Martirio dei santi Tolomeo, Lucio e un altro

 

            Il santo martire Giustino il filosofo, nella sua seconda apologia, rivolta all’imperatore Marco Aurelio, ci ha lasciato memoria della passione di tre cristiani suoi contemporanei, vittime dell’intolleranza dell’Impero Romano. Il primo, Tolomeo, filosofo e maestro nella fede fu chiamato in giudizio su delazione di un marito degenere, scontento del cambiamento morale della consorte, la quale da quando era divenuta cristiana non era più favorevole alle impudicizie di un tempo. Così Lucio e un altro cristiano di cui solo Dio conosce il nome, intervenuti in difesa del fratello di fede, vengono a loro volta accusati, arrestati ed uccisi per il solo loro essere cristiani. Il Martirologio Romano li ricorda al 19 ottobre.

 

Una certa donna viveva con un marito licenzioso; anche ella stessa era stata in precedenza licenziosa. Ma quando venne a conoscenza degli insegnamenti di Cristo divenne sobria e si sforzò di persuadere suo marito a essere similmente temperato, citando gli insegnamenti di Cristo, e assicurandogli che ci sarebbe stata una punizione nel fuoco eterno inflitta su quanti non vivono con temperanza e buon senso. Ma egli continuò nei medesimi eccessi e con le sue azioni allontanò sua moglie. In quanto a lei, considerando immorale vivere ancora da moglie con un marito che cercava in ogni maniera di indulgere in piaceri contrari alla legge della natura e in violazione di ciò che è giusto, desiderava divorziare da lui. E quando fu persuasa a fatica dai suoi amici, che le consigliarono di rimanere ancora con lui, con l’idea che in un qualche momento suo marito potesse dare speranza di miglioramento, ella fece violenza sui suoi propri sentimenti e rimase con lui. Ma quando suo marito si recò ad Alessandria, e venne riferito che si comportava peggio che mai, ella – affinché non potesse, mantenendo un legame matrimoniale con lui, dividendo il suo letto e la sua tavola, divenire partecipe anche dei suoi vizi ed empietà – gli diede ciò che tu chiami una lettera di divorzio*, e fu separata da lui. Ma questo «gentiluomo» suo marito – che avrebbe dovuto gioire del fatto che ella aveva smesso quelle azioni che precedentemente commetteva senza esitazione con gli schiavi e i mercenari, quando provava piacere nell’ubriachezza e in ogni vizio, e desiderava che anche egli smettesse allo stesso modo – quando ella lo lasciò senza che fosse suo desiderio, portò un’accusa contro di lei, affermando che fosse Cristiana. Ed ella presentò una petizione a te, l’Imperatore, richiedendo che prima le fosse permesso di mettere a posto i suoi affari e poi di difendersi contro l’accusa, quando i suoi affari fossero a posto. E questo tu concedesti.

Ed il suo un tempo consorte, poiché ora non era più in grado di perseguirla legalmente, si volse contro un uomo chiamato Tolomeo, che Urbico punì, e che era stato suo insegnante nelle dottrine Cristiane. E fece ciò nel modo seguente. Persuase un centurione – che aveva portato Tolomeo in prigione e che gli era amichevole – a prendere Tolomeo e interrogarlo su questo solo argomento: era forse un Cristiano? E Tolomeo, essendo amante della verità e non di indole disonesta e menzognera, quando ammise di essere Cristiano venne legato dal centurione e per lungo tempo trattato duramente in prigione. E, alla fine, quando l’uomo venne portato dinanzi a Urbico, proprio come prima gli venne fatta questa sola domanda: era forse un Cristiano? E ancora, essendo consapevole dei benefici derivatigli dall’insegnamento di Cristo, egli confessò di essere discepolo della virtù divina. Poiché, colui che nega qualcosa, o lo nega perché condanna la cosa in sé, o rifugge la confessione poiché è conscio della sua indegnità o per allontanarsi da essa; nessuno di questi casi è quello del vero Cristiano. E quando Urbico ordinò che fosse condotto via per la punizione, un certo Lucio, che era anch’egli un Cristiano, vedendo l’irragionevole giudizio che era stato dato, disse a Urbico: «Qual è la base di questo giudizio? Perché hai tu punito quest’uomo, non come adultero, né come fornicatore, né come assassino, né come ladro, né come rapinatore, né come colpevole per alcun crimine, ma solo perché ha confessato di essere chiamato con il nome di Cristiano? Questo tuo giudizio, o Urbico, non si addice al Pio Imperatore, né al filosofo, figlio di Cesare, né al sacro Senato». Ed egli non disse altro in risposta a Lucio che questo: «Anche tu mi sembri essere uno così». E quando Lucio rispose, «Certamente lo sono», egli ordinò che venisse portato via. Ed egli espresse i suoi ringraziamenti, sapendo che veniva salvato da giudici così malvagi, e stava andando dal Padre e Re dei cieli. Ed ancora un terzo essendo venuto fuori, fu condannato e punito.

San Giustino, II Apologia, 2


 

* Repudium.

 

 

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