La preghiera in padre Justin Popovic

 

Dalla lettera pasquale delle monache del monastero di Celije dell’anno 1983

 

 

 

 

Già dalla prima giovinezza padre Justin si dedicò moltissimo alla preghiera. All’età di vent’anni annotava per sé in modo caratteristico: “La preghiera è una prosfora impastata di sangue e di cuore”. Già in queste parole in lui è presente la consapevolezza ed il sentimento del carattere personale e liturgico della preghiera e dello spirito della preghiera. Egli sempre insistette sul significato della preghiera personale per ogni essere umano, ed in particolare per il cristiano credente. Padre Justin la praticò per tutta la vita. “Bisogna ricordar­si di Dio nella preghiera più che respirare”, diceva san Gregorio il Teologo. E sulle sue orme ripeteva san Sava: “La preghiera è stata sempre per me la più grande beatitudine su questa terra”. Se­guendo l’esempio di questi due e degli altri santi intercessori, compose il suo Evangelo di preghiere anche Abba Justin: “La preghiera è un consumarsi nel fuoco ed un cuocere se stesso, l’offerta di se in olocausto... La lampada delle mia preghiera arde senza mai spegnersi dinanzi al volto miracoloso del Signore solo quando in­cessantemente le verso goccia a goccia il sangue del mio cuore”.

 

La preghiera è, per padre Justin, l’espressione del nostro amo­re verso Dio e per il nostro prossimo. “L’amore per la preghiera rafforza incessantemente il nostro amore verso Dio e l’umanità”. Il rapporto fondato sulla preghiera nei confronti di Dio, dell’uo­mo e del mondo è l’unico rapporto umano che apporti salvezza in questa vita. E non solo in questa vita. Giacché “la preghiera è il contenuto della vita e tutta la vita, anche di tutti i Santi Angeli in Cielo e di tutti i Santi e Giusti. Tutta la loro vita nei confronti di noi che siamo sulla terra è preghiera; ed anche la nostra vita terrena nei riguardi del Cielo e loro è pura preghiera”.

 

Complesso, o meglio infinito, è il significato della preghiera viva ed attiva per padre Justin. A proposito delle parole dell’Apostolo: “Tutto si santifica con la preghiera”[1], egli dice: “Con la tua preghiera si santifica tutto l’essere umano, poiché essa fa scendere ed introduce nell’uomo tutte le altre sante virtù, che con la loro grazia santificano tutto l’uomo (“la preghiera è il corifeo nel coro delle virtù”). La preghiera santifica anche tutto il mondo attorno all’uomo”. Per mezzo suo si esprime tutto il nostro rapporto verso il mondo e la vita, nei confronti di tutto e di ognuno. In primo luogo di fronte a Dio: “Su Dio si pensa nel miglior modo con la preghiera, nel modo più profondo e perfetto”. E poi nei riguardi dell’uomo e del mondo: “Ogni nostro pensiero sia provato per mezzo della preghiera e sia generato dalla preghiera... Il pensiero della preghiera è il migliore metodo della conoscenza integrale-evangelica”. Per dirla in breve: anche per padre Justin la preghiera è ciò che è per san Gregorio Sinaita: “Energia della fede, amore attivo, speranza di salvezza, conoscenza di Dio, pegno del Santo Spirito, sigillo del Cristo, conferma della fede Cristiana, grazia divina, saggezza divina, inizio della nostra personale salvezza, manifestazione e rivelazione di Dio, occupazione del vero Cristiano e particolarmente del monaco... E bisognerebbe ancora aggiungere: La preghiera è Dio stesso che opera tutto in tutto e che tutto compie nel Cristo Gesù, poiché una è l’energia e l’opera del Padre, del Figlio e del Santo Spirito”.

 

Quanto abbiamo citato sulla grandezza ed il significato della ascesi personale della viva preghiera, secondo padre Justin è solo la metà del suo contenuto e carattere apportatore di grazia. Per lui in quanto Cristiano ortodosso e maestro spirituale nell’ambito della Chiesa la preghiera è sempre e contemporaneamente anche un atto personale e cattolico (soborno) ecclesiale, un atto liturgico ed un’esperienza nel Corpo del Cristo che è la Chiesa.

 

“La preghiera è il cuore del Corpo divino-umano della Chiesa”, scrive Abba Justin. “Ed il cuore di tutte le preghiere ed uffici liturgici è la divina liturgia... Essa è stata sempre il centro ed il nucleo di ogni anima veramente ortodossa. Osservate le anime dei Santi ed Asceti ortodossi e vedrete che sono intessute di sentimenti liturgici. L’esperienza personale dei misteri liturgici come essenza della propria personalità simile a Dio – ed essenza della comunità ecclesiale ‘con tutti i Santi’[2] nel Corpo del Dio-Uomo – è l’unico modo che le rende persone comuni dio-uomini, i non santi-Santi”. Questo ci è stato insegnato dalle parole del Salvatore e da quelle della preghiera liturgica: “Tu, Signore, ci hai dato queste preghiere collettive e complesse; tu hai promesso a due o tre persone, che si uniscono in tuo nome, di compiere tutto ciò per cui pregano”[3].

 

Il carattere profondamente liturgico della preghiera e dello spirito di preghiera ortodosso, secondo padre Justin, non solo non diminuisce, ma addirittura cresce e da un significato e riempie di ogni benedizione e di ogni grazia divino-umana la preghiera personale. Perciò, egli dice, “è necessaria la nostra infinita umiliazione, simile a quella della Croce, nella Chiesa, la nostra fusione nella preghiera con i misteri liturgici. La preghiera, particolarmente quella liturgica, è il più delicato pedagogo e costruttore della mente, del cuore e di tutta la personalità”. Essa è nello stesso tempo costruttore, apportatore di grazia del Santo Spirito, dell’unità divino-umana del Corpo del Cristo attraverso la comunione nella preghiera e nella liturgia ’con tutti i Santi’ – finché non diverremo ‘un cuore ed un’anima[4]. Da ciò consegue che “la cattolicità (sobornost’) divino-umana (cioè il nostro autentico spirito ecclesiale e cristiano) si vive e si realizza nella preghiera e completamente solo nella Santissima Eucaristia, nella divina Liturgia... Questa è la Santa Tradizione della Chiesa, tradizione di preghiera, tradizione liturgica, la vita viva ed apportatrice di grazia della Chiesa ortodossa”.

 

 

 

Trad. di A. S

In: “Messaggero Ortodosso”, Roma 1983, anno VII n. 8-9, p. 8-10.


 

[1] 1 Timoteo 4, 4-5.

[2] Efesini 3, 6.

[3] Matteo 18,19-20.

[4] Atti degli Apostoli 2, 46-47; 4, 31-32.

 

 

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