possibilità di vedere degli angeli e lo stesso Signore nel corso della liturgia del Giovedì Santo.

All’età di trentaquattro anni Seraphim fu ordinato prete ed assegnato come guida spirituale al monastero di Diveyevo. In questo periodo ricevette la benedizione che gli permise di iniziare a vivere come eremita nella foresta circostante a Sarov. Nel bosco abitò in una piccola cella dedicandosi interamente alla preghiera, al digiuno e alla lettura delle Sacre Scritture e degli scritti dei Santi Padri. Seraphim si recava al monastero ogni domenica per ricevere la Santa Comunione rientrando, subito dopo, nella sua foresta.

Nel 1804 Seraphim fu assalito da alcuni ladri che lo picchiarono con estrema violenza. Da questo periodo, a causa dei permanenti danni fisici prodotti in quest’assalto, la sua schiena s’incurvò ed egli fu costretto ad utilizzare un bastone per camminare. In seguito a ciò il Santo intensificò la sua attività pregando continuamente notte e giorno per mille giorni. La maggioranza del tempo rimaneva inginocchiato su una pietra vicino alla sua cella e, piangendo, ripeteva: “O Dio sii misericordioso con me, peccatore”. Da allora rimase per tre anni in silenzio ed in isolamento assoluto. Per rispettare la richiesta dei monaci anziani, Seraphim ritornò in monastero nel 1810 continuando a vivere pregando nell’isolamento e nel silenzio per altri dieci anni. Obbedendo ad una visione del Cielo, Seraphim terminò il suo silenzio e comincio a parlare per il beneficio altrui. Il Santo salutava chiunque si recava da lui con una prostrazione, un bacio e le parole del saluto pasquale: “Cristo è risorto!” chiamando ognuno con il termine “gioia mia”. Nel 1825 ritornò nella sua cella silvestre, nella quale ricevette migliaia di pellegrini da tutta la Russia. Gli fu accordato il dono della chiaroveggenza e la sua attività spirituale guidò e consolò tutti. San Seraphim si riposò nel Signore il 2 gennaio 1833 mentre era inginocchiato davanti ad un’icona della Theotokos.

Oggi possiamo avere un esempio di come la Grazia e lo Spirito Santo abbiano lavorato nel cuore del Santo, leggendo i discorsi di San Seraphim giunti fino a noi. Nel novembre del 1831, un pio cristiano ortodosso Nicholas Motovilov, incontrò San Seraphim e trascrisse la conversazione avvenuta. Le note di Motovilov sono state pubblicate da Sergius Nilus, che ha redatto l’introduzione seguente:

“Questa rivelazione ha indubbiamente un significato importantissimo anche se in essa non c’è nulla di essenzialmente nuovo rispetto alla pienezza della Rivelazione trasmessa agli Apostoli nel giorno di Pentecoste. Oggi, tuttavia, le persone hanno dimenticato le verità fondamentali della vita cristiana e sono immerse nell’oscurità del materialismo o nella consuetudine d’un “lavoro ascetico” solamente esteriore. Davanti a ciò la rivelazione di San Seraphim è veramente straordinaria, come la sua vita stessa.

“Non è dato solo a te capire questo – disse San Seraphim a Motovilov verso la fine della sua rivelazione – ma oltre a te ciò riguarda l’intero mondo!”. Come il bagliore d’un lampo illumina la notte, così questa meravigliosa conversazione ha illuminato il mondo immerso in un letargo e in una morte spirituale prima che avvenisse la lotta al Cristianesimo in Russia e contemporaneamente alla costante decadenza della Cristianità occidentale. È per questo che la statura del Santo di Dio non appare minimamente inferiore a quella dei profeti attraverso i quali ha parlato lo Spirito Santo.

Presentiamo di seguito il suo discorso senz’alcuna interpretazione da parte nostra”.

 

 

DISCORSO DI SAN SERAPHIM DI SAROV CON MOTOVILOV

Il fine della vita cristiana

Era un giovedì. Il cielo era grigio. La terra era coperta di neve. Spessi fiocchi continuavano a turbinare nell’aria quando Padre Seraphim iniziò a conversare con me in una radura vicina al suo “piccolo eremitaggio” di fronte al fiume Sarovka che scorreva ai piedi della collina. Mi fece sedere sul ceppo d’un albero da poco abbattuto mentre lui si rannicchiò di fronte a me.

– Il Signore mi ha rivelato – disse il grande starez – che dalla vostra infanzia avete sempre desiderato sapere quale sia il fine della vita cristiana. Per questo avete interrogato diverse persone alcune dei quali ricoprivano anche alte cariche ecclesiastiche.

Devo dire che dall’età di dodici anni ero perseguitato da quest’idea e che, per questo, avevo rivolto tale domanda a parecchie personalità ecclesiastiche senza mai aver ricevuto una risposta soddisfacente. Lo starez avrebbe dovuto ignorare tutto questo.

Ma nessuno – continuò Padre Seraphim – vi ha mai detto niente di preciso. Vi consigliarono di andare in chiesa, di pregare, di vivere secondo i comandamenti di Dio, di fare del bene. Tale, vi dissero, era lo scopo della vita cristiana. Alcuni giunsero pure a disapprovare la vostra curiosità, trovandola fuori posto ed empia. Essi avevano torto. Quanto a me, miserabile Seraphim, ora vi spiegherò in che consiste realmente questo fine.

La preghiera, il digiuno, le veglie e le altre attività cristiane, per quanto possano parere buone, non costituiscono il fine della vita cristiana ma sono il mezzo attraverso il quale vi si può pervenire. Il vero fine della vita cristiana consiste nell’acquisire lo Spirito Santo. Per quel che riguarda la preghiera, il digiuno, le veglie, l’elemosina ed ogni altro tipo di buona azione fatta in nome di Cristo, non sono che dei mezzi per acquisire lo stesso Spirito.

 

Nel nome di Cristo

Ricordate che solo una buona azione fatta nel nome di Cristo ci procura i frutti dello Spirito Santo. Tutto quanto non è fatto in suo nome, fosse pure il bene, non ci può ottenere alcuna ricompensa, né nel secolo futuro, né in questa vita mentre su questa terra non ci dona la Grazia divina. È per questo che Gesù Cristo diceva:

“Colui che non accumula con me disperde” (Lc 11, 23).

Pertanto, si è obbligati a chiamare una buona azione “cumulo” o “raccolta”, perché essa resta buona anche se non è fatta in Nome di Cristo. La Scrittura dice: “In ogni nazione colui che teme Dio e pratica la giustizia gli è accetto” (At 10, 35). Il centurione Cornelio, che temeva Dio e agiva secondo giustizia, fu visitato mentre pregava da un angelo del Signore che gli disse: “Manda dunque due uomini a Ioppe e fa’ venire un certo Simone soprannominato Pietro. Da lui ascolterai della parole di vita eterna con le quali sarai salvato con tutta la tua casa” (At 10, 5).

Vediamo, dunque, che il Signore utilizza i suoi mezzi divini per permettere a un simile uomo di non essere privato nell’eternità della ricompensa che gli è dovuta. Per ottenerla è necessario che si cominci già da ora a credere in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio disceso sulla terra per salvare i peccatori e per far acquisire loro la Grazia dello Spirito Santo che introduce i nostri cuori nel Regno di Dio e ci apre la via della beatitudine nella prossima vita. Non va oltre a ciò la soddisfazione arrecata a Dio dalle buone azioni compiute indipendentemente dal Nome di Cristo. Il Signore ci dona i mezzi per perfezionarle. Sta all’uomo approfittarne o meno. È per questo che il Signore dice ai giudei: “Se voi foste ciechi, sareste senza peccato ma voi stessi dite: ‘Noi vediamo!’ Perciò il vostro peccato rimane (Gv 9, 41). Quando un uomo come Cornelio le cui opere non erano fatte nel Nome di Cristo, ma erano gradite a Dio, comincia a credere nel Suo Figlio, queste opere gli sono attribuite come se fossero fatte nel nome di Cristo a causa della sua fede in Lui. (Ebr 11, 6). In caso contrario, l’uomo non ha il diritto di contestare se il bene compiuto non gli è servito a nulla. Questo non succede mai quando una buona azione viene fatta nel Nome di Cristo, perché il bene compiuto in suo Nome non porta solo una corona di gloria nel secolo venturo, ma già ora riempie l’uomo della grazia dello Spirito Santo, com’è stato detto: “Dio dona lo Spirito senza misura. Il Padre ama i Figli; Egli ha posto tutto nelle loro mani” (Gv 3, 34-35).

 

L’acquisizione dello Spirito Santo

Acquisire lo Spirito di Dio è dunque il vero fine della nostra vita cristiana al punto che la preghiera, le veglie, il digiuno, l’elemosina e le altre azioni virtuose fatte in Nome di Cristo non sono che dei mezzi per tal fine.

– Che significa acquisirlo? Domandai a Padre Seraphim. Non ne capisco bene il significato.

– Acquisire, ha lo stesso significato di ottenere. Sapete cosa vuol dire acquisire del denaro? Per quanto riguarda lo Spirito Santo è la stessa cosa. Il fine della vita delle persone comuni consiste nell’acquisire denaro, nel fare un guadagno. I nobili, inoltre, desiderano ottenere onori, titoli di distinzione e altre ricompense che lo Stato accorda loro per determinati servizi. L’acquisizione dello Spirito Santo è anche un capitale, ma un capitale eterno, dispensatore di grazie; è molto simile ai capitali temporali e si ottiene con gli stessi procedimenti. Nostro Signore Gesù Cristo, Dio-Uomo, paragona la nostra vita ad un mercato e la nostra attività sulla terra ad un commercio. Egli ci raccomanda: “Negoziate prima ch’io ritorni economizzando il tempo perché i giorni sono incerti” (Lc 19, 12-13; Ep 5,15-16), il che vuol dire: “Sbrigatevi ad ottenere dei beni celesti negoziando i prodotti terreni”. Questi prodotti terreni non sono altro che le azioni virtuose fatte in Nome di Cristo le quali ci ottengono la Grazia dello Spirito Santo.

 

La parabola delle vergini

Nella parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte (Mt. 25, 1-13) quando quest’ultime finiscono l’olio viene detto loro: “Andate a comperarlo al mercato”. Tornando esse trovano la porta della camera nuziale chiusa e non possono entrare. Alcuni pensano che la mancanza d’olio delle vergini stolte simbolizzi l’insufficienza di azioni virtuose nel corso della loro vita. Tale interpretazione non è esatta. Quale mancanza d’azioni virtuose potevano avere, visto che vengono chiamate comunque vergini, anche se stolte? La verginità è una grande virtù, uno stato quasi angelico che può sostituire tutte le altre virtù. Io, miserabile, penso che mancasse loro proprio lo Spirito Santo di Dio. Praticando le virtù, queste vergini spiritualmente ignoranti, credevano che la vita cristiana consistesse in tali pratiche. Ci siamo comportate in maniera virtuosa, abbiamo fatto delle opere pie – pensavano loro – senza preoccuparsi se avessero ricevuto o no la Grazia dello Spirito Santo. Su questo genere di vita, basato unicamente sulla pratica delle virtù morali senza alcun esame minuzioso per sapere se esse ci rendono – e in quale quantità – la Grazia dello Spirito di Dio, è stato detto: “Alcune vie che paiono inizialmente buone conducono all’abisso infernale” (Pr 14,12)

Parlando di queste vergini, nelle sue Epistole ai Monaci Antonio il Grande dice:

“Parecchi tra i monaci e le vergini ignorano completamente la differenza che esiste tra le tre volontà che agiscono dentro l’uomo. La prima è la volontà di Dio, perfetta e salvatrice; la seconda è la nostra volontà umana, che per se stessa non e ne rovinosa né salvatrice; la terza – quella diabolica – è decisamente nefasta. È questa terza nemica volontà che obbliga l’uomo a non praticare assolutamente la virtù o a praticarla per vanità o unicamente per il “bene” e non per Cristo. La nostra seconda volontà ci incita a soddisfare i nostri istinti malvagi o, come quella del nemico, c’insegna a fare il “bene” in nome del bene, senza preoccuparsi della grazia che possiamo acquisire. Quanto alla terza volontà, quella salvatrice di Dio, essa ci insegna a fare il bene unicamente per il fine di acquisire lo Spirito Santo, tesoro eterno ed inestimabile, che non può essere uguagliato con nulla al mondo”.

È proprio la Grazia dello Spirito Santo simbolizzata dall’olio che mancava alle vergini stolte. Esse sono chiamate “stolte” perché non si preoccupano del frutto indispensabile della virtù cioè la Grazia dello Spirito Santo senza la quale nessuno può essere salvato perché “ogni anima è vivificata dallo Spirito Santo per essere illuminata dal sacro mistero dell’Unità Trinitaria” (Prima Antifona al Vangelo del Mattutino). Lo stesso Spirito Santo viene ad abitare nelle nostre anime e questa presenza dell’Onnipotente in noi, questa coesistenza della sua Unità Trinitaria con il nostro spirito non ci è donata che a condizione di lavorare con tutti i mezzi a nostra disposizione per ottenere lo Spirito Santo il quale prepara in noi un luogo degno per quest’incontro, secondo l’immutabile parola di Dio: “Io verrò e abiterò in essi. Sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo” (Ap 3, 20; Gv 14, 23). È questo l’olio che le vergini sagge avevano nelle loro lampade, olio in grado di bruciare per molto tempo diffondendo una luce forte e chiara per poter permettere l’attesa dello Sposo a mezzanotte ed entrare con lui nella camera nuziale dell’eterna gioia.

Quanto alle vergini stolte, vedendo che le loro lampade rischiavano di spegnersi, esse si recarono al mercato ma non poterono tornare prima della chiusura della porta. Il mercato è la nostra vita. La porta della camera nuziale, chiusa per impedire di raggiungere lo Sposo, è la nostra morte umana; le vergini, sia quelle sagge che quelle stolte, sono le anime dei cristiani. L’olio non simbolizza le nostre azioni, ma la Grazia attraverso la quale lo Spirito Santo riempie il nostro essere trasformandoci da corrotti ad incorrotti. Così la Grazia trasforma la morte fisica in vita spirituale, le tenebre in luce, la schiavitù verso le passioni alle quali è incatenato il nostro corpo in tempio di Dio, cioè in camera nuziale dove incontriamo Nostro Signore, Creatore e Salvatore, Sposo delle nostre anime. Grande è la compassione che Dio ha verso la nostra disgrazia. E la nostra disgrazia non è altro che la nostra negligenza verso la sua sollecitudine. Egli dice: “Io sono alla porta e busso...” (Ap 3, 20), intendendo per “porta” la nostra vita presente non ancora conclusa con la morte.

 

La preghiera

Oh! Quanto vorrei, amico di Dio, che in questa vita voi siate sempre con lo Spirito Santo. “Vi giudicherò nella situazione in cui vi troverete” dice il Signore (Mt 24, 42; Mc 13, 33-37; Lc 19, 12 e seguenti). È una disgrazia veramente grande se egli ci trova appesantiti dalle preoccupazioni e dalle pene della terra perché Egli potrebbe adirarsi nel qual caso chi gli potrebbe resistere? È per questo che è stato detto: “Vegliate e pregate per non essere indotti in tentazione” (Mt 26, 41), il che comporta non essere privati dallo Spirito di Dio visto che le veglie e la preghiera ci donano la Sua Grazia.

Sicuramente ogni buona azione fatta in Nome di Cristo dona la Grazia dello Spirito Santo, ma è soprattutto la preghiera che ottiene ciò al di sopra d’ogni altro mezzo, essendo essa sempre nelle nostre possibilità. Ad esempio, voi avete il desiderio di recarvi in chiesa, ma essa è troppo distante o la liturgia è finita; avete il desiderio di fare l’elemosina, ma non vedete alcun povero o non avete il denaro; volete rimanere vergini ma non avete sufficiente forza per esserlo a causa della vostra costituzione o a causa degli attacchi del nemico davanti ai quali non potete resistere per la debolezza della vostra carne; vorreste fare una buona azione nel Nome di Cristo ma non avete sufficiente forza per eseguirla oppure l’occasione non si presenta. Per quel che riguarda la preghiera nulla la impedisce: ognuno ha la possibilità di pregare, il ricco e il povero, l’uomo benestante e quello indigente, il forte e il debole, il sano e il malato, il virtuoso e il peccatore.

Possiamo constatare la potenza della preghiera se osserviamo che essa ottiene i suoi risultati pure se è fatta da un peccatore, basta che sia sincera, come nell’esempio seguente riportato dalla Santa Tradizione. Una prostituta toccata dalla disgrazia d’una madre che stava per perdere il suo unico figlio vedendone la disperazione osò gridare verso il Signore benché fosse ancora insozzata dal suo peccato: “Non per me, orribile peccatrice, ma per le lacrime di questa madre che piange il suo figlio credendo fermamente nella tua misericordia e nella tua Onnipotenza, risuscitaglielo, oh Signore!” E il Signore la esaudì (cfr. Lc 7, 11-15).

Questa, amico di Dio, è la potenza della preghiera. Al di sopra d’ogni altra cosa essa ci dona la grazia dello Spirito di Dio ed essa rientra sempre nelle nostre possibilità. Beati saremo noi se Dio ci troverà vigilanti nella pienezza dei doni del suo Santo Spirito. Potremo allora sperare d’essere rapiti al di sopra delle nuvole per incontrare Nostro Signore rivestito di potenza e di gloria il quale giudicherà i vivi e i morti dando a ciascuno il dovuto. [...]

 

Vedere Dio

– Padre, gli dissi, voi parlate sempre dell’acquisizione della Grazia dello Spirito Santo come il fine della vita cristiana. Ma come la posso riconoscere? Le buone azioni sono visibili. Ma lo Spirito Santo può essere visto? Come posso sapere se Egli è in me oppure no?

– Nell’epoca nella quale viviamo, rispose lo starez, si è giunti ad una tale tiepidezza nella fede, a una tale insensibilità nei riguardi della comunione con Dio che ci siamo praticamente distanziati quasi totalmente dalla vera vita cristiana. Oggi alcuni passi della Santa Scrittura ci paiono strani. Ad esempio quello in cui lo Spirito Santo, attraverso la bocca di Mosè, dice: “Adamo vedeva Dio mentre passeggiava nel paradiso” (Gn 3, 8), o quando leggiamo nelle lettere di San Paolo che l’Apostolo viene impedito dallo Spirito Santo a proclamare la parola in Asia e invece lo accompagna in Macedonia (At 16, 6-9). In molti altri passi della Sacra Scrittura si ritrovano simili temi sull’apparizione di Dio agli uomini. [...]

Devo ancora io, miserabile Seraphim, spiegarvi, amico di Dio, in che consiste la differenza tra l’azione dello Spirito Santo mentre prende misteriosamente possesso dei cuori di coloro che credono in nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo e l’azione tenebrosa del peccato che viene come un ladro sotto l’istigazione del Demonio.

Lo Spirito Santo ci ricorda le parole di Cristo e lavora assieme a Lui, guidando i nostri passi solennemente e gioiosamente nella via della pace. L’agitazione prodotta dallo spirito diabolico che si oppone a Cristo ci incita, invece, alla rivolta e ci rende schiavi della lussuria, della vanità e dell’orgoglio.

“In verità, in verità vi dico, colui che crede in me non morirà mai” (Gv 6, 47). Colui che per la sua fede in Cristo e in possesso dello Spirito Santo, pure dopo aver commesso per debolezza umana qualsiasi peccato che causa la morte dell’anima, non morirà per sempre, ma sarà resuscitato per la Grazia di Nostro Signore Gesù Cristo il quale ha preso su di sé i peccati del mondo donando gratuitamente grazia su grazia.

È proprio parlando di questa Grazia manifestata all’intero mondo e al nostro genere umano dall’Uomo-Dio che il Vangelo dice: “Di ogni essere egli era la vita e la vita era la luce degli uomini” aggiungendo: “la luce illumina le tenebre ma le tenebre non hanno voluto accoglierla” (Gv 1, 4-5). Questo significa che la Grazia dello Spirito Santo ricevuta con il battesimo nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, malgrado le cadute peccaminose, malgrado le tenebre che circondano la nostra anima continua a brillare nel nostro cuore della sua eterna luce divina per gli inestimabili meriti di Cristo. Di fronte ad un peccatore abituale, questa luce di Cristo dice al Padre: “Abbà, Padre, non si infiammi la tua collera contro questo indurimento”. Ed in seguito, quando il peccatore si sarà pentito, essa cancellerà completamente le tracce dei crimini commessi, rivestendo l’antico peccatore d’un vestito incorruttibile intessuto con la grazia dello Spirito Santo della cui acquisizione sto continuamente parlando.

 

La grazia dello Spirito Santo è Luce

Egli fu trasfigurato davanti a loro e i suoi vestiti divennero bianchi come la neve... (Mt 17, 2)

Bisogna ancora che vi dica qualcosa in più affinché comprendiate meglio cosa si intende quando si parla di Grazia divina, come la si può riconoscere, com’è ch’essa si manifesta agli uomini che vengono da essa illuminati poiché la Grazia dello Spirito Santo è Luce.

Tutta la Sacra Scrittura ne parla. Davide, l’antenato dell’Uomo-Dio dice: “Un lampo sotto i miei piedi, la tua parola, una luce sulla mia strada” (Ps 118, 105). In altri termini, la Grazia dello Spirito Santo che la legge rivela sotto la forma dei comandamenti divini è il mio faro, la mia luce. È questa la Grazia dello Spirito Santo “che con tanta pena mi sforzo di acquisire, cercando sette volte al giorno la Sua verità” (Ps 118, 164). Come potrò trovare in me, tra le numerose preoccupazioni della mia situazione, una sola scintilla di luce per schiarire il mio cammino ottenebrato dall’odio dei miei nemici?

Effettivamente il Signore ha mostrato spesso, davanti a numerosi testimoni, l’azione della Grazia dello Spirito Santo sugli uomini che aveva illuminato e istruito attraverso grandiosi avvenimenti. Ricordate Mosé dopo che si era incontrato con Dio sul Monte Sinai (Es 34, 30-35). Gli uomini non potevano guardarlo perché il suo volto brillava d’una luce straordinaria. Egli fu obbligato a mostrarsi al popolo con il viso coperto da un velo. Ricordate la trasfigurazione del Signore sul monte Tabor: “Egli fu trasfigurato davanti a loro; i suoi vestiti divennero bianchi come la neve.., i discepoli spaventati caddero con il viso a terra mentre Mosé ed Elia apparvero rivestiti della medesima luce. Allora una nube li ricoprì in modo ch’essi non divenissero ciechi”. (Mt 17, 1-8 ; Mc 9, 2-8 ; Lc 9, 28-37). È così la Grazia dello Spirito Santo appare come una luce ineffabile a coloro a cui Dio manifesta la sua azione.

– Allora, domandai a padre Seraphim, come potrò riconoscere in me la grazia dello Spirito Santo?

– È semplicissimo, mi rispose il santo. Dio dice: “Tutto è semplice per coloro che acquisiscono la saggezza” (Pr 14, 6). La nostra sfortuna sta nel fatto che noi non la ricerchiamo proprio, questa Saggezza divina la quale, non essendo di questo mondo, non è presuntuosa. Essa è piena d’amore per Dio e per il prossimo e spinge l’uomo alla propria salvezza. Parlando di questa saggezza il Signore dice:

“Dio vuole che tutti siano salvati e giungano alla Saggezza della verità” (1 Tm 2, 4). Ai suoi apostoli ai quali mancava questa Saggezza Egli disse: “Come siete privi di Saggezza! Non avete letto le Sacre Scritture? “ (Lc 24, 25-27). Il Vangelo aggiunge “Aprì loro l’intelligenza affinché potessero comprendere le Scritture”. Avendo acquisito questa Saggezza, gli Apostoli sapevano sempre se lo Spirito di Dio era con loro oppure no e, pieni di questo Spirito, affermavano che il loro operato era santo e gradito a Dio. È per questo che potevano scrivere nelle loro epistole: “È piaciuto allo Spirito Santo e a noi...” (At 15, 28). Essi inviavano i loro messaggi solo dopo che erano persuasi dalla sua presenza sensibile. Allora, amico di Dio, vedete com’è semplice?

– Tuttavia io non comprendo come posso essere assolutamente sicuro di trovarmi nello Spirito Santo. Come posso scoprire in me la sua manifestazione?

Il Padre Seraphim mi disse:

– Vi ho già detto che è estremamente semplice e ve l’ho spiegato in dettaglio com’è che gli uomini si trovano nello Spirito Santo e come bisogna comprendere la sua manifestazione in noi... Che ci vuole ancora?

– Occorre, risposi io, che lo capisca veramente bene – Risposi.

Allora Padre Seraphim mi prese le spalle e, stringendole molto forte, aggiunse:

– Siamo tutti e due, tu ed io, nella pienezza dello Spirito Santo. Perché non mi guardi?

– Non posso guardarvi, Padre. Dei fulmini lampeggiano dai vostri occhi. Il vostro viso è divenuto più luminoso del sole. Ho male agli occhi...

Il Padre Seraphim disse:

– Non abbiate paura, amico di Dio. Siete diventato anche voi altrettanto luminoso perché anche voi ora siete nella pienezza dello Spirito Santo, altrimenti non avreste potuto vedermi così.

Inclinando la sua testa al mio orecchio aggiunse:

Ringraziate il Signore di averci donato questa grazia indicibile. Non ho nemmeno fatto il segno della croce. In cuore ho semplicemente pensato e pregato “Signore, rendilo degno di vedere chiaramente, con gli occhi della carne, la discesa dello Spirito Santo, come ai tuoi eletti servitori quando tu ti sei degnato di apparire loro nella magnificenza della tua gloria!” Ed immediatamente Dio ha esaudito l’umile preghiera del miserabile Seraphim. Come non ringraziarlo per questo dono straordinario che ci ha accordato? Non sempre Dio manifesta in tal modo la sua grazia ai grandi eremiti. Come una madre amorevole, questa grazia ha consolato il vostro cuore desolato, con la preghiera della stessa Madre di Dio... Ma perché non osate guardarmi negli occhi? Osate farlo senza paura, Dio è con noi.

Dopo queste parole sollevai i miei occhi sul suo viso e una paura ancor più grande si impossessò di me. Immaginatevi di vedere al centro del sole, mentre l’astro risplende con i suoi raggi più luminosi del mezzogiorno, il viso d’un uomo che vi parla. Vedete il movimento delle sue labbra, l’espressione cangiante dei suoi occhi, sentite il suono della sua voce, avvertite la pressione delle sue mani sulle vostre spalle ma, allo stesso tempo, non scorgete né le sue mani, né il suo corpo, né il vostro. Non vedete altro che una luce splendente che si propaga tutt’intorno ad una distanza di parecchi metri. Così tale luce era in grado di schiarire la neve che ricopriva il prato e di riflettersi sul grande starez e su me stesso. Si potrebbe mai descrivere bene la situazione nella quale mi trovai allora?

– Cosa sentite ora? Domandò Padre Seraphim.

– Mi sento straordinariamente bene.

– Come “bene”? Cosa volete dire per “bene”?

– La mia anima è piena d’un silenzio e d’una pace inesprimibili.

– Amico di Dio, questa è la pace di cui parla il Signore quando dice ai suoi discepoli: “Io vi dono la pace ma non come la lascia il mondo. Sono io che ve la dono. Se voi foste di questo mondo il mondo vi amerebbe. Ma io vi ho eletti e il mondo vi odia. Comunque non abbiate timore perché io ho vinto il mondo” (Gv 14, 27 ; 15, 19, 16, 33). È proprio a questi uomini eletti da Dio ma odiati dal mondo che Dio dona la pace da voi sperimentata in questo momento. “Questa pace – dice l’Apostolo – sorpassa ogni comprensione” (Fil 4, 7). L’Apostolo la chiama così perché nessuna parola può esprimere il ben essere dello spirito ch’essa fa nascere nei cuori degli uomini quando il Signore la concede. Lui stesso la chiama “la mia pace” (Gv 14, 27). Essa è frutto della generosità di Cristo e non di questo mondo; nessuna felicità terrena la può dare. Inviata dall’alto, dallo stesso Dio, essa è la pace “di Dio”... Cosa sentite ancora?

– Una dolcezza straordinaria.

– È la dolcezza di cui parlano le Scritture: “Essi berranno la bevanda della tua casa e tu li colmerai con il torrente della tua dolcezza” (Ps 35, 9). Tale dolcezza trabocca dai nostri cuori, scorre nelle nostre vene, procura una sensazione e una delizia inesprimibile... Cosa sentite ancora?

– Una straordinaria gioia in tutto il cuore.

– Quando lo Spirito Santo scende sull’uomo con la pienezza dei suoi doni, l’animo umano è riempito d’una gioia indescrivibile; lo Spirito Santo ricrea nella gioia tutto quanto sfiora. È di questa gioia che il Signore parla nel Vangelo quando dice: “Una donna quando giunge la sua ora partorisce nel dolore; ma dopo che ha fatto nascere un bimbo non si ricorda più i suoi dolori, tant’è grande la sua gioia. Anche voi avrete da soffrire in questo mondo, ma quando vi visiterò i vostri cuori saranno nella gioia, una gioia che nessuno potrà rapirvi” (Gv 16, 21-22).

Per quanto grande e consolante sia la gioia che sperimentate in questo momento, essa non è nulla se paragonata a quella accennata dal Signore attraverso il suo Apostolo: “La gioia che Dio riserva a coloro che lo amano è al di là di ogni cosa che può essere vista, intesa e sentita dal cuore umano in questo mondo” (1 Cor 2, 9). Quanto ci viene concesso al momento presente non è altro che un acconto di questa gioia suprema. E se, in questo momento, sentiamo dolcezza, giubilo, ben essere, cosa diremo di quell’altra gioia che ci è riservata in cielo, dopo aver pianto su questa terra? Voi avete già abbastanza pianto nella vostra vita e vedete quale consolazione nella gioia via abbia donato il Signore. Ora tocca a noi, amico di Dio, lavorare con tutte le nostre forze per salire di gloria in gloria al fine di “costituire quest’Uomo perfetto, nella forza dell’età, che realizza la pienezza del Cristo” (Ef 4, 13). “Coloro che sperano nel Signore rinnovano le loro forze, hanno le ali delle aquile, corrono senza stancarsi e marciano senza fatica” (Is 40, 31). “Essi procederanno da altezza in altezza e Dio apparirà loro in Sion” (Ps 83, 8). È allora che la nostra attuale gioia, piccola e breve, si manifesterà in tutta la sua pienezza e nessuno potrà rapircela, dato che saremo riempiti di voluttà celesti... Cosa sentite ancora, amico di Dio?

– Uno straordinario calore.

– Come un calore? Non siamo forse nella foresta in pieno inverno? La neve e sotto i nostri piedi, noi ne siamo coperti ed essa continua a cadere... Di quale caldo si tratta?

– D’un caldo simile a quello dei bagni a vapore.

– E l’odore è come quello del bagno?

– Oh no! Nulla sulla terra può essere simile a questo profumo. Quando mia madre viveva ancora amavo ballare e, andando a divertirmi, mi cospargevo del profumo ch’essa comperava nei migliori negozi di Kazan pagandolo molto caro. Il suo odore non era per niente simile a questo sublime aroma.

Il padre Seraphim sorrise.

– Lo conosco, amico mio, lo conosco altrettanto bene come voi ed è per questo che ve l’ho chiesto. È proprio vero. Nessun profumo sulla terra può essere comparato al buon odore che respiriamo in questo momento, il buon profumo dello Spirito Santo. Sulla terra cosa può assomigliargli? Avete appena detto di sentire caldo come in un bagno. Osservate! La neve che ci sta coprendo non si scioglie al pari di quella che sta sotto i nostri piedi. Il caldo non è dunque nell’aria ma dentro di noi. È quel caldo che lo Spirito Santo ci fa chiedere nella preghiera:

“Che il tuo Santo Spirito ci riscaldi!” Con tale calore gli eremiti, uomini e donne, potevano permettersi di sfidare il freddo dell’inverno, circondati com’erano d’un manto di pelliccia, d’un vestito intessuto dallo Spirito Santo.

In realtà è così che la Grazia divina abita nel più profondo della nostra anima e nel nostro cuore. Il Signore ha detto “Il Regno dei Cieli è dentro di voi” (Lc 17, 21). Per “Regno dei Cieli” Egli intende la Grazia dello Spirito Santo. Questo Regno di Dio ora è in noi. Lo Spirito Santo ci illumina e ci riscalda. Egli riempie l’aria con diverse profumazioni, fa gioire i nostri sensi e abbevera i nostri cuori con una gioia indicibile. Il nostro attuale stato è simile a quello di cui parla l’Apostolo Paolo “Il Regno dei Cieli non è questione di cibo o di bevanda ma di giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14, 17). La nostra fede non si appoggia su parole di saggezza terrena ma sulla manifestazione della potenza dello Spirito. Lo stato nel quale ci troviamo in questo momento è quello che il Signore aveva visto quando disse: “In verità vi dico, alcuni tra coloro che sono qui non moriranno prima d’aver visto il Regno di Dio venire con potenza” (Mc 9, 1).

Ecco, amico di Dio, quale gioia incomparabile il Signore si è degnato di accordarci. Ecco cosa vuol dire essere “nella pienezza dello Spirito Santo”. È questo che intendeva san Macario l’egiziano quando scriveva: “Io stesso fui nella pienezza dello Spirito Santo”. Da umili che siamo il Signore ci ha riempiti con la pienezza del suo Spirito. Mi sembra che a partire da questo momento voi non avrete più bisogno d’interrogarmi sul modo in cui si manifesta nell’uomo la presenza della Grazia dello Spirito Santo.

 

Diffusione del messaggio

– Questa manifestazione resterà per sempre incisa nella vostra memoria?

– Non lo so, Padre, se Dio mi renderà degno di ricordare sempre questi fatti con la precisione di questo momento.

– Ma io, mi rispose lo starez, penso che Dio vi aiuterà a conservare queste cose per sempre. Altrimenti non sarebbe stato così velocemente toccato dall’umile preghiera del miserabile Seraphim e non avrebbe esaudito così velocemente il suo desiderio. D’altra parte non è solamente a voi che è stato concesso vedere la manifestazione d’una tale grazia, ma attraverso voi, al mondo intero. Fatevi forza perché sarete utile ad altri.

 

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