I meriti, le indulgenze e l’Ortodossia 

 

Non è facile presentare il Cristianesimo ortodosso nel mondo occidentale. Questo lavoro è reso arduo da vari motivi. Uno tra i più importanti è il concetto antropologico moderno: l’uomo si concepisce come una realtà autonoma e indipendente. Sentendosi come un universo chiuso e autosufficiente, egli non è in grado né di esperire Dio né di pensarLo come la radice e il sostentamento della sua vita. Tale posizione nasce da un rifiuto della realtà religiosa, un rifiuto che è maturato da secoli. Qualsiasi teologo serio sa che, in fondo a questo rifiuto, ci sono delle cause teologiche ed ecclesiastiche. Forse era inevitabile che il Cristianesimo occidentale finisse per assumere diversi elementi problematici, elementi che hanno contribuito a rivoltare il mondo moderno. Non è intenzione dello scrivente lanciare sterili accuse. Se si scrive ciò è unicamente perché è necessario capire la storia per rendersi conto dell’attuale situazione. Allo stato attuale delle cose è molto più facile presentare il Cristianesimo ortodosso ad un ateo che da generazioni non ha sentito parlare di Dio, a un filippino o a un australiano lontani dalla cultura occidentale rispetto ad un italiano, a un francese, a un tedesco o a uno spagnolo.

Nelle aree europee occidentali, infatti, il Cristianesimo ha assunto da secoli uno stile particolare dove, assieme a dati ovviamente positivi, ci sono elementi discutibili. Essere lontani dal Cristianesimo e non comprenderne la storia non significa avere uno svantaggio. È svantaggiato solo chi cade vittima delle precomprensioni occidentali europee dal momento che quest’ultime lo pongono su una prospettiva completamente errata. L’errore è evidente dal momento che l’uomo europeo “crede” di poter capire tutto e di poter giudicare senza aver veramente vissuto la realtà che critica e senza confrontarsi sinceramente con essa. Così ogni dialogo viene sostituito da atteggiamenti violenti e sprezzanti verso il mondo religioso. La fede rappresenta un passato che non riguarda l’uomo moderno ma che costui condanna in toto.

Succede, così, che gli elementi discutibili del Cristianesimo occidentale non vengono distinti da quelli positivi. In tal modo, dalla critica moderna può emergere una caricatura del Cristianesimo dove non è possibile distinguere il prodotto d’una storia difficile dallo spirito originario. La radice di questa confusione, bisogna dirlo, è nata in ambito cristiano cattolico e protestante. Il rigido moralismo e i vari integrismi religiosi hanno creato buona parte dei danni che vediamo oggi. Non è un caso che gli atei più violentemente anticlericali siano tutti passati attraverso le strutture ecclesiastiche (collegi, seminari, scuole ecclesiastiche...).

Lo spirito autentico dell’Ortodossia è profondamente distante da tutto ciò, ma l’uomo europeo lo ignora e quindi giudica come se si trovasse davanti al Protestantesimo o al Cattolicesimo. Le parole e i termini utilizzati dall’Ortodossia sono ovviamente simili a quelli utilizzati usualmente dal Cristianesimo ma dietro ad essi si cela una mentalità profondamente diversa. È per questo che l’Ortodossia non è semplicemente un Cattolicesimo senza papa. Chi non vive l’Ortodossia perché non è immerso nella sua vita ecclesiale non può giudicare con sicumera, può solo domandare e non è detto che poi capirà...

Una delle tante questioni nelle quali può esserci confusione è quella dei meriti. I meriti richiamano a loro volta la dottrina delle indulgenze. È noto come attorno a questi temi sia nata un’infuocata polemica tra Cattolicesimo e Luteranesimo nel periodo tardo rinascimentale. Così, mentre per il primo la Chiesa poteva gestire i meriti dei santi distribuendo delle indulgenze con le quali venivano condonate le pene dei peccati (da ciò emerge indirettamente la figura di un Dio giudice vendicatore), per il secondo, l’uomo non può cambiare, rimane radicalmente peccatore ed è gratuitamente giustificato da Dio. Nessuna istituzione umana può fare qualcosa, dal momento che neppure l’uomo può migliorarsi. Da qui il paradossale motto luterano: “pecca fortiter sed crede fortius”. Questi due filoni di pensiero hanno finito per concentrare l’uomo su dei falsi problemi. Nel Cattolicesimo si ha finito per ricercare i meriti come se fossero fine a se stessi, nel protestantesimo s’è creato un ingenuo concetto della redenzione di Cristo che tocca un uomo in fin dei conti passivo...

L’Ortodossia conserva la prassi antica. I meriti e i peccati sono acquisizioni personali del credente. Inoltre, non si può conteggiare capitalisticamente i propri meriti per pretendere la salvezza divina. Nell’Ortodossia, infatti, il miglior “merito” è quello di ritenersi senza meriti: «Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Luca 17:10). I meriti non sono concepiti come un capitale gestito dall’alto clero per togliere pene e sensi di colpa in chi non riesce a sentire dentro di sè il perdono divino. Il perdono divino nell’Ortodossia “si sente” e poco vale cercare l’assicurazione umana ed ecclesiastica se questo dato empirico non c’è...

Inoltre non esiste un concetto moralistico: nessuno è obbligato a nulla. Si può praticare la Chiesa o meno, si possono praticare i comandamenti o meno. Ai cristiani ortodossi non importa se si entra in chiesa con le scarpe lucide o con gli zoccoli... Anche da questo punto di vista, nel Cristianesimo non c’è realtà meno formale dell’Ortodossia. Ciò che è importante è il rapporto del credente con Dio. La Chiesa non si interpone in questo rapporto ma cerca d’aiutare l’uomo perché possa giungere meglio possibile a scoprire Dio nella sua vita. Per questo è indispensabile la figura del padre spirituale, di colui che si è avanzato nella vita cristiana e che non conosce per “sentito dire” ma per aver “visto” e “toccato”.

Nessuno è obbligato a nulla ma ognuno sà che solo nella corretta pratica cristiana (ortoprassi) si giunge a intuire la misteriosa ma reale presenza divina. Quando ciò si realizza si capisce da soli che Dio non è quel giudice cattivo e vendicatore che, secoli fà, barbariche menti hanno rappresentato e fatto credere a ingenui e indifesi cristiani.

Si può dunque paragonare la vita cristiana ortodossa come se fosse la formazione d’un bambino nel ventre materno. Dio dona la vita ma ogni ritardo e distrazione umana non contribuiscono allo sviluppo armonico del cristiano che nascerà nell’eternità. Dio non supplisce magicamente a ciò che è responsabilità dell’uomo, come se fosse un tappabuchi. D’altro canto, l’uomo da solo non è artefice del suo buon destino eterno. Nella prima posizione rinveniamo, per certi versi, alcuni orientamenti protestanti mentre, nella seconda, alcuni orientamenti cristiano cattolici.

Il superamento di tutto ciò può aiutare ad avvicinare l’uomo occidentale alla prospettiva ortodossa che, pur tra diverse accentuazioni, contraddistingueva anticamente l’intera Cristianità.

 

Pubblicato originariamente in: http://digilander.libero.it/ortodossia/meriti.htm

 

 

 

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